di Endriu
Enza era un vero e proprio personaggio, ma aveva anche i suoi lati positivi, e in quella prima fase – dovendo ancora impostare il suo rapporto con me – era pure simpatica. Forse sperava di stringere un’alleanza contro le altre ragazze che la odiavano, così diceva lei, anche se si fingevano amiche. Ma le case di studenti non sono mai senza conflitti. Così lei mi prese in confidenza, e per un po’ andammo abbastanza d’accordo. Ogni tanto mangiavamo insieme, per esempio. Oh Dio, mangiare per modo di dire: mi ricordo ancora i tanti spaghetti all’aglio, olio e peperoncino, oppure le penne tristemente condite con i sughi già pronti. Un’altra volta mi offrì un piatto che consisteva unicamente in una barbabietola rossa. Che tristezza! Oppure cavolfiore bollito. Zucchine lesse, al peperoncino. Hmmmmm. Oltre alle sue fisime sulle allergie e sull’igiene, era anche ossessionata dalla dieta, e quando non andava fuori a riempirsi il corpo di spritz, pizzette e kebab, si sottoponeva a questi martirii alimentari.
Un ricordo particolarmente sconvolgente che ho dei nostri pasti in comune è di quando sono uscita una sera con lei e Veronica, l’amica del cuore. Alla fine della serata, che per fortuna non ricordo più, siamo finite nell’appartamento di Veronica, una figlia di papà che viveva in un monolocale tutto per lei in via Mascarella. L’ex di Veronica, Lucio, aveva fatto – insieme a qualche tizio losco che si era aggregato quella sera – una pasta a base di cipolle e peperoni gialli, semicrudi. Alle due del mattino. Insomma, una bomba per il mio stomaco, che non era certo abituato a questi orari.
Ma forse sono troppo severa a giudicare male Enza. Forse la sua era solo curiosità, una semplice volontà di socializzare con qualcuno che (ancora) non la odiava? Hmm, troppo politicamente corretto. Temo che fosse più un fatto di egocentrismo e di protagonismo. Le piaceva parlare di se stessa, delle sue amiche e delle sue storie, strapparmi confessioni per poi darmi consigli, soprattutto nel campo della bellezza e della cura del corpo. Io ero una cavernicola da quel lato, per cui poteva farmi da vera e propria maestrina, il che le dava sicuramente autostima. Mi ha fatto vedere come si fa la french manicure, per esempio, e mi ha fatto scoprire la lima da unghie. Diceva che era meglio rispetto alle forbici. Io penso che fosse soprattutto un modo pigro per riempire il suo tempo libero, visto che ne aveva tanto! Ma è stato comunque una grande scoperta, e ora uso solo lime.
Effettivamente è un ottimo passatempo quando devi aspettare un treno, o un autobus, basta che non becchi qualche idiota che si offende. Tipo l’autista di un autobus della Terravision, a Londra, che mi doveva portare dalla City all’aeroporto di Standsted. Io mi ero rotta un’unghia appena prima della partenza, e così mi sono messa a limarla, nell’autobus. Dovevamo ancora partire e l’autista slavo (non per razzismo, eh, non ricominciamo con quella storia lì! È che gli inglesi sono troppo relaxed per incazzarsi per una cosa del genere) – mentre guarda i passeggeri che si sistemano – mi fa, all’improvviso e con autentico accento slavo: ‘This is not a public toilet’. In un primo momento non me ne accorgo nemmeno, pensando che si stesse rivolgendo a qualcun altro. Poi alzo lo sguardo e lo vedo che mi guarda male. Non è un bagno pubblico? Perché, sto pisciando per terra? Mi sto cambiando l’assorbente davanti a tutti? Cos’è ‘sta roba?! Sono rimasta sbalordita: con le schifezze che vedi nelle grandi metropoli, questo si offende perché mi sto limando un’unghia!! E dire poi che avevo la mia borsa appoggiata sul grembo, e stavo limando proprio sopra la borsa, per cui qualsiasi cosa venisse giù dalle mie unghie andava direttamente lì dentro, e non per terra. In più ero seduta al primo posto, e nessuno mi poteva vedere. Tranne il Principino qua. Che fisime! Ma aveva troppo la faccia da fascista cattivo, e così ho messo via la lima, dicendo che non ero d’accordo ma se era un problema per lui, IO sono una signora e non faccio storie. Meglio non provocare, che questi sono capaci di cacciarti pure dall’autobus. E avevo ragione: appena prima di partire lo stronzo ha detto al collega che aveva controllato i biglietti dei passeggeri, che qualcuno era salito senza biglietto, e che l’avrebbe detto col capo. Che fascista leccaculo! Alla faccia della solidarietà tra lavoratori. Non a caso, la Terravision è un’azienda italiana.
Un’altra passione di Enza erano i capelli: passava ore e ore davanti allo specchio a farsi riccia oppure liscia, a mettersi balsami, schiume, spray. Tanto non aveva niente da fare! Una volta ha fatto i capelli anche a me, con il ferro che arriccia. Ovviamente ha esagerato, e mi è venuta una testa così piena di boccoli che mi vergognavo a uscire. Tuttavia godevo quando mi faceva i capelli: sembrava la bambina che pettina la sua bambola, e a me veniva la testa tutta leggera.
Il trucco, invece, non me l’ha mai fatto. Avrà avuto paura che infettassi il suo mascara, o il suo rossetto. L’ho scoperto di recente, guardando Realtime, un canale che trasmette esclusivamente reality show. Non Il Grande Fratello o L’Isola dei Famosi, per intenderci, ma programmi dove seguono gli obesi che stanno dimagrendo, oppure le donne che devono scegliersi l’abito per il matrimonio, o il cuoco che fa le torte artistiche. E poi c’è Clio. Clio Make Up. L’ho scoperta una notte che non riuscivo a dormire, e mi sono messa a guardare la TV. Di notte fanno le repliche dei programmi che vanno in onda di giorno, tra cui la mezz’oretta di Clio. Praticamente c’è lei che trucca altre ragazze, o che insegna loro a truccarsi da sole. All’inizio lo guardavo soprattutto perché mi dava quel senso di leggerezza nella testa che mi veniva anche quando mi faceva i capelli Enza, o comunque quando qualcuno me li tocca in generale. C’è pure chi ha inventato un affare a forma di cappellino fatto di ferretti che si ricongiungono in un punto che poi diventa un manico, e se manovri i ferretti sulla testa di qualcuno, tipo massaggio, vengono i superbrividi. L’avete mai provato? È fantastico!
Questa sensazione mi viene anche con certe persone che parlano in un modo rilassante. Penso al mitico Bob Ross, il pittore americano che andava in TV a fare i quadri in diretta: parlava sempre piano, anzi, a momenti sussurrava, mandandoti in trance mentre creava cespugli e cascate. Oppure la bibliotecaria del mio Comune, che parla sempre troppo ma a me piace, e starei anche un’ora ad ascoltarla mentre chiacchiera incessantemente e senza senso. E quindi anche Clio, non tanto per la sua voce ma per il solo fatto di guardarla sfiorare il viso delle ragazze con i suoi pennelli. Un correttore qui, un blush lì, un po’ di mascaaara, glosssss, zzzzz, quasi quasi mi addormento…
Poi, a forza di guardare, ho iniziato anche a interessarmi al trucco stesso, procurandomi pennelli da fard, fondotinta, terra e blush, matite, ombretti, addirittura il rossetto che ho evitato per anni. Cerco di capire a cosa serve questo, a cosa serve quello, perché usa quel pennello anziché quell’altro, se devo comprare il primer pure io, come starei con un ombretto viola, eccetera eccetera. Con le matite faccio ancora fatica, sono orba da un occhio e quindi non ci vedo quando devo chiudere l’altro. Non parliamo poi dell’eye liner: me ne sono procurato uno prima di capire bene cosa fosse, e ora non lo so mettere! Poi mi vergogno a farmi gli occhi alla Audrey Hepburn. Gli ombretti sono più facili, e il blush l’adoro: mi sento una star! Insomma, ho scoperto un mondo nuovo, con circa vent’anni di ritardo. Meglio tardi che mai.
Tornando a Enza, eravamo comunque una coppia strana: io, seria e secchiona, sempre a studiare e incapace di truccarmi o farmi i capelli; lei super esperta di moda, sempre fuori a prendere l’aperitivo con Veronica o a comprarsi qualche prodotto di bellezza che poi mi avrebbe esibito, a casa. Ma mi andava bene. C’è sempre qualcosa da imparare nella vita.
editing by Beatrice Nefertiti
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