di Margherita Merone
Presentare Gesù di fronte alle grandi religioni istituzionali non è affatto semplice, si corre il rischio di confondere il desiderio del dialogo per ricercare la verità, con lo sconfinare in un pluralismo dove tutto è relativo, lasciando nell’oblio l’unicità e l’universalità della salvezza portata da Cristo.
Nel contesto del dialogo interreligioso c’è un duplice movimento, dai cristiani verso le altre religioni e da queste verso il cristianesimo; focalizziamo, ora, il punto sulla centralità di Cristo in ordine alla salvezza dell’umanità, in particolare con la religione ebraica. Non possiamo assolutamente dimenticare o rinnegare un patrimonio importante che ci lega a questa religione: la Scrittura ebraica, appunto, l’Antico Testamento, come comune fonte di rivelazione.
Gesù era un discendente di Davide, era ebreo, parlava la lingua degli ebrei, era totalmente inserito nel suo contesto sociale, culturale e religioso. Non solo questo. Prendiamo, dal popolo ebreo, la profondità della liturgia, quella delle ore, della parola, delle preghiere eucaristiche. Siamo legati a loro anche dalla celebrazione di alcune feste importanti, comuni nell’anno liturgico, la Pasqua e la Pentecoste.
Quando uscì la Dichiarazione Nostra aetate (Concilio Vaticano II), riguardo le relazioni della chiesa con le religioni non cristiane, ci fu una svolta rispetto al passato, in particolare, proprio nei riguardi della religione ebraica. Giovanni Paolo II sosteneva che gli ebrei sono per i cristiani i fratelli maggiori, tutto parte dal legame forte che esiste, in virtù del fatto che è lo stesso Dio ad essersi rivelato. C’è, dunque, una radice comune, i cristiani non possono dimenticarlo, anzi devono essere consapevoli del patrimonio di tutta la tradizione ebraica e rispettare ciò che insegna l’Antico Testamento, che è parte fondamentale della Bibbia cristiana.
Come viene visto Gesù dagli ebrei?
È dopo la seconda guerra mondiale che è cambiato l’atteggiamento degli ebrei nei confronti di Gesù Cristo, rispetto alla considerazione precedente. Certamente alcuni pensatori ebrei hanno dato un contributo notevole alla questione, a volte rivalutandolo nella sua ebraicità, altre volte manifestando nei suoi confronti non pochi pregiudizi. Per tantissimo tempo non si è parlato di Gesù e se avveniva era più che altro per denigrarlo, spesso senza nominarlo direttamente, ed erano mal visti, ovviamente, quelli che lo seguivano.
A dire il vero, nell’antichità e in parte nel Medioevo, si è parlato poco di Gesù. Ne è prova il fatto che solamente negli anni ‘80 troviamo nella preghiera chiamata Le diciotto benedizioni, introdotta da Samuele il Piccolo, la benedizione (intesa in realtà come maledizione) contro gli eretici, quelli chiamati “nazareni”, i giudeo-cristiani seguaci di Gesù di Nazaret. Pochi accenni a Gesù anche nel Talmud di Gerusalemme e di Babilonia, dove è nominato pochissimo, solo in qualche trattato in cui si accenna ad un certo Gesù Pandera. In uno di questi trattati si trovano delle informazioni importanti, dal punto di vista dei giudei, intorno alla morte di Gesù, avvenuta perché ritenuto un imbroglione, un mago, colui che voleva sconvolgere la Legge e che, alla fine, è stato “appeso” alla vigilia di pasqua.
Nel Medioevo la situazione era pressoché la stessa. Questo fino al momento in cui si diffuse, in pochissimo tempo, nelle varie comunità ebraiche, sparse ovunque, un libello fortemente anticristiano con il titolo Le generazioni di Gesù dove si racconta la vicenda di una donna di nome Maria, una parrucchiera sposata, che fu sedotta da un tale, un certo Joseph Pandera, appartenente alla tribù di Giuda. Il marito saputo del suo tradimento la lasciò, così allevò da sola il figlio Gesù avuto dall’amante. La storia era conosciuta da tutti e Gesù per questo fu scacciato dalla sinagoga del suo villaggio. A Gerusalemme, pare che riuscì a scoprire i segreti di Dio, li nascose in una pergamena, e con questi riusciva a compiere prodigi assolutamente straordinari. Giuda si finse un suo discepolo, ma solo per rubargli la pergamena, ordine che aveva ricevuto dai sacerdoti di Gerusalemme. Gesù cercò di riprendersi la preziosa pergamena, ma fu prima catturato, poco dopo ucciso. Giuda, allora, prese il cadavere del povero Gesù e lo seppellì in un giardino, per questo i discepoli non trovandolo nel sepolcro credettero immediatamente nella sua resurrezione. Giuda, allora, prese il cadavere, lo attaccò ad un cavallo e lo trascinò per le strade della città mostrando a tutti quanto fosse ridicolo e insensato quello che andavano dicendo in giro i suoi discepoli, che Gesù era morto e risorto.
Basta questo racconto per capire bene che la stima nei confronti di Gesù, da parte degli ebrei, era, senza dubbio, inesistente. Certamente anche i cristiani non sono stati così tanto rispettosi nelle loro considerazioni verso gli ebrei, accusandoli di deicidio.
È all’inizio del ‘900 che Gesù viene considerato in modo radicalmente diverso e ci sono parecchi scrittori ebrei che hanno lasciato pagine meravigliose sulla sua figura. Ci sono quelli che hanno guardato a lui come ad un ebreo osservante della Legge, che predicava alcune dottrine non accettabili, tuttavia era, come si direbbe, un genio. C’è chi lo ha descritto con vero sentimento, come Schalom Ben-Chorin nel suo libro Fratello Gesù, dove parla di lui come di un fratello, non solo in quanto uomo, ma anche come fratello ebreo. La sua grande fede nel Padre, l’amore profondo, la totale sottomissione alla sua volontà, questo è l’atteggiamento che può unire ebrei e cristiani; la fede di Gesù ci unisce, non la fede in Gesù. Ecco il punto centrale: gli ebrei trovano difficoltà in questo, la fede in Gesù, come messia unico e definito, che opera la redenzione, la salvezza per tutti e per sempre. Gli ebrei seguitano ad attendere il messia, non possono credere nell’aspetto “personale” (la persona di Cristo) della salvezza. Gesù, pertanto, resta un israelita osservante, fedele alla Legge ebraica anche se a volte in disaccordo, su alcuni punti, con i farisei; inoltre i titoli che ha di Messia, Signore, Figlio di Dio non provengono da lui, ma posteriormente dalle prime comunità cristiane che avrebbero interpretato arbitrariamente il Vangelo; Gesù, poi, non è nato da Maria Vergine, morto e risorto e siede alla destra del Padre, tutto questo è una creazione cristiana.
Se è giusto che dalla parte cristiana ci debba essere l’assoluto rispetto per gli insegnamenti della Bibbia ebraica, è anche vero che da parte degli ebrei ci deve essere comprensione, perché dialogare non vuol dire rinunciare alla propria identità cristiana. Devono essere consapevoli che la religione cristiana professa la fede in Gesù Cristo, il Salvatore di tutte le genti, Colui che morendo sulla croce ha portato a compimento l’antica alleanza, universalizzando la Legge di Israele.
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