di Margherita Merone
Sant’Ignazio D’Antiochia così scrive a proposito dell’Eucaristia: «…spezzando un solo pane, che è farmaco d’immortalità, antidoto per non morire ma vivere in Gesù Cristo per sempre». Il termine eucaristia, derivato dal greco eucharisto (“rendo grazie”), è il sacramento che Gesù ha istituito nell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione e morte. Nella Costituzione Sacrosantum concilium sulla sacra liturgia al n.47 si legge: «Il nostro Salvatore nell’Ultima Cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce e per affidare alla sua diletta sposa, la chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione…».
L’Eucaristia, così, rimanda ad un gesto proprio di Gesù, da lui stesso reso fondamentale e da considerarsi senza dubbio il legame più forte che si può avere con lui: con essa l’anima è colmata di grazie. Fu proprio nella notte in cui fu tradito, mentre cenava con gli apostoli, che Gesù istituì il sacrificio eucaristico, prese il pane e il vino e li diede loro, come suo corpo e suo sangue, in sacrificio per la salvezza di tutti gli uomini; affidò loro l’incarico di fare la stessa cosa in sua memoria, col proposito di perpetuare il sacrificio della croce, fino al suo ritorno.
Gesù ha affidato alla chiesa il memoriale della sua morte, il sacerdote offre a Dio il pane e il vino che per opera dello Spirito Santo diventano realmente il corpo e il sangue di Cristo, offerti sulla croce, conversione che viene definita transustanziazione.
Si parla del corpo e del sangue di Gesù: il corpo ci indica la totalità della persona, con tutto ciò che con essa ha a che fare, la fragilità e la morte, mentre il sangue ci manifesta quello che è il donarsi, quindi il dono in rapporto alla morte. Gesù dice: “prendete e mangiate, questo è il mio”, pertanto corpo e sangue ci parlano propriamente di Gesù. Questo gesto unico e totale riferito a se stesso è qualcosa da lui fatto in modo assoluto e rimanda alla reale, storica vicenda di Gesù.
Sia i Padri che i medievali, per spiegare l’identità del mistero eucaristico devono ricorrere alla consacrazione, i primi seguendo una lettura platonica, gli altri aristotelica, offrendoci parecchi spunti di riflessione. Tommaso in particolare sottolinea come Cristo nell’eucaristia sia presente non solo in modo spaziale ma personale, pertanto l’aspetto sacramentale dell’Eucaristia dà importanza alla manducatio spiritualis, all’unione con Cristo nella fede; sarà poi il Concilio Lateranense IV (1215) ad affermare la presenza reale. In risposta alla Riforma che rifiuta la categoria “sacrificio”, affermando “sacramento non sacrificio”, il Concilio di Trento (1545-1563) ribadisce la presenza reale e il carattere sacrificale della messa, dicendo del sacrificio di Cristo che « non è un’opera buona dell’uomo per Dio ma è il sacrificio di Gesù, nel gesto della cena, per la salvezza dell’uomo: non ha solo valore di lode o di pura memoria ma anche di intercessione per il perdono dei peccati» (can.3). L’Eucaristia allora oltre che farmaco d’immortalità è anche vincolo di carità.
Il Concilio Vaticano II (1962-1965) ne sottolineerà il segno dell’unità. Nel mistero eucaristico il sacerdote fa le veci di tutto il popolo non solo di Cristo, il sacrificio di Cristo è offerto nell’Eucaristia per mano del ministro ordinato e a nome di tutta la chiesa. La Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, al n.11 afferma che «partecipando al sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana, i fedeli offrono a Dio la vittima divina e se stessi», pertanto il sacrificio di Cristo è anche il sacrificio di quelli che vi partecipano.
L’Eucaristia attualizza l’amore smisurato di Cristo, non rappresenta un’idea mitica ma è da parte dell’uomo una ricerca continua del proprio senso nella fede.
Nella messa, quando si arriva al momento della consacrazione, osservo il sacerdote, lo seguo nei gesti e nelle parole, il mio sguardo resta fisso su di lui e in quel momento ho come l’impressione che Gesù chiamandomi per nome mi sussurri “prendilo e mangialo, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per te!”
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