di Margherita Merone
Non riesco a capire perché così tanta violenza maschile sulle donne. Ogni giorno si viene a sapere di un omicidio, di un abuso sessuale o di qualsiasi altro tipo, con differenti modalità e forme, fuori casa, in casa, praticamente ovunque. Il termine femminicidio è diventato ormai quasi di uso quotidiano, si legge che ogni tre giorni viene uccisa una donna. Si aprono subito indagini che restano aperte mesi, anni. Casi di omicidio mai risolti. La donna è vittima, soffre, il trauma è difficile da superare, restano profonde ferite psichiche oltre che fisiche; alcune perdono la vita. Il colpevole, invece, continua a girare indisturbato, al massimo si fa qualche mese di carcere, poi è libero di fare nuovamente del male. Si verificano casi di violenza sessuale anche in pieno giorno, gli aggressori non si preoccupano neanche più di essere scoperti. Ormai le donne sono ridotte a vivere nella paura. Potrei aggiungere anche i ricatti sul lavoro… Insomma, la vita per noi donne è diventata difficile, siamo arrivate al punto che non possiamo fidarci neanche dell’uomo col quale viviamo, anzi la maggior parte delle violenze sono effettuate da mariti, fidanzati o ex fidanzati, tutte persone che sembravano al di sopra di ogni sospetto fino a un secondo prima di infierire.
Ci chiediamo: perché tanta umiliazione e sopraffazione ai danni delle donne? Si può dare un senso a tutta questa violenza disumana? E la dignità della persona di cui si parla tanto che fine ha fatto? È rimasta parola scritta solo sui testi di antropologia teologica, dove sia l’uomo che la donna sono creature a immagine e somiglianza dello stesso Creatore?
Ogni volta che sento di un episodio di brutalità su una donna inizio a pregare ed è in quel preciso momento che mi viene spontaneo pensare a come venivano trattate le donne al tempo di Gesù e soprattutto al rapporto che Lui aveva con loro, in un contesto storico in cui la donna non contava praticamente nulla – a quel tempo era come se non avesse una soggettività, il suo ruolo era ovunque marginale, circoscritto alle pareti domestiche e alla cura della famiglia. Nei vangeli la presenza femminile è uniforme: sono discepole, testimoni della passione, morte e resurrezione, prime annunciatrici mandate da Gesù risorto a dare l’annuncio pasquale agli apostoli. Tante erano le donne che lo seguivano, un’idea chiara ce la facciamo leggendo nel vangelo di Luca: «Erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state curate da spiriti maligni e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni» (8,1-3).
Gesù era circondato da donne che per seguirlo come discepole, ascoltarlo, servirlo, mettere in pratica i suoi insegnamenti avevano lasciato casa, famiglia, il loro clan parentale. Stavano con lui e quelle più facoltose davano un grande aiuto economico. Gesù crea una frattura con la tradizione perché a quel tempo era impensabile che delle donne potessero seguire un maestro e apprendere ciò che proveniva da Dio, in quanto motivo di vergogna e semplicemente assurdo. Non c’è, dunque, alcuna discriminazione tra uomini e donne, non c’è differenza di dignità, l’atteggiamento che ha Gesù con chi lo segue non cambia a seconda del sesso: tutti vanno rispettati e molte donne sono menzionate con il loro nome, mentre altre restano anonime (per via di incontri casuali o voluti da loro stesse). Alcuni esempi sono l’incontro con la donna che da anni soffre di emorragia, con la peccatrice, con la vedova, con Marta e Maria, con le donne testimoni della resurrezione; donne che entrano in scena per poco ma che restano sempre discepole, testimoni, portatrici di annuncio, missionarie.
Gesù ama le donne. Sono loro a sentire – prima ancora degli uomini – chi è Gesù, che Egli va oltre il comune modo di pensare, guarisce chiunque e soprattutto compie miracoli in virtù della fede.
Un episodio che mi ha sempre colpito è quello della donna affetta da anni da emorragia ma mai guarita da nessun dottore. Non ne conosciamo il nome, la cosa certa che sappiamo è che per la Legge era considerata impura e chiunque la toccasse diveniva impuro. Si doveva pertanto, obbligatoriamente, stare lontani da lei. Esclusa dalla vita sociale, le era impedito di vivere una vita normale e questa umiliazione doveva essere patita nell’assoluto silenzio, non essendole permessa nessuna lamentela. Si va ben oltre, quindi, l’idea di rassegnazione. Eppure la donna che conosceva le regole di vita del suo tempo ha il coraggio di andare oltre la legge, la viola senza paura: si fa spazio tra la folla per avvicinarsi e afferrargli il mantello, vuole toccare Gesù pur sapendo che così facendo lo rende impuro. Combatte per esprimere la propria soggettività, per manifestare la grande volontà, la fede; non vuole essere stigmatizzata, rivendicando il diritto come persona di essere in relazione con gli altri. La sua audacia, che parte da una forza interiore, viene premiata da Gesù che estrae da sé una forza ancora più grande – quella di Dio che è in lui – guarendola, liberandola dall’impurità e abbattendo così la barriera che la separa dagli altri.
Una figura femminile intrigante e presente in tutti i vangeli è Maria di Magdala. Viene considerata la discepola più vicina a Gesù: presente durante la passione, la morte, è la prima testimone della resurrezione. Maria nutre un grande sentimento per il suo Maestro: quando giunge al sepolcro scopre che ci sono solo angeli, non vede il corpo del suo Signore e non sa dove trovarlo. Si addolora e piange. Gesù la ama e poco dopo le si manifesta trasformando in gioia la sua tristezza. Lei lo riconosce nel momento in cui Gesù risorto la chiama per nome.
Il comportamento verso le donne ce lo insegna Gesù, che non fa differenza tra uomo e donna: entrambi hanno la stessa dignità, è dunque inaccettabile il dominio dell’uno sull’altra; parimenti nessuna violenza può essere giustificata. Gesù mostra come la donna è soggetto, presenza di pace, gioia, armonia, sentimento, emozione, volontà, tenacia, forza, servizio per gli altri, aiuto concreto in ogni circostanza.
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