di Margherita Merone
Andiamo a scoprire come viene visto Gesù dalle religioni asiatiche, in particolare dall’induismo e dal buddismo.
Nell’induismo, religione che in realtà si esprime in una grande varietà di forme, c’è da dire che, in linea generale, Gesù trova grande considerazione, soprattutto per quanto riguarda il suo carattere mite, gentile e il suo trasmettere pace, bontà e serenità. Considerando che l’induismo non è una religione dottrinale, ma si presenta piuttosto come esperienza spirituale, Gesù viene inteso come colui che spinge l’uomo a guardare la propria interiorità.
Gesù viene paragonato al guru, al maestro spirituale, o ad un avatara, ossia ad un’incarnazione del divino, venuto sulla terra per salvare il mondo. Secondo la religione induista ci sono molte incarnazioni del divino, nel passato, nel presente, e di conseguenza nel futuro; ne deriva che Gesù non è considerato il Salvatore unico, assoluto, universale. C’è anche chi pensa che Gesù sia stato l’incarnazione del divino e propriamente di essere stato inviato per ristabilire la legge dell’armonia universale, il dharma. Umile, buono, obbediente, ha rappresentato un vero e proprio modello etico, nonché un ideale mistico.
Gandhi era affascinato da Gesù, lo ammirava soprattutto nel racconto del Discorso della montagna (Mt 5, 1-12) che considerava la sintesi sublime del cristianesimo. Per lui, Gesù è stato un maestro di umanità, il modello del martire che per amore del prossimo arriva a sacrificare la sua vita.
Qualche studioso ha visto in alcune dottrine dell’induismo analogie con la Trinità cristiana. Senza dubbio, le differenze ci sono e sono sostanziali. Ad esempio, nella dottrina induista della Saccidananda, le tre componenti, Sat, l’essenza, Cit, la coscienza e Ananda, la gioia, non sono tre persone ben distinte che formano l’unica sostanza divina, come nella religione cristiana, ma tre aspetti di una sola realtà divina. Per quanto concerne la dottrina della Trimurti, definita anche “trinità indù”, le tre divinità, Brahma (il creatore), Vishnu (il conservatore) e Siva (il distruttore), costituiscono i tre aspetti del divino. Secondo questa dottrina, il mondo è sotto un ciclo di creazione, conservazione e dissoluzione, ma questo non spiega altro che il modo di operare del divino nel mondo, e non come sia in se stesso. Inoltre, la seconda divinità della Trimurti, Vishnu, che scende sulla terra non appena c’è bisogno del suo intervento, quando l’umanità è in grande difficoltà, non trova analogia rispetto alla dottrina della Trinità della religione cristiana. È sicuramente chiara la differenza, in quanto, rispetto alla concezione della seconda divinità della Trimurti, il fondamento cristiano è saldo nella fede dell’unica Incarnazione, quella di Gesù Cristo, Verbo fatto carne, venuto in mezzo a noi come unico mediatore assoluto e universale. Se per loro non è strano, anzi è normale che ci siano più incarnazioni, la dottrina cristiana contempla un solo Salvatore.
Per comprendere la visione di Gesù nel buddismo bisogna inserirsi nel contesto del pluralismo nel quale questa religione si esprime. Troviamo un buddismo che ha come riferimento fondamentale e ideale la figura del monaco, chiamato buddismo Hinayana, che significa piccolo veicolo, perché non vengono riconosciuti come canonici alcuni insegnamenti contenuti nel Mahayana, ossia grande veicolo; quest’ultimo è un buddismo per i laici, presente soprattutto in Giappone e in Cina. La figura ideale è quella persona, riconosciuta come bodhisattva, che pur avendo raggiunto il nirvana – lo stadio massimo della vita ascetica, in cui si consegue, dopo aver eliminato emozioni, passioni, materialità, lo stato perfetto di pace – aiuta tutti quelli che hanno bisogno di liberarsi della sofferenza, condividendo empaticamente le sofferenze degli altri. La salvezza non è solo un cammino personale, ma può realizzarsi attraverso l’aiuto del Buddha o di colui che ha raggiunto la serenità, appunto il bodhisattva. La loro mediazione è importante quando si vuole raggiungere il nirvana.
Una caratteristica del buddismo è il carattere soteriologico, ossia della salvezza, che però non arriva da un Dio che trascende la realtà, che è l’Assoluto. Parliamo di una religione dell’interiorità, una via indicata per vincere il dolore e ritrovare la pace e l’equilibrio.
Gesù, nella religione buddista, è considerato un uomo di grande levatura morale, che aiuta le persone, ha compassione, parla a tutti di amore. Come nell’induismo anche col buddismo la differenza c’è e non si nasconde. Mentre nella religione cristiana la redenzione viene da un evento che è accaduto realmente nella storia, pur trascendendola – il Mistero Pasquale – quindi non opera dell’uomo, nel buddismo la redenzione non viene se non da una personale responsabilità, dunque, non dal di fuori. Gesù Cristo salva, Buddha aiuta a salvarsi.
Anche nel buddismo alcuni studiosi hanno cercato riflessi trinitari, per es. i “tre corpi di Buddha”, Buddha, Darma (la dottrina) e Sanga (la comunità), o alcune triadi psicologiche, intuizione, coscienza, consapevolezza, e “le tre gemme”. Queste dottrine non possono che essere considerate come una preparazione della Rivelazione del Dio Uni-Trino cristiano. Inoltre, mentre nella tradizione buddista non esiste alcuna mediazione che sia mezzo di salvezza, nella religione cristiana la rivelazione definitiva è quella portata da Gesù Cristo, mediatore unico e perfetto tra Dio e gli uomini, che ci salva e ci rivela l’amore di Dio. La dimensione discendente, quella dell’amore di Dio, del dono gratuito, non è contemplata nel buddismo, in quanto tutto è visto solamente dalla parte dell’uomo.
In quest’ottica, un dialogo con le religioni asiatiche è possibile solamente nell’ambito di una spinta a guardarsi dentro, a raggiungere una consapevolezza sempre più profonda della propria interiorità, a pregare, a vivere nella pace, a rispettare gli altri, a cercare di allontanare, per quanto possibile, la sofferenza, a non usare violenza, ad agire in coscienza e secondo morale.
Il dialogo tra le varie religioni non è facile, né scontato. Si deve tenere presente che continuano a nascere, soprattutto nella contemporaneità, nuove forme di religiosità, frutto di sincretismo: si prendono e si mescolano aspetti di varie religioni e se ne fa una rielaborazione. Quello che viene fuori, alla fine, non è che un relativismo religioso, dove la salvezza non ha più bisogno di una mediazione, perché l’uomo ormai è convinto di potersi salvare da solo. Nella religione cristiana, i credenti sanno che la salvezza portata da Cristo eleva la persona al punto tale da renderla partecipe della realtà divina.
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