di Margherita Merone
Si può iniziare facendo subito un confronto tra Gesù e i vari movimenti battisti di quel periodo. Nella Scrittura, così come nel contesto ellenistico, veniva data grande importanza ai bagni di purità e alla pratica rituale delle abluzioni. Questi servivano come passaggio dal mondo profano ad un contesto sacro. I movimenti battisti conservarono di queste pratiche l’immersione nell’acqua, altra cosa rispetto ai riti di sacrificio nel Tempio. Proprio per questo motivo, molte erano le persone che seguivano questi movimenti, in modo particolare coloro che appartenevano alla classe sociale più indigente, ossia tutti quelli che non potevano offrire sacrifici.
Gli studiosi hanno riscontrato alcune analogie tra il movimento battista e Gesù, ma anche parecchie differenze; tra queste, il modo di vestirsi, di mangiare, lo stile di vita. La differenza fondamentale stava, principalmente, nella via da seguire per arrivare a Dio, ossia il concetto di purità e il lavacro di rigenerazione. Con Gesù c’è stata una svolta: mentre Giovanni battezzava con l’acqua solamente, il battesimo di Gesù è avvenuto nello Spirito Santo. Dopo la morte è stato Lui ad elargire lo Spirito per la remissione dei peccati. La prassi del battesimo si contrapponeva, dunque, ai sacrifici che venivano offerti nel tempio, oltretutto ritenuti illegittimi perché erano un privilegio riservato a pochi. Il battesimo, invece, mediante il quale si otteneva il perdono dei peccati, dunque la salvezza, non era riservato a pochi, ma a tutti, aveva valenza universale.
Pubblicani, pagani, malfattori, tutti andavano da Giovanni, presso il Giordano, per essere battezzati, purificati dai loro peccati. Egli, principalmente, voleva far capire alla gente che la conversione era un dono che giungeva dall’alto, non dall’uomo.
Gesù si è mosso nell’ambiente battista, ma non era un asceta. Non ha vissuto nel deserto come Giovanni, né per un certo periodo in qualche luogo lontano dalla gente, ma giunto dalla Galilea, ha voluto farsi battezzare da lui. Questa cosa sorprese non poco il Battista che aveva tutt’altra idea della figura del messia. Gesù, infatti, non voleva rimanere solo, se non quando pregava e al contrario, amava stare tra la gente, gradiva il convivio, mangiava con chiunque, compresi pubblicani e peccatori e non si preoccupava delle regole di purità alimentare. Il cuore del suo messaggio è la misericordia, il perdono, l’amore di Dio. Questo messaggio doveva essere considerato massimamente importante, non le pratiche ascetiche, i riti di abluzione o le restrizioni alimentari. Il linguaggio di Gesù, da allora e per sempre, è il linguaggio della grazia.
Gesù si è fatto battezzare da Giovanni, non perché in lui ci fosse peccato. Egli ha preso tutto dell’umano eccetto il peccato, ma ha caricato su di sé tutti i peccati: era questa la volontà di Dio. Il battesimo di Gesù è stato un avvenimento realmente incredibile, infatti, nei vangeli si legge che i cieli si sono aperti, lo Spirito Santo è disceso dal cielo come una colomba, si è posato su di Lui, e forte e chiara una voce dall’alto ha detto «questo è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17). Da quel momento, lo Spirito che era penetrato in lui non lo ha più lasciato, ma è rimasto stabilmente; Gesù, l’unto di Dio, è colui che ha rivelato l’amore di Dio.
Dopo il movimento battista, Gesù ha seguitato a vivere a contatto con la religione di Israele e le sue forme di espressione. Quasi certamente frequentava gli ambienti religiosi farisaici. Spesso è stato considerato vicino ai rabbi farisaici, ma anche in questo contesto la differenza è piuttosto rilevante. I biblisti si sono dedicati con particolare attenzione allo studio di questo aspetto. Prima della scoperta di alcuni importanti manoscritti del Mar Morto, precisamente a Qumran, i farisei erano ritenuti il solo movimento religioso ad esprimere l’unità della tradizione ebraica.
Nel vangelo la figura del fariseo è quella di chi è sempre stato in contrasto con Gesù e col suo annuncio di salvezza. Gesù era chiaramente diverso dagli altri, basta guardare al suo atteggiamento riguardo al culto, di fronte al quale si sentiva totalmente libero, e nei confronti della Legge, che osservava come qualsiasi ebreo, pur ponendosi al di sopra rispetto ad essa.
Più dei farisei, grandi oppositori di Gesù erano i sadducei, ai quali viene imputata la responsabilità della sua morte. Per conoscere meglio Gesù nel contesto del suo tempo è interessante sapere qualcosa riguardo questa corrente religiosa, ma anche politica. I sadducei, infatti, erano una classe proveniente dall’aristocrazia, non credevano nella risurrezione, al contrario dei farisei, e nell’immortalità dell’anima. Il conflitto con i sadducei che occupavano un posto privilegiato nel Tempio, luogo fondamentale di preghiera, riguardava proprio il culto.
Il culto rimanda ovviamente alla Torah, alla Legge, che da sempre per Israele rappresenta la volontà di Dio nella storia. Essa veniva intesa in senso religioso, giuridico, sociale, storico, come la risposta alla chiamata di Dio. Gesù con il suo comportamento ha mostrato di avere un’autorità assoluta e superiore nei confronti della Legge, interpretando tanto la tradizione scritta che quella orale. Con l’avvento del Regno anche la legge del sabato è stata superata, Lui stesso affermava di essere Signore anche del sabato. Egli era la nuova legge.
Gesù ha sconvolto anche la considerazione intorno alla questione della purità e impurità. Nei vangeli non c’è la preoccupazione di Gesù riguardo alle norme di purità, con lui è diventato fondamentale il primato della grazia e della misericordia. Egli ha spostato l’attenzione sulla parte interiore dell’uomo: l’impurità non dipende dal toccare o meno oggetti o animali, ma risiede nell’interiorità, e dunque il peccato non è fuori, ma dentro l’uomo, soprattutto quando va contro la volontà di Dio. In questo modo, il peccato non deve essere misurato col metro della Legge e il rispetto di una lista di norme, ma con quello della relazione personale con Dio vissuto nella purezza interiore.
Anche rispetto al divorzio Gesù si è posto oltre la Legge riportando in luce l’idea originaria di Dio basata sull’amore unico e indissolubile, sull’amore sacro tra un uomo e una donna.
Tirando le somme possiamo dire che Gesù riconosceva la Legge come rivelazione di Dio – e a questa si doveva obbedienza – ma quando la interpretava rivendicava su di essa un’autorità superiore. Gesù in piena autocoscienza si esprimeva dicendo, “è stato detto”, ma “io vi dico” (Mt 5), ed è in questa espressione che si comprende l’identità particolare di Gesù, e la cosa più incredibile è la costruzione al passivo della frase, che significa che il soggetto sottinteso è Dio stesso.
Tante sarebbero le cose da dire su Gesù, ne sappiamo alcune grazie ai vangeli, ma certamente ciò che ha fatto nella sua vita terrena va ben oltre, perché Egli, capolavoro di perfezione del Padre, è il Figlio da lui generato nello Spirito e non possiamo ritenere che il linguaggio a disposizione sia sufficiente per parlare di Lui, né credere che possa essere totalmente compreso dal pensiero: semplicemente la realtà che lo riguarda supera entrambi.
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