di Margherita Merone
Dopo i vangeli canonici, dal II secolo in avanti nascono i vangeli detti apocrifi, tra questi il vangelo di Tommaso, il vangelo degli Ebrei, quello degli Ebioniti, degli Egiziani, il vangelo aramaico dello pseudo-Matteo. Il termine apocrifo, dal greco apokryphos (nascosto, segreto), composto da apo (da) e kryptein (nascondere), è stato coniato dalle prime comunità cristiane.
Si ritiene che alla loro base vi fossero vari motivi: alcuni trasmettono delle verità, altri presentano racconti fantasiosi rispetto a ciò che è contenuto nei canonici, facendo propria la pretesa di colmare il silenzio dei quattro vangeli riguardo il periodo dei trent’anni della vita di Gesù, ponendo dunque in essi qualcosa di immaginato e fantasticato. Leggendoli si nota un forte interesse per i miracoli, per l’infanzia di Gesù, per le storie degli apostoli, non trattate nel libro degli Atti degli Apostoli; alcuni libri non parlano della morte e risurrezione. È comunque sufficiente questa lista di motivi per comprendere il perché non siano stati riconosciuti dalla chiesa come ispirati da Dio e giudicati poco attendibili, fuori dalla retta dottrina cristiana, addirittura dannosi. Così il termine apocrifo è divenuto man mano sinonimo di falso.
Nonostante la riluttanza della chiesa, gli apocrifi hanno avuto una certa influenza sia nella tradizione che nell’iconografia. Ciò risulta dai nomi dei genitori di Maria, Anna e Gioacchino, dalla presenza del bue e dell’asinello nella grotta di Betlemme, come si legge nel protovangelo di Giacomo, il più famoso insieme al vangelo di Tommaso in lingua copta. Questi, pur essendo costituito quasi esclusivamente da “detti”, tutti molto brevi, è un documento prezioso, in esso infatti troviamo molte frasi di ispirazione gnostica, alcune espressioni desunte dai vangeli sinottici, di Luca e Matteo in particolare e altri detti di Gesù che lasciano presumere la conoscenza di altri vangeli apocrifi. Nell’incipit del vangelo di Tommaso si legge: “Questi sono i detti segreti che Gesù il vivente ha proferito e Didimo Giuda Tommaso ha scritto. E disse: chi troverà l’interpretazione di questi detti non gusterà la morte”. Alcuni esempi di detti fanno capire meglio la differenza con i sinottici: “Dice Gesù: ‘Colui che cerca non smetta di cercare fino a quando abbia trovato e quando avrà trovato resterà sbigottito e rimasto sbigottito regnerà e avendo regnato troverà riposo’”; Dice Gesù: “Cercate e troverete ma ciò che un tempo mi avete domandato e che io in quei giorni non vi ho detto, adesso vorrei dirvelo ma voi non lo cercate”.
Il vangelo degli Ebrei è quello più conosciuto dagli scrittori antichi – alcune frasi sono riprese da Clemente Alessandrino, Origene – e si considerava utilizzato dai cristiani di lingua aramaica, un dialetto palestinese.
Più interessante è il vangelo degli Ebioniti, menzionato da Ireneo che attribuisce a questi solamente la lettura del vangelo di Matteo, senza considerare anzi rifiutando le lettere di Paolo definendolo apostata della legge. Infatti gli Ebioniti praticavano la circoncisione, seguivano le usanze giudaiche, le prescrizioni della legge, e Gerusalemme era vista come il luogo centrale.
Quello degli Egiziani, definito così da Clemente Alessandrino che ne riporta in qualche suo scritto piccoli brani, contiene racconti molto somiglianti ai detti del vangelo di Tommaso, al punto che si possono considerare come espressione di una tradizione cristiana unitaria.
Un altro vangelo al quale viene riconosciuta una certa autorità è quello dello pseudo-Matteo che risulta avere contatti con quello di Tommaso. Si è indagato molto sui rapporti esistenti tra Matteo e Tommaso che per gli studiosi hanno come base di riferimento certamente i sinottici. All’inizio si credeva che i due non si conoscessero ma dopo un’attenta lettura dei pochi frammenti di Matteo e dei detti di Tommaso si è notato che sono presenti detti quasi identici. Nei loro scritti sembra evidente che ci sono pensieri condivisi da entrambi, forti sono gli indizi che depongono per una priorità del vangelo aramaico di Matteo tanto da considerarlo la fonte di quello di Tommaso.
Leggere il vangelo dello pseudo-Matteo è stato piacevole, ci sono passi legati all’infanzia di Gesù che mi hanno fatto sorridere: “Gesù aveva sei anni e sua madre lo mandò con una brocca ad attingere acqua alla fontana assieme a dei bambini. E avvenne che, dopo avere attinto l’acqua, uno dei bambini gli diede una spinta e rovesciò la brocca rompendola. Ma Gesù stese il mantello di cui si serviva, e raccolse nel mantello tanta acqua quanta ne conteneva la brocca, e la portò a sua madre. A questa vista lei fu presa da meraviglia: meditava tra sé, e riponeva tutto in cuor suo”.
Perché gli apocrifi non sono entrati nel canone? Il canone, elenco dei testi riconosciuti come ispirati da Dio, pertanto sacri e normativi per i cristiani, nasce dall’uso che si faceva dei vari scritti che circolavano nelle assemblee. I testi ritenuti canonici non lo sono per l’autorità di Roma ma per l’ambiente ecclesiale in cui sono stati utilizzati e ciò vale anche per gli apocrifi. Infatti la loro esclusione riguarda il non uso di tali scritti all’interno delle comunità cristiane: non sono stati tramandati al di fuori dell’ambito in cui hanno avuto il loro utilizzo, non circolavano, non è patrimonio condiviso dalle varie comunità nelle quali era diffusa la dottrina di Gesù morto e risorto. Ad esempio il vangelo di Tommaso da Alessandria non è arrivato a Roma, non ha avuto condivisione come contenuto. Il Canone pertanto si costituisce di fronte ad un’ispirazione che giunge dal consenso tra le varie chiese; a posteriori si parla di ispirazione divina.
Considerare gli apocrifi non canonici non è così importante, bisogna leggerli, non fanno perdere la fede, anzi a tratti li ho trovati interessanti e simpatici. Chiunque sia l’autore vero o presunto voleva dire qualcosa, ci ha lasciato un suo pensiero, una riflessione, forse una traccia di un mistero che è più grande di noi: “Quando Gesù dormiva, fosse di giorno o di notte, lo splendore di Dio splendeva su di lui. Al quale sia ogni lode e gloria nei secoli dei secoli. Amen. Amen” (pseudo-Matteo).
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