di Margherita Merone
Nel Castello interiore scritto dalla filosofa tedesca Edith Stein è lei stessa a precisare subito che, pur usando lo stesso titolo, in riferimento a santa Teresa D’Avila, il suo scopo è molto diverso, in quanto il compito teoretico che si propone è quello di ricercare le caratteristiche specifiche dell’essere umano nel quale esiste quella parte che chiamiamo anima.
La Stein, dopo aver letto il Castello interiore di santa Teresa, entrando nel campo dell’esperienza mistica, affronta questo tema che le sta particolarmente a cuore. Il castello di cui parla la santa chiarisce l’analisi dell’anima come «centro di quel complesso fisico, psichico e spirituale che chiamiamo essere umano». Non si può dire però qualcosa di preciso sull’anima senza aver detto prima qualcosa su ciò che costituisce la sua vita intima.
Dopo aver analizzato come sia costituito l’essere umano – la questione antropologica è trattata dalla Stein in molte sue opere – ella mostra come sia possibile riconoscere in esso alcune dimensioni fondamentali: la corporeità, la parte psichica, lo spirito e tutti gli atti relativi ad esso. Ma l’anima è qualcosa di particolare, «la capacità dell’anima sorpassa ogni umana immaginazione».
L’intento della santa è chiaramente religioso, ha ricevuto l’incarico di scrivere le sue esperienze di preghiera e rivelare ciò che lei stessa ha vissuto direttamente, mentre lo scopo della filosofa è considerare la struttura dell’anima prescindendo dal suo essere l’abitazione di Dio, anche perché, riferendosi all’anima, ritiene che «è una situazione patologica che una persona non conosca la propria casa».
Per fare questo, la Stein comprende che ci si deve basare sulle testimonianze dei grandi mistici che hanno dedicato l’intera vita alla preghiera. Ritiene che santa Teresa in questo sia insuperabile; d’altra parte è proprio leggendo la sua vita che scopre la “Verità” e da quel momento inizia il suo cammino di conversione.
Per rendere comprensibile quello che avviene nella parte più profonda dell’essere umano, la Santa mostra all’inizio cosa sia questo mondo interiore. Utilizza l’immagine di un castello che ha tante dimore. Il corpo rappresenta le mura di cinta del castello, nella stanza più interna abita Dio, mentre al di fuori delle mura c’è il mondo esterno. La porta per entrare nel castello è la preghiera.
La prima dimora del castello è l’autoconoscenza. Per avvicinarsi a Dio bisogna essere coscienti della propria bassezza. Si compenetrano conoscenza di sé e conoscenza di Dio. Non arriva la luce che giunge dal palazzo del re perché l’anima è ancora troppo presa dalle cose del mondo, non riesce a pensare a cose diverse da quelle che la tengono legata a tutto ciò che è materiale.
La seconda dimora è l’inizio di qualcosa di diverso: l’anima comincia ad avere delle percezioni e pur essendo ancora nel mondo sente i primi richiami di Dio.
La terza dimora di questo castello comincia ad essere importante, in essa troviamo le anime che hanno seriamente preso a cuore la chiamata di Dio e decidono di ordinare la propria vita seguendo la sua volontà. Pensano cioè a fare opere buone, a pregare, a fare penitenza, si impegnano per evitare anche i peccati veniali. Lottano con fermezza per superare le dure prove che devono affrontare dal momento che vivono ancora il loro legame con il mondo. Questo è il cammino naturale che l’anima compie verso di sé e verso Dio. A queste prove corrispondono altrettante consolazioni e soddisfazioni per l’adempimento di opere buone. Siamo ancora in quell’ambito in cui l’anima non sente ancora la presenza di Dio nella sua interiorità. Nel momento in cui ciò avviene si parla di vita di grazia straordinaria o di mistica.
Nella quarta dimora al posto delle consolazioni subentrano dolcezze che partono da Dio e l’anima se ne accorge perché sente molta più gioia. Santa Teresa parla di orazione di quiete perché viene compiuta dall’anima senza che ci sia alcuno sforzo personale.
Nella quinta dimora del castello l’anima vive un momento particolare. Durante l’orazione di quiete l’anima è come se si trovasse in un sogno perché è come assopita, ma non completamente addormentata. Solo dopo avviene l’orazione di unione, fase in cui è addormentata per le cose del mondo e per se stessa, ma sveglia completamente per Dio. Vive in quello stato in cui si potrebbe pensare che è “fuori di sé”, non riesce a pensare a nulla ed è bloccata, statica, quasi fosse morta. Sottolinea la filosofa come in questo momento, nulla, neanche il demonio può intervenire per creare un danno e distruggere il momento unitivo. La Maestà divina è fortemente legata al centro, all’essenza dell’anima. Questo è il momento in cui Dio opera in essa. L’anima, a questo livello si sente sempre più forte, più intenso è il desiderio di lodare Dio, di pregare con fervore, di farlo conoscere a tutti gli uomini; soffre nel contempo profondamente, vive un dolore immenso, quando si rende conto che tanti non lo amano, anzi, lo offendono e lo disprezzano.
Nella sesta dimora si capisce come l’orazione di unione non sia stata che una preparazione per qualcosa di ancora più grande: il fidanzamento spirituale. Fra Dio e l’anima c’è il desiderio incontrollabile di legarsi come due persone che si amano e vogliono fidanzarsi. C’è amore e desiderio di conoscersi sempre di più, in maniera totale. La potenza di questa fase è tale che a volte l’anima, toccata anche solo da una parola di Dio, finisce per cadere in estasi. Dopo che ha tanto sofferto, finalmente fruisce di tutto l’amore che le arriva da Dio, il quale fa divampare nel suo più intimo la scintilla. L’anima, completamente bruciata, esce dal fuoco ringiovanita, purificata: tutti i suoi peccati le sono stati perdonati. Simile all’estasi è il volo dello spirito. Si assiste ad un impetuoso moto dell’anima e lo spirito sembra che venga strappato via dal corpo, ma la persona è viva. Per alcuni istanti non si è nemmeno in grado di dire se l’anima sia realmente nel corpo o fuori di esso. La sensazione, in seguito, è quella di essere stata da un’altra parte, in un mondo diverso che non è quello che già conosce. Durante quel momento accade incredibilmente che l’anima riesca ad apprendere cose che non avrebbe mai potuto imparare se non in piccolissima parte.
La settima dimora è il luogo dove avviene la consumazione del matrimonio spirituale. Questo matrimonio accade durante una visione intellettuale in cui la Trinità si manifesta. Le Tre persone divine si chinano sull’anima: immenso dono di grazia di Dio. L’anima vede con assoluta certezza che le Tre Persone sono una sola essenza, una sola divinità. Le Tre Persone comunicano con l’anima, le parlano e le rivelano il significato di ciò che Gesù ha detto: «che Egli, il Padre e lo Spirito Santo verranno a inabitare nell’anima che lo ama e osserva i suoi comandamenti».
Dopo la descrizione del castello interiore fatta attraverso i numerosi riferimenti dello scritto di santa Teresa, la Stein fa un commento in cui vengono a intrecciarsi la mistica e la riflessione propria del pensiero filosofico. Ella afferma che l’anima ha conoscenza del mondo esterno e di se stessa: «è consapevole di tutta la sua vita spirituale e può riflettere su se stessa anche senza giungervi per la porta della preghiera». Ma è anche vero che è impossibile comprendere tutto quello che le accade nel momento supremo in cui la Trinità è presente, perché quello che l’anima vive è una grazia sublime, un grande mistero, è un miracolo che le viene concesso da Dio.
- Il bancario - 8 Luglio 2024
- La “cura” di Teo - 24 Giugno 2024
- Noemi - 17 Giugno 2024