di Margherita Merone
Papa Francesco dice: “Lasciatevi abbracciare”.
Fu la sera di Pasqua che il Signore risorto istituì questo sacramento, quando si mostrò ai suoi discepoli e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20, 22-23).
Questo sacramento viene chiamato anche della confessione, della riconciliazione, del perdono. Gesù ha dato agli Apostoli il potere di perdonare i peccati e anche se Dio perdona ogni peccatore con la sua infinita misericordia, ha voluto che tutti quelli che appartengono alla chiesa ricevano il perdono mediante i ministri ordinati. Attraverso il sacerdote, strumento della misericordia di Dio, ci viene perdonata ogni colpa e concesso il perdono. Il Signore ci chiama a riconciliarci nella dimensione ecclesiale.
Nella società contemporanea si è perso il senso del peccato. Peccando feriamo Dio, rifiutiamo il suo amore, ogni suo dono, ma è Lui stesso a prendere l’iniziativa e a riconciliarci a sé. Dal punto di vista della fede, nessun male è più grave del peccato e le sue ripercussioni interessano anche la comunità; pertanto ricevendo il perdono da Dio ci riconciliamo anche con la chiesa.
Questo sacramento è composto dall’insieme dei tre atti che compie il penitente (la contrizione, la confessione, la soddisfazione) e dall’assoluzione da parte del sacerdote.
La contrizione, espressione dell’uomo che illuminato dalla grazia si riconosce peccatore davanti a Dio è il pentimento, la conversione, un atto di volontà, il cammino di ritorno a Lui, il dolore profondo che si avverte nel cuore per averlo offeso, la repulsione per le colpe commesse, il proposito di non peccare più e di fuggire le occasioni prossime di peccato, ossia le tentazioni forti, difficili da vincersi.
La contrizione perfetta è un atto d’amore perfetto che nasce dalla considerazione del peccato come qualcosa di contrario a Dio, che va amato sopra ogni cosa. A essa è legato il “votum”, il desiderio, la promessa di confessarsi e compiere la penitenza. Il sacerdote è obbligato a mantenere il sigillo sacramentale ossia l’assoluto segreto circa i peccati che gli vengono riferiti durante la confessione, in caso contrario incorre in pene severe.
Chi vuole ottenere la riconciliazione con Dio e con la chiesa deve confessare – dopo un accurato esame di coscienza, scrutandosi attentamente dentro – tutti i peccati e immediatamente riacquisterà pace e gioia, si sentirà libero e leggero.
La soddisfazione è la penitenza, propriamente l’azione con cui viene soddisfatto il debito verso Dio per tutti i peccati che commettiamo.
Più che il confessore, dobbiamo pensare che è il Signore, nel momento della confessione, ad ascoltarci, guardarci, abbracciarci, amarci, a concederci il perdono. La confessione però non è solo l’accusa dei peccati, è anche lode a Dio.
Tutte le mattine, appena apro gli occhi, dico: “Signore abbi misericordia di me che sono una peccatrice” e subito dopo metto il mio cuore dentro quello di Dio. Ho continuamente bisogno del suo amore, del suo perdono perché sono fragile, debole, a volte mi è difficile rispettare i sani propositi. È grande la sofferenza di fronte alle mie mancanze; offendere Dio, allontanarmi da Lui, è impensabile. La certezza che non smetterà mai di tendermi la mano per risollevarmi quando sbaglio fa esultare il mio cuore di gioia perché è Lui stesso ad asciugarmi le lacrime del pentimento.
San Paolo scriveva: “In nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”! (2 Cor 5,20).
In alto, Mariano Chelo, Confessione
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In mezzo a tanta “trasgressione” …
il” pentimento” è una luce fulgida che spazza via le nostre tenebre.
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