L’aberrazione del matrimonio

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Non sono dispensatore di verità, tutt’altro. Ho i miei dubbi che spesso mi portano a riflettere e a discutere…

Bisognerebbe scegliere di essere in rapporto con gli altri, tra cui anche la persona amata.

Dovremmo scegliere, per la nostra crescita, la persona la quale in questo momento, nel periodo “storico” della nostra vita, meglio soddisfa le nostre aspettative.

Prima di tutto però, bisognerebbe imparare ad amare se stessi, coltivare la gioia dentro di sé, perché solo quando ne avremo abbastanza potremo condividerla con gli altri, altrimenti il nostro amore si esaurisce presto e finisce per essere noioso.

Dovremmo renderci conto che da soli o con gli altri, noi restiamo ciò che siamo, non dovremmo pensare alla solitudine come qualcosa di cui liberarci, perché spesso è proprio questo che ci spinge a cercare l’altro, che poi una volta trovato, dopo qualche tempo, inizia a non bastarci e ci sentiamo nuovamente soli e annoiati.

Oscar Wilde diceva: “Nella vita matrimoniale l’affetto nasce quando i coniugi assolutamente si detestano”. Il cinismo di Wilde è conosciuto, ma non è poca la verità che è dietro le sue parole.

Ecco che bisognerebbe sempre scegliere di essere in rapporto perché il matrimonio è sempre frutto della paura e del timore che ciò che ora è bello domani possa finire. Quindi scegliamo di mettere un sigillo, di stringere un cappio e mettere un collare al nostro partner, in modo da non farlo allontanare più della lunghezza del guinzaglio.

Dov’è l’amore?

Il problema è che spesso confondiamo l’amore con la necessità, l’amore con il possesso. Avere necessità dell’altro non è amore, altrimenti saremmo innamorati anche dell’aria che respiriamo!

Scegliere di rimanere in rapporto con l’altro è invece una scelta d’amore: si è in rapporto finché si ha qualcosa di bello da condividere. Se dovesse poi accadere che nel tempo le cose cambiano, perché le nostre strade mutano, perché i nostri sentimenti non sono più gli stessi, si dovrebbe poter scegliere, con la massima gratitudine per l’altro, di lasciarsi, anzi, per meglio dire, dovremmo decidere di lasciarsi andare ognuno per la propria nuova strada.

C’è una realtà che tutti ignorano, una semplice verità che è nascosta sotto cumuli di morale e obblighi: noi cambiamo.

Nessuno oggi può garantire all’altro che insieme si sarà felici per sempre, semplicemente perché le persone cambiano.

Dopo dieci anni tu sarai un’altra persona ed io sarò altrettanto un’altra persona. Quelle persone che dieci anni prima si erano innamorate non esistono più, sono scomparse nel fiume del tempo. Ciò non vuole necessariamente significare che non possiamo scegliere di restare ancora insieme, ma l’amore dovrebbe essere un continuo scegliersi tra gli altri, un rinnovarsi della voglia di stare insieme perché, mutando, abbiamo ancora molto di bello da condividere.

Il problema è che di solito, dopo molti anni, si finisce per rimanere aggrappati a una promessa fatta quando entrambi eravamo qualcos’altro: due individui che oggi non ci sono più!

Non bisognerebbe mai promettere per l’eternità perché è stupido, perché è falso, perché promettere l’eternità equivale a mentire, perché ciò che saremo domani ci è completamente nascosto.

Bisognerebbe dire “per il momento”, perché domani io potrei essere molto diverso, allo stesso modo tu, entrambi potremmo trovare qualcos’altro o qualcun altro con cui armonizzarci e crescere.

Il mondo è infinito e le emozioni sono sconfinate, perché chiuderle in qualcosa che si prova oggi? Bisognerebbe essere sempre aperti, pronti alle alternative che ci possano rendere più felici.

Ciò comporta però una grande maturità spirituale e ritorniamo al concetto con il quale ho aperto questa riflessione: dovremmo tutti imparare a stare bene con noi stessi, imparare a essere felici in compagnia e felici da soli. Dovremmo imparare a bastarci, noi non siamo la metà di nessuno, siamo individui completi, insieme ci possiamo esaltare ma mai completare, altrimenti quando il rapporto finisce ci facciamo abbattere dallo sconforto e dalla tristezza per la nostra condizione di persona incompleta.

Quando ci si lascia, non si soffre mai per la perdita dell’altro in quanto altro, piuttosto si soffre per la paura della solitudine e per il fatto di non riuscire più a tenere l’altro con noi, ci fa male immaginare l’altro felice con qualcun altro. Questo non è amore, è egoismo.

Come dice Osho: “Tenete le porte aperte, lasciate spazio a tutte le alternative”.

È il matrimonio a creare problemi, perché è qualcosa di innaturale, è un’istituzione terribile perché costringe le persone a essere false: nonostante col tempo siano cambiate, devono continuare a fingere che nulla sia cambiato.

Bisognerebbe scegliere giorno dopo giorno lo stare insieme, senza essere costretti da qualcosa molto più simile a un contratto di usufrutto che a una scelta d’amore.

Ecco perché, spesso, quando l’amore finisce, si sceglie di fare i figli: siamo partiti da soli, ci siamo messi in coppia, siamo tornati individui da soli e cerchiamo, nel poco spazio in cui siamo costretti a vivere, qualcun altro da far entrare per essere nuovamente in compagnia.

 


Curiosità statistiche

  • Le statistiche non lasciano dubbi, i matrimoni religiosi sono scesi dai 214.255 del 2000 ai 156.031 del 2008 [ISTAT]
  • Al Sud ci si sposa di più, ma ci si separa o divorzia anche in percentuale maggiore [2008 – ISTAT]
  • A Napoli ci si sposa di più [2008 – ISTAT]
  • Nel 1990 l’85% dei trentenni era sposato, nel 2008 la percentuale è scesa al 70% [ISTAT]






Massimo Petrucci
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One Reply to “L’aberrazione del matrimonio”

  1. Non ho nulla da aggiungere alle tue parole, la penso esattamente come te. Solo una cosa, forse: ci si sposa per i più svariati motivi che a volte non comprendono affatto l’amore. E’ un contratto, appunto, come hai già detto tu, seppure edulcorato dai vestiti della festa e dall’allegria degli invitati.

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