di Margherita Merone
Scrive san Paolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa e poi ai Dodici» (1Cor 15, 3-5). La fede nella resurrezione di Gesù è nata immediatamente, com’è possibile questo? L’evento può essere colto solamente nei suoi effetti. In base alle tradizioni che troviamo nei vangeli e secondo un testimone diretto come san Paolo, alcuni testimoni dicono di aver visto Gesù risorto. Le apparizioni di Gesù risorto non sono frutto di immaginazione o di uno stato psichico alterato, ma veri e propri incontri personali accaduti dopo la sua passione e morte.
Andiamo ad analizzare l’evento nel dettaglio attraverso lo studio degli storici e dei biblisti. La tomba dove è stato deposto Gesù viene trovata vuota, può essere questa una prova della sua resurrezione? La risposta degli studiosi non è quella che tanti si aspettano, infatti è negativa, il corpo poteva essere stato tranquillamente nascosto dai suoi discepoli o addirittura rubato. Oltretutto questa situazione, vista nel complesso, più che condurre alla fede avrebbe suscitato solo perplessità, sconcerto, non altro. È verosimile che alcune donne siano andate alla tomba per imbalsamare Gesù ed è così che hanno scoperto che il cadavere non c’era più? A favore della storicità di questi racconti nei vangeli si sostiene che nessuno avrebbe mai pensato di costruire una narrazione nella quale sono le donne ad essere le protagoniste, in quanto la loro testimonianza non aveva alcun valore legale. In realtà, la cosa non convince affatto. Si pensa, infatti, che al livello narrativo la presenza femminile sia necessaria dal momento che i discepoli erano tutti fuggiti. Oltretutto erano proprio le donne ad occuparsi del defunto e sempre loro ad intonare i lamenti funebri, ma non veniva loro chiesto di spostare le pietre né di aprire un sepolcro già chiuso.
C’è anche chi afferma che senza la tomba vuota non sarebbe stato possibile annunciare che Gesù era risorto. L’argomento però risulta debole, non era difficile prendere un cadavere e nasconderlo. Si suppone, invece, che il racconto della tomba vuota sorga in un contesto popolare nel quale la resurrezione del corpo era intesa materialmente e annunciare una resurrezione implicava la scomparsa reale del cadavere dalla tomba.
Seguiamo lo studio del biblista del nostro tempo Gerard Rossè. Il racconto della tomba vuota risulta inverosimile per alcuni aspetti. Consideriamo il punto di vista della tradizione. Non c’è nessuna formula di fede né tradizione che menzioni il fatto, con la sola eccezione del racconto nel vangelo di Marco (Mc 16, 1-8). Neanche san Paolo ricorda questo fatto nelle sue lettere.
Dal punto di vista storico ci sono molte altre questioni, quella più evidente è relativa all’idea di andare alla tomba per imbalsamare il corpo di Gesù che aveva già ricevuto le cure per essere sepolto. Gesù era stato già avvolto con bende e un lenzuolo (la sindone), pertanto l’idea di riaprire il sepolcro per imbalsamarlo appare una scelta non del tutto logica e piuttosto improbabile, per di più una profanazione. Ma la pietra era stata spostata, chi lo aveva fatto? L’evangelista Matteo sembrerebbe dare la risposta giusta, scrive, infatti, che è stato un angelo (Mt 28,2), che sta a significare che è stato Dio. Rossè fa notare, però, che il racconto regge dal punto di vista teologico, ma non nella realtà, perché l’evento in questione risulterebbe essere un miracolo non necessario e non degno di Dio. Per quanti non sanno che Gesù è risorto la cosa non suscita la fede piuttosto incertezza, dubbiosità; per coloro che invece sanno che Gesù è risorto non c’è bisogno di andare a controllare che il sepolcro sia vuoto.
Fondamentale è il punto di vista teologico dal momento che la resurrezione è da porre al momento della morte di Gesù come azione divinizzante del Padre che riempie di vita il Figlio che è morto sulla croce. Se pensiamo alla resurrezione legandola solamente alla scomparsa del cadavere non solo trascuriamo il significato teologico dell’evento, ma riduciamo il tutto alla sola condizione corporea, dunque prettamente antropologica.
Diamo anche un’occhiata al punto di vista narrativo nel quale emerge la proclamazione kerigmatica dell’angelo che non invita le donne a controllare se c’è ancora il corpo di Gesù nella tomba, ma a vedere che Gesù non è più lì. Il sepolcro vuoto fa, dunque, da sfondo all’affermazione che Gesù è risorto (Mt 28, 6). L’angelo, ossia la fede cristiana, annuncia alle donne, andate al sepolcro, che Gesù non è più lì dentro, è risorto, la morte è vinta.
Gesù risorto prende l’iniziativa, appare primariamente a Pietro e agli undici (Giuda si è ucciso dopo averlo tradito), questo dà all’evento valore fondativo. Appare, poi, ad altri seguendo l’elenco di Paolo e per ultimo anche a lui (1Cor 15, 5-8). Per questo carattere fondativo l’apparizione a Pietro e agli undici deve essere stata la prima anche in ordine cronologico. Nelle apparizioni Gesù Risorto non viene immediatamente riconosciuto, deve prima compiere un gesto, accennare qualche parola, fare qualcosa che rimanda, chi lo vede, alla sua esistenza prepasquale. Gesù risorto è identico a prima della morte, ma nello stesso tempo è ben altro. Una volta, però, che viene riconosciuto non ci sono più dubbi. Questi sono i tratti comuni presenti in tutti i racconti di apparizione, ma gli evangelisti descrivono in maniera differente le apparizioni del loro Maestro, c’è chi le pone in Galilea, chi in Giudea. Si tratta con molta probabilità di racconti tardivi, ricchi di teologia, che contengono intenti apologetici e catechetici in quanto vogliono presentare il fondamento della fede cristiana, la legittimità della missione apostolica, il dono dello Spirito Santo, la presenza di Gesù tra noi, ecc. Viene messa in evidenza non solo la realtà della sua resurrezione quanto la realtà corporea della stessa, questo contro quelli che attribuivano all’evento una visione solamente spirituale.
Le apparizioni vengono distinte in private, alle donne, ai discepoli di Emmaus, a Maria di Magdala e apparizioni di carattere ufficiale, fondativo, quella a Pietro e agli Undici. È legittimo chiederci: dove appare prima Gesù, in Galilea o a Gerusalemme? Nel passato si pensava che le prime apparizioni fossero avvenute a Gerusalemme, ma dopo un attento studio si pensa ora che abbiano avuto luogo in Galilea, prima a Pietro da solo, poi collettivamente insieme agli undici. Dunque è proprio in Galilea che nasce la fede cristiana. Successivamente i discepoli sono tornati a Gerusalemme, per questo motivo ha prevalso la tradizione delle apparizioni avvenute a Gerusalemme rispetto a quella galilaica. Gerusalemme infatti è il luogo della passione, morte e risurrezione di Gesù, mentre la Galilea rimanda ad una regione di fuga e disgregazione. Gerusalemme diventa il luogo della nascita della fede e della chiesa, per questo l’evangelista Luca sposta le apparizioni con valore fondativo dalla Galilea a Gerusalemme, rimanendo fedele all’impostazione storico salvifica del suo vangelo.
Gesù è apparso. Si tratta di percezione visiva, infatti questo verbo appartiene al linguaggio visuale. Gesù è stato realmente visto, non si parla di un’apparizione interiore, di un’intuizione, né di illuminazione. Il Risorto che siede alla destra del Padre, in modo inatteso e sbalorditivo, si è mostrato ad alcuni testimoni altamente qualificati. Si tratta di un vedere di alto valore teologico, è un’espressione di fede. Questo significa che sapere come si sono svolte le apparizioni è impossibile.
Scrive san Paolo ai Corinzi, trasmettendo quanto ha ricevuto, che Gesù è apparso a Pietro, agli Undici, a più di cinquecento fratelli, a Giacomo, e in ultimo a lui come ad un aborto (1Cor 15, 1-8). In quanto fariseo e persecutore della chiesa Paolo sapeva di non essere degno di una tale rivelazione da parte di Dio, che gli ha rivelato suo Figlio, crocifisso e risorto. Il Risorto sarebbe apparso, dunque, ad un uomo da considerare un aborto, qualcosa privo di vita.
La cosa che penso sia veramente importante è che un tale potente incontro con Cristo, iniziativa che non parte da noi, non è un dono dato esclusivamente a Paolo, ma può arrivare a chiunque, senza che ne sia degno e senza esserci necessariamente una percezione visiva, perché i frutti della grazia divina nascono anche su un terreno arido.
Qui accanto, Cristo risorto, opera di A. Ballan
Al centro, mosaico di Vincenzo Greco
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