di Margherita Merone
Le opere di misericordia corporali sono sette: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, alloggiare i pellegrini, vestire gli ignudi, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti.
Da sempre la chiesa promuove e pratica le opere di misericordia, ancora prima che venissero definitivamente formulate. Gli evangelisti ne riportano spesso la pratica, basta leggere gli Atti degli Apostoli dove i diaconi ricevono l’incarico di servire gli emarginati (At 6, 1-6), o la lettera in cui san Paolo si rivolge a Timoteo e gli raccomanda, per aiutare ed assistere chi ha bisogno, di chiamare delle vedove (1Tm 5, 9-10).
Una delle prime espressioni di misericordia è stata l’elemosina, ritenuta da tanti scrittori cristiani il modo più efficace per avere il perdono dei peccati, considerata superiore al digiuno, perfino alla preghiera.
Si raccomandava di fare sempre opere di misericordia per vari motivi, tra i principali, la remissione dei peccati – ringraziando Dio, che si mostra sempre benevolo verso tutti, anche se peccatori – subito dopo, la sicurezza della vita eterna, ed infine, la certezza che le preghiere venissero sicuramente ascoltate. Pertanto, da sempre, c’è stato l’impegno di mettere in atto, senza stancarsi e senza venir meno dal compierle, queste opere.
Nel Medioevo tanti monasteri divengono centri di assistenza; accolgono pellegrini, viaggiatori, persone bisognose, i monaci si danno da fare, si mettono completamente al loro servizio con vero spirito di amore fraterno e fanno in modo che tutti possano star bene. I laici non sono da meno, in poco tempo sorgono parecchie associazioni laicali, iniziando da Napoli, poi in Toscana. Anche la Spagna, la Francia, tante sono le città italiane ed europee che si attivano, la misericordia si espande e lo scopo è per tutti uguale: assistere, aiutare, prodigarsi in tutti i modi per soddisfare qualsiasi necessità. Nascono ospedali e tanti lavorano anche solo come volontariato.
Dare da mangiare agli affamati. Basta pensare a Gesù, alla moltiplicazione dei pani, che hanno saziato cinquemila persone e sono anche avanzati. Gesù predicava alle folle poi condivideva il pasto con loro; non si può rimanere indifferenti di fronte a qualcuno che ci chiede qualcosa da mangiare.
Dare da bere agli assetati. Per capire l’importanza di questo gesto basterebbe sapere quanto è importante per il corpo umano il bisogno di acqua. Alla nascita il nostro corpo ha acqua al 90 per cento, poi diminuisce col tempo, ma questo è quanto basta per capire che l’acqua è fondamentale per vivere.
Alloggiare i pellegrini. Gesù ripeteva continuamente di essere accoglienti, di prendersi cura degli altri, di provvedere alle necessità di chi ha bisogno, senza fare nessuna distinzione, perché la misericordia ha come fondamento il suo comandamento che ci invita ad amarci gli uni gli altri.
Vestire gli ignudi. Coprirsi è segno di dignità. Nel libro della Genesi, Dio, dopo il peccato di Adamo ed Eva e il conseguente castigo, fa seguire subito un gesto di misericordia, copre di vesti i loro corpi nudi.
Visitare gli infermi. Nei tre vangeli sinottici osserviamo che il primo miracolo di Gesù è la guarigione di un malato. Questa preoccupazione per chi non sta bene e ha bisogno di assistenza è rilevabile anche nei discepoli e in Maria che va a trovare la cugina Elisabetta incinta, per aiutarla nelle sue necessità quotidiane. Il diaconato istituito dai dodici consiste nella diaconia, nell’essere a servizio dei poveri e nel provvedere alle esigenze delle persone. Orfani, anziani, vedove sono quelli considerati più deboli e più bisognosi di cure; nei diaconi trovano comprensione, sensibilità, pazienza, cura e amore. Crescono velocemente tanti centri di ospitalità, che successivamente saranno chiamati ospedali. Tanti monasteri cominciano a costruire delle strutture sanitarie, luoghi dove poter studiare medicina, e produrre medicine con alcune erbe, che saranno prodigiose per curare diverse malattie. C’era, in particolare, il problema delle malattie contagiose, come la lebbra; per questo, onde evitare che ci fossero persone emarginate, portatrici delle più brutte infezioni, si costruirono ospedali specifici per i lebbrosi.
Visitare i carcerati. Da sempre i cristiani visitano i carcerati, basta pensare al periodo delle persecuzioni. Quando qualcuno veniva preso e incarcerato ci si adoperava per liberarlo. I primi cristiani avevano bene in mente che anche Gesù era stato prigioniero. Era considerato il minimo andare a trovare chi era detenuto, si pregava e si chiedeva per lui la benedizione. Era pensiero comune considerare i cristiani carcerati, non solo bisognosi di affetto e premure, ma persone di grande coraggio.
Seppellire i morti. Fin dall’inizio, i cristiani hanno sempre seppellito i morti, non era praticata la cremazione. I pagani vivevano il momento della morte dei loro cari con lamenti e pianti di dolore, i cristiani, invece, pregavano a bassa voce e recitavano i salmi. Lavavano il corpo del defunto, lo imbalsamavano, lo avvolgevano con bende di lino poi lo vestivano con gli abiti che gli competevano secondo lo stato sociale. Seguiva la veglia durante la quale erano poste intorno al defunto tante candele per simboleggiare la luce eterna verso la quale era diretto. Al termine della veglia si faceva la processione funebre in tono solenne e tutti cantavano i salmi con grande gioia. Si celebrava l’eucaristia a volte in chiesa, a volte direttamente sulla tomba. Se qualcuno voleva poteva fare un piccolo discorso, per commemorare il defunto, sottolineando le grandi gesta compiute. Il giorno della morte era considerato dai cristiani veramente importante, il dies natalis, il giorno della nascita ad una nuova vita. Spesso, infatti, la commemorazione avveniva non nel giorno del suo compleanno, ma in quello della sua morte.
Si dice che la misericordia è il cuore del cristianesimo, questo certamente, ma dovrebbe essere l’atteggiamento di ogni persona, perché è fondamentale la solidarietà, l’aiuto reciproco, la fraternità tra gli esseri umani. In loro assenza crescono ovunque l’ingiustizia, la cattiveria, l’indifferenza. Cristo ha parlato con semplicità, ci ha chiesto di stare in guardia, di osservare, di non chiudere gli occhi davanti alle necessità degli altri. Partire da qui, nel presente: solo così nel futuro potremmo sperare in una trasformazione nei comportamenti di chi ci sta intorno, da quelli più vicini a noi, ogni giorno, a quelli lontani, che prima o poi potremmo anche incontrare lungo il sentiero della vita.
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