di Margherita Merone
Qualcuno ha scritto l’elogio della follia, io cerco di buttar giù un elogio del perdono. C’è qualcosa che lega i due? Se osservo la realtà quotidiana trovo che sia una follia parlare del perdono tanto da esaltarlo. Sicuramente ne abbiamo bisogno ma a volte viviamo facendo l’esatto contrario: pochi lasciano correre un torto subito, un’offesa, un contrasto qualunque esso sia, dimenticando l’accaduto, superando qualsiasi risentimento fino a tornare alla “tabula rasa”.
Non c’è un luogo protetto dove poter stare sicuri, guai a fare qualcosa che contrasta il mondo, si viene perseguitati più che perdonati. È anche vero che non abbiamo le idee chiare e ognuno intende il perdono come vuole; mancano le coordinate di riferimento, eppure qualcuno, tempo fa, ci ha spiegato qualcosa di grande al riguardo che abbiamo dimenticato, l’abbiamo sentito ma non ascoltato o forse non ne abbiamo avuto notizia. E così accade spesso che si parta da una cosa piccola che ci ha ferito, ce la incolliamo addosso piuttosto che gettarla via subito, la facciamo diventare sempre più grande, la spingiamo oltre; così invece che perdonare, la cosa migliore per recuperare serenità, ci lasciamo andare alla collera, alla durezza del cuore, al risentimento, al disprezzo, all’odio. A volte parte una valanga che ricopre ogni cosa provocandone la morte. A quel punto non serve più il discernimento, non c’è la svolta nella luce.
Sarebbe opportuno agire da animali razionali applicando quanto Gesù ha detto in un tempo lontano, nel quale si viveva comunque degli stessi problemi dato che da sempre l’uomo ha difficoltà a rinunciare a punire, a perdonare un torto ricevuto.
“Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: ‘Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte’. E Gesù gli rispose: ‘Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette’” (Mt 18,21-22). Queste sono le parole di Gesù. Non nascondo che mi chiedo spesso se hanno ancora senso per qualcuno. Certamente sì. L’atto di perdonare presuppone un cuore buono, pazienza, riflessione, sani criteri di valutazione, l’ascolto e la comprensione profonda di ciò che Gesù ha detto. Tante volte mi sono trovata di fronte a situazioni che vertono a sfavore di un elogio del perdono, più corretto sarebbe parlare di elogio della vendetta, che non lascia spazio ad un’altra alternativa: tutto ci infastidisce, i sentimenti sono contrastanti, qualsiasi proposito buono finisce in fondo al mare e si producono conseguenze negative.
Mi sono chiesta tante volte se è davvero soddisfatto colui che non perdona e se ne vanta pure, ritenendo la sua scelta un atto di grandezza, di forza, piuttosto che di stupidità, perché essere indulgenti, perdonare, è quanto di più alto e dignitoso si possa realizzare e se ne vedono gli effetti. L’esaltazione si raggiunge quando si perdona senza segnarlo alla lavagna ma perdendo il conto. Gesù pone dei numeri la cui somma va oltre le aspettative umane, settanta volte sette, all’infinito, senza resistenza, ripensamento, perdita di tempo per valutare se sia giusto o meno. È il perdono in senso assoluto.
Cosa proporrebbe Gesù se fosse ora tra noi? Direbbe la stessa cosa usando le categorie linguistiche di oggi, cambierebbe il dato numerico, porrebbe condizioni diverse? Sono sicura che non cambierebbe una virgola, ci lascerebbe liberi e in questo ci esalta, ritenendoci capaci di non deludere le sue aspettative.
Perdonare mi fa pensare ad un uccellino che decide di volare alto sentendosi libero di farlo, fino al massimo che può così come noi potremmo spingerci oltre, verso la via della perfezione cristiana. Importante è il discernimento che deve essere impregnato di un sentire spirituale forte e consapevole, intriso di una preghiera profonda e matura.
Attraverso il perdono si diventa strumenti di pace portando l’amore dove manca, l’unione dove c’è contrasto, la luce dove c’è l’oscurità. San Francesco pregava: “Che io non cerchi tanto di essere consolato quanto di consolare. Di essere compreso quanto di comprendere. Di essere amato quanto di amare. Infatti, donando si riceve. Dimenticandosi si trova comprensione. Perdonando si è perdonati”.
Bisogna osare…perdonare!
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