Lutero: sacerdozio universale dei battezzati e ministero ordinato

 

di Margherita Merone

 

Il termine greco hiereus (sacerdote) che troviamo nel Nuovo Testamento (in latino sacerdos) non indica un ministero nella comunità cristiana, anche se San Paolo, nella lettera ai Romani, parla del proprio ministero definendolo come quello di un sacerdote. È Cristo l’unico sommo sacerdote.

Lutero considera la relazione tra i credenti e Cristo come un “admirabile commercium” (felice scambio), ossia chi crede partecipa delle proprietà di Cristo, pertanto, anche del suo sacerdozio. Tutti i credenti, dunque, tutti i battezzati sono re e sacerdoti, come leggiamo nella prima lettera di Pietro: «Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa» (1P 2,9). Se però nell’ottica di Lutero tutti i cristiani sono sacerdoti, non tutti sono ministri. Il ministro deve avere certamente un contesto ecclesiale e un ufficio che gli viene destinato. Sono questi i compiti insieme alla vocazione a rendere qualcuno un pastore e un predicatore.

L’idea di Lutero, che tutti i cristiani sono sacerdoti, era in contrasto con l’ordinamento della società esistente nel medioevo. Secondo Graziano (giurista, fondatore del diritto canonico) c’erano due tipi di cristiani, i laici e i chierici. Chiaramente con la dottrina del sacerdozio universale Lutero abbatte il fondamento di questa divisione. Egli, poi, intende l’ufficio del ministero ordinato una diaconia, un servizio rivolto a tutta la chiesa. I pastori sono ministri. Inoltre, questo ufficio non entra in competizione col sacerdozio di tutti i battezzati, piuttosto è al loro servizio; in questo modo i cristiani sono sacerdoti gli uni per gli altri.

Il ministero ordinato è dato per istituzione divina o si tratta di un mandato umano? Questa la domanda che da tempo era al centro della teologia luterana. Lutero parla di pastorato istituito da Dio, per reggere una comunità con i sacramenti e la predicazione. Considera questo ufficio fondato sulla passione e morte di Cristo, è dalle sue ferite che sgorgano i sacramenti. Afferma ancora che, a caro prezzo, abbiamo acquistato questo ministero in virtù del quale si predica, si perdonano i peccati, si battezza, ovunque, in tutto il mondo; si fa questo e altro, tutto, per la salvezza delle anime. Risulta chiaro, così, il punto di vista di Lutero, l’ufficio dei ministri ordinati è stato istituito da Dio stesso. Nessuno può farlo da sé, si deve essere chiamati.

Dal 1535 le ordinazioni venivano amministrate a Wittenberg. I candidati prima erano esaminati con cura, poi si procedeva con l’ordinazione, sempre aLutero Wittenberg, per entrare al servizio di una particolare comunità. Le ordinazioni avvenivano con la preghiera e l’imposizione delle mani. Si pregava che Dio mandasse operai nella sua messe e si pregava lo Spirito Santo: dunque era Dio l’artefice dell’ordinazione. L’incarico missionario era pronunciato con le parole della lettera di Pietro: «Pascete il gregge di Dio che vi è stato affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1Pt 5, 2-4).

Dal momento che Lutero dava di un sacramento una definizione più riduttiva di quanto fosse comune nel medioevo e poiché percepiva il sacramento cattolico dell’ordine sacro principalmente al servizio della pratica del sacrificio della messa, smise di considerare l’ordinazione un sacramento. L’amico Melantone (umanista e teologo, grande protagonista della Riforma protestante) affermava che se l’ordine fosse stato inteso a partire dal ministero della Parola, sarebbe stato visto come un sacramento.

I vescovi si rifiutavano di ordinare quelli che condividevano le idee della Riforma, così i riformatori amministravano l’ordinazione direttamente per mezzo dei sacerdoti (pastori). Il punto problematico per i riformatori era scegliere tra conservare l’ordinazione dai vescovi e la fedeltà a ciò che consideravano la verità del Vangelo. I riformatori seguitavano, comunque, ad amministrare l’ordinazione perché avevano letto nelle Sentenze, trattato di teologia di Pietro Lombardo, che i canoni della chiesa riconoscevano due ordini sacramentali, il diaconato e il presbiterato e, in particolare, che la consacrazione a vescovo non dava di per sé nessun carattere sacramentale.

Lutero e i riformatori sostenevano che vi è un solo ministero ordinato, un ufficio che ha per compito quello di annunciare il Vangelo. Tuttavia, fin dall’inizio, si stabilì una differenziazione in questo ufficio. Infatti, dopo le prime visite pastorali si creò l’ufficio del sovrintendente, che aveva come compito quello di sorvegliare i pastori, in particolare sull’insegnamento.

Il dialogo cattolico-luterano ha messo in evidenza non pochi punti in comune, uno di questi la convinzione unanime riguardo l’origine divina – affermando che Dio ha istituito questo ministero, necessario per la chiesa – così come alcune differenze nella teologia e in particolare nella forma istituzionale del ministero ordinato; tra queste c’è l’ordinazione delle donne, presente in molte chiese luterane.

È certamente vero che la responsabilità e soprattutto la dignità dei battezzati non fu messa in rilievo nel tardo medioevo; di questa si interessò il Concilio Vaticano II che presentò la teologia della chiesa pensandola come popolo di Dio, affermando che fra tutti i battezzati c’è uguale dignità nell’essere e nell’agire, perché tutti devono impegnarsi per edificare il corpo di Cristo. Inoltre, nel dialogo tra cattolici e luterani si è rilevato che all’inizio il rapporto tra presbiteri e vescovi non era inteso come, successivamente, nel Vaticano II; l’ordinazione al tempo della Riforma va pertanto considerata in riferimento a quel periodo.

Alla fine, c’è da fare una valutazione, sostenendo che, lungo la storia, l’ufficio ministeriale luterano ha adempiuto al suo compito di mantenere la chiesa nella verità, per questo, per quanto ci possano essere incomprensioni, il dialogo c’è e rimane aperto.  

 

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