Madri, volete dare il vostro cognome al bimbo? Dovete… fare in fretta!

bambino cognome madre

Se la madre è certa ma il padre, per ovvi motivi, non lo è, perché mai si dà il cognome del padre invece di quello della madre al nascituro? Sarebbe più logico il contrario, non trovate? Per dare risposta al quesito, ho iniziato a fare un po’ di ricerche, iniziando dall’origine dell’uso del cognome, e le cose che ho trovato sono davvero interessanti se non assurde.

 

Origini dell’uso del cognome

All’inizio era il nome… e non il verbo, anche perché sarebbe stato complicato chiamare con un verbo le persone: «Ehi, tu, Avere, vieni qui. Hai visto Essere da qualche parte?». Troppo complicato. Nei tempi arcaici si usava solo il nome, ma già verso la fine della Repubblica Romana (siamo tra il 509 e il 27 a.C.) si prese l’abitudine della tria nomina ovvero di darsi tre nomi: preanomen, nomen cognomen.

Il preanomen era il nome come lo consideriamo noi, il nomen è ciò che oggi consideriamo il cognome e il cognomen era inteso più come un nomignolo, un soprannome, che si dava alla persona oppure alla famiglia. Mi viene in mente il nomignolo dato, per antifrasi, alla famiglia Toscano: I Malavoglia (Verga).

Con la caduta dell’Impero Romano, si regredisce anche sul fronte dei nomi e cognomi, infatti si torna all’uso del solo nome, ma con lo sviluppo demografico, avvenuto in Europa tra il 900 e il 1000 d.C., divenne davvero complicato individuare una persona utilizzando il solo nome.

Nel periodo medievale si assiste anche a un fenomeno molto particolare: la registrazione nelle corporazioni municipali di coloro che fuggivano dallo stato di servo della gleba per andare a vivere in città e rifarsi una vita da liberi. Per comprendere meglio, vi racconto l’usanza: il servo rurale (detto anche servo della gleba) era una particolare condizione sociale che legava a vita i contadini a un determinato terreno ovvero il latifondo che apparteneva a un proprietario terriero. Gleba, infatti, viene dal latino e vuol dire propriamente zolla di terra. Si era servi della gleba per nascita e, senza il consenso del proprietario terriero, non si poteva sottrarsi a questa condizione. Tuttavia, e qui torniamo all’argomento, se un contadino servo rurale riusciva a scappare e sottrarsi per un anno solare al suo padrone, acquistava lo stato di uomo libero. Succedeva, quindi, che quando costoro si recavano in città per registrarsi nella corporazione, al nome aggiungevano una caratteristica che poteva essere la provenienza (generica, ad esempio “Dal Bosco”, “Dal Monte”) oppure una caratteristica fisica (Rosso, Mancino, Gambarotta), ma anche il mestiere (Ferraro, Sella, Oliva). Con il passare del tempo il nomen e il cognomen divennero sempre più simili fino a inglobarsi l’uno nell’altro.

 

Questa è storia; ora veniamo al presente e alla domanda iniziale: perché al nascituro si dà il cognome del padre e non quello della madre (unica certezza naturale)?

 

Tempi moderni e legislazione sul cognome

Prima di tutto iniziamo a capire perché mai la donna, una volta coniugata, prende il cognome del marito. Senza entrare troppo nel merito, vi dico che l’articolo 143-bis del Codice Civile prevede che: «la moglie aggiunga al proprio cognome quello del marito», quindi la normativa vigente permette che la moglie conservi il suo cognome di nascita, tuttavia questa aggiunta resta solo teorica, considerato che non viene riportata in nessun documento ufficiale. Perché?

In Italia i figli di coppie legalmente sposate prendono il cognome del padre, in Spagna, come nei paesi ispano-americani, i figli assumono il primo cognome del padre e il primo della madre. In Brasile e in Portogallo accade il contrario: i figli prendono, nell’ordine, l’ultimo cognome della madre e l’ultimo del padre. Quindi il cognome del marito (o padre) in un modo o nell’altro passa sempre. L’unico paese in cui le cose funzionano diversamente è il Giappone dove si prende il cognome della madre, ma, volendo, anche quello del padre, la scelta è libera.

Allo stato attuale, in Italia, è possibile modificare il cognome, ma sappiate che la burocrazia è spinosa.

In estrema sintesi il d.P.R. 396 del 2000 consente:

  • Il cambio del nome e/o del cognome se questi sono ridicoli o vergognosi.
  • Il cambio del nome o l’aggiunta di un altro nome al proprio.
  • Il cambio del cognome o l’aggiunta di un altro cognome al proprio.

In ogni caso il cambio del cognome, se non ridicolo o vergognoso, è una procedura complessa e deve avere validi motivi. La richiesta va fatta al Ministero dell’Interno, su carta bollata, per tramite del Prefetto della provincia del luogo di appartenenza.

Attenzione! C’è una cosa da chiarire, cosa a dir poco curiosa: nessuna norma sancisce il diritto del padre di attribuire il proprio cognome al figlio, ma è tutto frutto di una secolare consuetudine.

Secolare consuetudine? Il diritto romano, anche se considerava il matrimonio in modo molto moderno come l’unione di due persone che si scelgono reciprocamente e liberamente, non ha mai completamente dato alla donna uguaglianza con l’uomo. Infatti la podestà sui figli spettava comunque al padre. Con la Rivoluzione Francese si sancisce nel 1865 un modello di famiglia imperniato sulla figura del marito-padre, in cui la donna aveva pochi diritti e quei pochi erano comunque sotto la gestione del marito (bisogna aspettare il 1919 per vedere cambiare qualcosa, in Francia, in Italia il 1943).

Ecco quindi che si spiega, sinteticamente, il motivo per il quale vige l’usanza di trasmettere il cognome del marito non solo alla moglie ma anche alla prole.

 

Però so a cosa state pensando: ancora vi rimbalza nella mente la frase poco più sopra: nessuna norma sancisce il diritto del padre di attribuire il proprio cognome al figlio. Anch’io quando ho fatto questa “scoperta” sono rimasto stupefatto. L’articolo 262 del Codice Civile, relativo all’acquisizione del cognome, recita: «il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre. Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del padre».

Capito? Questo vuol dire che l’unica speranza per madre che vuole dare il suo cognome al figlio è riconoscerlo prima del marito! Salvo poi che il marito può riconoscerlo anch’egli e aggiungere il suo cognome oppure, legalmente, chiedere la sostituzione del solo suo a quello della moglie, in barba alla tanto millantata uguaglianza!

 

Massimo Petrucci
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