di Margherita Merone
Qualche giorno fa, sfogliando un libro di storia dell’arte studiato al liceo, mi ha colpito un quadro di Giovanni Francesco Barbieri – un pittore del Seicento chiamato il Guercino per via del suo strabismo – ovvero il famoso Cristo che appare alla Madonna, realizzato nel 1629. Questo dipinto mi ha fatto riflettere: generalmente nel culto mariano pensiamo alla Madonna come a colei che ha seguito la passione del Figlio fino ai piedi della croce, ma difficilmente la consideriamo la prima testimone della risurrezione del Figlio.
Sono andata a documentarmi per avere qualche notizia in più; nel vangelo infatti sono riportate diverse apparizioni, ma non si fa menzione di una apparizione del Figlio risorto a sua madre.
A essere sincera, ho sempre trovato strano che gli evangelisti avessero omesso l’incontro tra la madre e il figlio dopo la resurrezione. Quale potrebbe essere il motivo? Riportare l’episodio poteva sembrare una testimonianza costruita – ovviamente di parte – e dunque poco credibile soprattutto da parte di quanti negavano la resurrezione? Comunque siano andate le cose e pur non avendo certezze in proposito, non è proprio possibile pensare che il volto di Maria non sia stato il primo a illuminarsi della gloria del Risorto; Maria non era una delle tante pie donne che seguivano Gesù, era sua madre.
I Padri della chiesa non hanno mai avuto dubbi al riguardo: in effetti sembra poco probabile, se non impossibile, che Gesù si sia mostrato ad altre persone e non a Maria. Sono concordi, infatti, nel ritenere che la Madonna non solo sia stata la prima a credere che il Figlio fosse risuscitato, ma anche la prima ad averlo visto risorto. Maria è la madre che lo ha sentito dentro di sé, lo ha nutrito, si è presa cura di lui, lo ha seguito come una discepola, lo ha visto patire atroci sofferenze e morire, lo ha accarezzato e pulito dopo essere stato deposto dalla croce, prima di essere messo nel sepolcro; è ragionevole credere che sia stata la prima a vivere la gioia della risurrezione, la sublime contemplazione del Figlio. Certamente non ha avuto bisogno di vedere il sepolcro vuoto.
Guardando il quadro del Guercino per un attimo immagino quella scena come reale: Maria che incontra il figlio risorto, tocca il suo corpo, le sue piaghe ben visibili, lo guarda con quella dolcezza che è tipica di ogni madre; nel suo sguardo la felicità di vedere che suo figlio non appartiene alla morte, ma alla vita. Lo osserva, vive contemplando il Figlio che, a sua volta, guarda con attenzione e dolcezza colei che lo ha generato, poggiandole una mano sulla spalla. Il Figlio, vero Dio e vero uomo, si mostra alla madre in tutta la sua maestà. Sono colpita dalla bellezza dei loro sguardi pieni di luce e vita; l’uno guarda l’altro, c’è intesa, c’è tanto amore senza tempo. È vero che nel vangelo questa scena non esiste, o forse è stata omessa volutamente dagli evangelisti, ma nonostante tutto non si può pensare che le apparizioni rimangano una prerogativa delle donne che all’alba sono andate al sepolcro, dei Dodici, dei discepoli o di tante altre persone, come è facile immaginare.
Il papa san Giovanni Paolo II, in un’udienza generale nel maggio del 1997, affermò che è assolutamente verosimile che Maria sia stata la prima persona a vedere Gesù risorto; d’altra parte fa notare come, nel vangelo, siano senza dubbio le donne le prime testimoni del sepolcro vuoto. È dunque naturale ritenere che l’unione tra la madre e il figlio non sia venuta a mancare dopo la risurrezione. Sosteneva, inoltre, che la presenza della Madonna durante la passione, sotto la croce, il dolore infinito che sopporta con fierezza, sono tutti momenti che rivelano il carattere unico, la speciale, intensa, profonda partecipazione di Maria al mistero della resurrezione. Non c’è ragionevolezza nel pensare che alla madre, in quanto modello e immagine della chiesa, sia mancato un contatto personale col Figlio risorto, come durante la vita. La madre non ha smesso di seguirlo, per questo ha vissuto la pienezza della gioia pasquale, dalla morte alla vita. Sempre il santo Padre affermava che, proprio per la sua presenza sul Calvario (Gv 19,25) e nel cenacolo a Pentecoste (At 1,14), Maria è stata la testimone privilegiata della risurrezione, ha partecipato pienamente a tutti i momenti essenziali di Pasqua. In questo modo, nell’accogliere Gesù risorto dai morti, la Madre di Gesù diventa segno dell’umanità che spera nel pieno raggiungimento della sua realizzazione, nel futuro dei tempi, con la resurrezione dalla morte.
C’è nella Costituzione dogmatica sulla chiesa Lumen gentium un capitolo intero dedicato alla Madonna, in cui si mostra come sia stata fondamentale la presenza di Maria nei momenti più importanti del ministero messianico del Figlio; Ella ha cooperato alla missione di salvezza con la fede, la speranza, la carità e l’obbedienza. Tutto inizia nell’evento dell’incarnazione con il suo fiat, in cui offre, nella libertà e in piena volontà, il suo grembo per accogliere il Figlio di Dio; poi durante il ministero pubblico, fino alla pasqua dove è Gesù stesso, prima di morire, a donare all’umanità sua madre. Maria è madre della chiesa, madre di tutto il popolo di Dio. È presente nella Pentecoste, in attesa dello Spirito Santo promesso dal Figlio che è presso il Padre. È la regina dell’universo, assunta in cielo in corpo e anima per essere conforme al figlio.
Durante il tempo di pasqua si innalza a Maria un canto di gioia che inizia con “Regina coeli, laetare, alleluia” (Regina del cielo, rallegrati): tutti si rallegrano perché Cristo è risorto e Lei lo sa bene perché lo ha visto in tutto il suo ineffabile splendore di Figlio del Padre.
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