di Margherita Merone
Martin Lutero nacque ad Eisleben nel 1483 e morì nella stessa città nel 1546. Teologo tedesco, fu l’iniziatore della Riforma protestante e la sua dottrina teologica venne definita luteranesimo. C’è chi lo ha presentato come una persona rigorosa, di grande preghiera, con una spiritualità intensa carica di fervore e chi lo ha considerato un monaco apostata che ha corrotto i costumi morali, la religiosità, la spiritualità: in buona sostanza la figura di chi viene definito eretico.
L’interesse per Lutero, personaggio che incontra generalmente consenso o fastidio ma che io trovo di grande fascino – cresciuto in un ambiente cattolico, uomo tormentato e spesso frainteso – è aumentato nel momento in cui ho deciso di frequentare alcune lezioni che hanno per tema la Riforma protestante, rendendo presente quel passato che, benché per alcuni sia da dimenticare, è importante ora recuperare e ben interpretare in vista di un sempre più costruttivo dialogo ecumenico.
Prima di tutto si deve fare chiarezza sul significato del termine “riforma”, iniziando col dire che la “reformatio” si riferisce all’idea di cambiamento di una situazione presente che è vista come negativa e che si spera ritorni al tempo passato ritenuto decisamente migliore e positivo. Questo termine fu utilizzato nel Medioevo all’interno di ordini monastici che attuarono riforme per evitare – o nel caso contrastare – il rilassamento della disciplina, allo scopo di tornare alla vera vita religiosa. Col passare del tempo la necessità di una riforma fu applicata alla chiesa e proprio questa reformatio divenne uno dei tanti obiettivi dei vari concili ecclesiastici e delle diete, le assemblee del Sacro romano impero. Se arriviamo alla fine del XV secolo l’idea di una possibile riforma interessava tanto il governo quanto l’università.
Lutero utilizzò raramente questo concetto, se ne servì per parlare del bisogno di una riforma nella chiesa o per migliorare l’ordinamento nelle università. Il termine Riforma in seguito evidenziò gli eventi storici dal 1517 al 1555, nello specifico, dalla diffusione delle 95 tesi di Lutero fino alla pace di Augusta. La teologia di Lutero in quel preciso momento storico innescò non pochi problemi che ben presto andarono ad intrecciarsi con la cultura, la politica, l’economia, indicando che l’idea di una riforma interessava vasti ambiti.
Cosa scatenò la Riforma? La controversia sulle indulgenze. Era il 31 ottobre 1517 quando Lutero inviò le sue 95 tesi dal titolo ”Disputa sull’efficacia e il valore delle indulgenze”, alla fine di una lettera indirizzata all’arcivescovo Alberto di Magonza, nella quale manifestava seria preoccupazione riguardo la predicazione e la pratica delle indulgenze, esortandolo ad un controllo e a prendere i dovuti provvedimenti, mettendo in atto nel caso alcuni cambiamenti. Quando affisse le tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg la sua intenzione era quella di creare la possibilità di una discussione accademica su alcune questioni che non erano state risolte riguardanti proprio la pratica allora comune delle indulgenze.
Le indulgenze al tempo di Lutero svolgevano nell’ambito della religiosità un ruolo decisamente non indifferente. Ma cosa si intendeva per indulgenza? La remissione di una pena temporale per tutti i peccati la cui colpa era stata comunque già perdonata. L’indulgenza era ricevuta in base a condizioni ben determinate, elemosina, gesti di carità, anche con la preghiera e l’azione della chiesa, considerata in grado di applicare a chi si pentiva il tesoro proveniente dalla soddisfazione offerta da Cristo. Il punto di vista di Lutero al riguardo era fortemente negativo tanto da considerare la pratica delle indulgenze come estrinseche alla spiritualità cristiana, riflettendo se davvero fossero in grado di eliminare le pene inflitte da Dio; e tra i tanti altri interrogativi che derivavano, se il denaro dato al fine di purificare l’anima non sarebbe stato meglio consegnarlo ai poveri. Andando oltre, si poneva domande sulla natura del tesoro della chiesa in base al quale essa si sentiva nel diritto certo e indubitabile di offrire l’indulgenza.
In poco tempo le tesi si diffusero in tutta la Germania creando scompiglio e la pratica delle indulgenze cominciò a vacillare. Nei riguardi del monaco agostiniano Lutero si cominciò a parlare di eresia, con suo grande stupore, a motivo del fatto che le sue tesi, dal suo punto di vista, avrebbero dovuto avviare semplicemente una speculazione accademica. La Chiesa di Roma non tardò a manifestare la sua preoccupazione a livello dottrinale, ma soprattutto vedeva minacciata l’autorità del papa. Lutero fu convocato a Roma per esporre la sua visione teologica davanti al tribunale ecclesiastico: alla fine gli fu chiesto di ritrattare ogni cosa poiché in caso contrario sarebbe stato messo al bando, arrestato, dichiarato eretico, infine scomunicato. Lutero, tra le altre cose, si dichiarava in accordo con la chiesa di Roma e fu deciso nel comunicare che non avrebbe mai ritrattato nulla, a meno che non gli fosse mostrato che era chiaramente in errore.
Col passare del tempo la teologia di Lutero andò diffondendosi creando nuovi argomenti di controversia e per quanto lottasse per difendere la propria posizione, la dichiarazione di “eresia” era sempre più scontata. A Roma il processo continuava e fu papa Leone X a proteggere la Scrittura, a sostenere l’ortodossia: con la pubblicazione della bolla “Exsurge Domine” (1520) condannò alcune proposizioni tratte dalle pubblicazioni di Lutero, definendole eretiche, false, scandalose, in contraddizione con la fede cattolica. Il papa gli concesse la possibilità di ritrattare, lasciando la porta aperta alla misericordia, a pena di scomunica.
Di contro a chi voleva bruciare le sue opere, Lutero stesso gettò nel fuoco la bolla papale, dichiarando in questo modo che non avrebbe mai ritrattato nulla e fu così che il 3 gennaio del 1521 con la bolla “Decet romanum pontificem” fu scomunicato.
Arrivata a questo punto mi è lecita la considerazione che quanto accadde in quel periodo non si può cambiare ma può certamente cambiare quanto viene ricordato e il modo con cui lo si ricorda, in modo che luterani e cattolici possano portare avanti insieme progetti ecumenici nell’ottica dell’armonia e di uno scambio fruttuoso.
Lutero ha comunque lasciato il segno, partendo dalla domanda che costantemente si poneva “come posso avere un Dio misericordioso?” e per quello che finora conosco delle sue opere – in cui parla dell’amore di Dio incarnato in Gesù Cristo – sono stimolata a proseguire lo studio, a continuare la ricerca.
Questo è solo l’inizio.
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