Natale: dopo l’Avvento irrompe la Luce

 

di Margherita Merone

 

Arcabas, Naissance (dett.)

 

È Natale, Gesù è nato, l’attesa è finita: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). Le campane suonano a festa, nell’aria si sente il profumo dei biscotti appena tolti dal forno, sul volto delle persone si vede la gioia. Si sta in famiglia, si gioca, si balla, c’è spensieratezza anche se i tempi sono difficili. Per i cristiani è un giorno speciale, dopo tanta attesa si vive l’evento unico, avvenuto una sola volta: l’Incarnazione di Dio. Cosa è accaduto nei giorni che hanno preceduto la nascita di Gesù? L’Avvento.

Questo termine, che deriva dal latino adventus (venuta, arrivo), veniva utilizzato per la visita di un re, un imperatore, per l’arrivo di qualcuno in generale, anche per la divinità che si manifestava con potenza. Per i cristiani è l’attesa di Gesù Cristo che viene sulla terra a portarci la salvezza. Nella liturgia cristiana questo tempo di attesa del Signore comprende quattro domeniche. Il sacerdote indossa un paramento di colore viola e nella messa non viene recitato il Gloria, che risuona solenne nella notte di Natale.

Nella prima domenica di Avvento l’invito che ci viene fatto è quello di stare svegli: è tempo di attesa e vigilanza. Nel vangelo, infatti, la parabola dell’uomo che parte e invita a vegliare ha come motivo che si ripete quello di stare continuamente all’erta. Il monito di Gesù è: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento» (Mc 13,33). Gesù precisa che ci sarà con certezza la sua venuta, ma non dice quando, esattamente. Pertanto, è meglio stare svegli, ossia rimanere in Cristo, sempre, in ogni istante di vita perché il Signore tornerà nella gloria e tutti potranno vederlo.

Nella seconda domenica di Avvento il vangelo si sofferma sul battesimo, sulla missione di Giovanni Battista, colui che prepara la strada al Signore. Giovanni – che vive nutrendosi del cibo che gli offre il deserto e vestito come un profeta – predica la conversione, un cambiamento di vita e di mentalità e un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati, e dunque per la salvezza di tutti. È il tempo giusto per convertirsi perché il Regno di Dio è vicino. Chi viene dopo di lui è più grande, più forte, infatti, mentre il suo è un battesimo nell’acqua, con Gesù il battesimo avviene nella forza dello Spirito Santo. Solo con Gesù c’è il passaggio dalla morte alla vita, per tutti. Tra la prima e la seconda domenica si celebra l’Immacolata Concezione.

Nella terza domenica d’Avvento il vangelo ci parla sempre del Battista, egli è il testimone fedele di Gesù, annuncia la sua venuta: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce» (Gv 1,6-7). Giovanni è il testimone della Luce che entra nel mondo e che salva tutta l’umanità.

Nella quarta domenica di Avvento siamo alla vigilia di Natale. Alla meditazione di tutti è offerto il passo dell’Annunciazione il cui perno è la figura di Maria. L’annuncio che l’angelo Gabriele fa a Maria avviene in un piccolo pezzo di terra della Galilea chiamato Nazareth. La giovane pur senza aver compreso tutto pienamente, col suo “sì” ha cambiato il corso della storia. Nel vangelo Maria è beata, è «colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45). Grazie alla sua fede, il Verbo, il Figlio di Dio si è fatto carne, Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi. Proprio Colui che era presso Dio, preesistente e per mezzo del quale sono state create tutte le cose, è sceso in mezzo a noi, ha preso dimora tra noi, assumendo realmente la nostra condizione umana. Non ha assunto carne già esistente, la sua umanità non proviene da qualcosa che già c’era, ma l’ha posta in essere diventando un vero uomo, con tutte le fragilità che sono attribuibili alla natura umana. Maria, piena di grazia, ha accolto l’invito dell’angelo Gabriele nella gioia, che deve essere la nostra gioia perché la nascita del Figlio dell’Altissimo è ormai vicina. Maria è stata scelta per concepire l’inconcepibile, il bimbo che da lei nascerà si chiamerà Gesù, in Lui sono presenti la natura divina e quella umana, due nature distinte che si completano. Gesù è vero Dio e vero uomo.

Arcabas, Naissance (int.)Oggi è Natale, la gioia di questo giorno non deve durare solo poche ore. Il mistero del Natale è luce, gioia, amore, pace, interpella ognuno e lo chiama alla riflessione. È vero che adesso la vita procede, a volte, in modo ansioso, sfrenato, convulso, ma ci sono anche momenti di serenità, di fiducia, commozione, apertura alla speranza perché i buoni sentimenti non possono durare solo il giorno di Natale. Certamente i pensieri restano e a volte ci tormentano, non siamo immuni dal dolore e dalle preoccupazioni, per questo Gesù ha detto “Venite a me voi tutti che siete affranti e oppressi e io vi darò ristoro” (Mt 11,28)

San Francesco d’Assisi diceva che l’amore chiede di essere amato, così il Verbo della vita che è nato in una grotta di Betlemme vuole trovare la sua casa in ognuno di noi, per essere amato e protetto. La gioia che scaturisce dal sentirsi amati da Dio, che ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio a salvarci, non può svanire dopo la festa di Natale. Il cuore che ama veramente non smette di bruciare, la fiamma è sempre accesa diceva san Pio da Pietrelcina, ed è proprio questo stato che ci permette di essere inquieti, di “morire a noi stessi”, ma solo così possiamo realizzarci come persone e come cristiani (Epist. I).

Nella notte di Natale risplende ovunque la luce del Salvatore, il cuore dei cristiani intona un canto che sale fino al cielo, come quello degli angeli che lodano Dio dicendo “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”(Lc 2,14). È Natale: dopo l’Avvento irrompe la Luce.    

 

stella cometa

«Non dobbiamo fare altro che ciò che facciamo, cioè di amare la divina provvidenza ed abbandonarci nelle sue braccia e nel suo seno»
(S.Pio da Pietrelcina)

 

(N.d.E.)

Parafrasando le diverse accezioni relative all’espressione “morire a se stessi” si può ragionevolmente riassumerne il significato come un “delegare” a Dio la propria vita e capacità decisionale, ovvero lasciarsi inondare dalla sua Grazia e dallo Spirito Santo, “sentendo” anche consapevolmente di far parte di un Tutto. (G.M.)

 

(In copertina, e di lato, Arcabas, Naissance)

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