di Margherita Merone
Ho degli amici che rimangono impressionati dalla mia memoria. È vero, infatti, che riesco a ricordare alcuni particolari della mia infanzia come se li avessi vissuti pochi mesi fa. Per comprendere bene cosa sia la capacità di ricordare, dunque la memoria, è necessario conoscere la sua vera natura.
Sarebbe, intanto, opportuno sfatare l’idea comune che si ha della memoria, intesa come una continua registrazione di dati, fatti, esperienze varie, e considerarla giustamente per quello che è, ossia un processo cerebrale complesso e per certi aspetti fragile, che immagazzina e recupera ricordi che sono continuamente in evoluzione.
Se pensiamo alle numerose funzioni che svolge la memoria è facile dedurre che non può essere unica; ci sono, infatti, diversi sistemi di memoria. I sistemi neurali implicati per apprendere e memorizzare, ad esempio, la lingua cinese, sono diversi da quelli che consentono di imparare ad andare a cavallo. Per fare questo i diversi sistemi di memoria, che ci permettono di apprendere tanto una lingua quanto un’attività sportiva, coinvolgono circuiti cerebrali differenti che, pur interagendo con gli altri sistemi, possono agire anche in maniera dissociata. Se vedo una parola scritta specifica, ad esempio il nome Maria, è possibile, a seconda del contesto in cui la troviamo, riportare alla memoria differenti momenti della nostra vita. Quel nome, infatti, può ricordarci una vecchia amica, un’esperienza particolare con una donna che aveva quel nome, così come può venirci in mente un viaggio a Nazareth dove è nata la madre di Gesù.
Può sembrare strano, ma già quando nasciamo possediamo una memoria che però non è personale, bensì appartiene alla nostra specie ed è chiamata memoria filogenetica, posta nelle aree corticali sensoriali e motorie primarie. Sono proprio queste aree che nel corso dei millenni hanno registrato le esperienze della specie nelle sue interazioni con l’ambiente; successivamente sono state immagazzinate dai geni tutte le varie informazioni acquisite, rendendo possibile nel tempo l’adattamento all’ambiente e la sopravvivenza. Questa memoria registrata nei geni di ognuno di noi ci permette, tanto per fare un esempio, di succhiare il latte materno appena nati. La qualità dei comportamenti appresi è aumentata salendo nella scala evolutiva: in questo modo gli organismi dotati di un sistema nervoso maggiormente sviluppato hanno potuto acquisire nuove conoscenze, migliorare la condotta e utilizzare quanto appreso, adattandosi sempre meglio alle esigenze di un determinato contesto.
Ci sono le memorie individuali che sono la memoria a lungo termine, ossia sistemi cerebrali che accumulano informazioni per periodi molto lunghi, che possono estendersi per tutta la vita; si distingue, poi, una memoria esplicita o dichiarativa nella quale è coinvolta la coscienza. Viene definita in questo modo proprio perché si esprime con il linguaggio, è dunque il ricordarsi cosciente di più cose, dati, avvenimenti, situazioni in generale, concetti vari. Esiste anche una memoria implicita o procedurale in cui non c’è il coinvolgimento della coscienza. Questa memoria non è recuperata sotto forma di ricordo, ma attraverso azioni o automatismi: l’attività di andare in bicicletta, o nuotare o cantare, ad esempio, sono tutte azioni che non richiedono una particolare attenzione per essere applicate o recuperate. Ripetendo un’azione, una memoria esplicita cosciente può trasformarsi in una implicita. Nel momento in cui dobbiamo imparare a guidare la macchina siamo obbligati a stare molto attenti per apprendere ogni cosa, ma quando diventiamo abili non ci crea più alcun problema guidare e nello stesso tempo ascoltare la musica.
Non ci rendiamo conto che le nostre esperienze, dalla più piccola alla più grande, plasmano il nostro cervello; la singolarità dei vissuti rende il cervello di ognuno di noi assolutamente unico. Il processo di continua modificazione neurale – sia attraverso il rafforzamento, l’indebolimento o anche l’eliminazione di connessioni esistenti, sia anche tramite la generazione di nuove connessioni, la cosiddetta sinaptogenesi, o la generazione di nuovi neuroni, definita neurogenesi – viene chiamato “plasticità neurale”. Questo meccanismo è molto importante per una buona funzionalità della memoria, da intendersi come la capacità del sistema nervoso di immagazzinare e di recuperare i molteplici stimoli che riceve continuamente.
Il cervello, però, non solo apprende e memorizza dati, ma purtroppo dimentica. Generalmente si dimentica ciò che riteniamo poco rilevante, ma spesso si dissipano anche ricordi importanti, episodi particolari, eventi speciali della nostra vita. C’è da dire anche che, a volte, possono subentrare dei meccanismi che ci fanno perdere la capacità di ricordare, come nel caso di un’amnesia, di una demenza o a causa di un deterioramento cognitivo. Succede, a volte, anche il contrario: ci sono persone che hanno difficoltà a cancellare le informazioni – questo in casi estremi; e altre che possiedono una memoria incredibile, anzi straordinaria.
L’argomento è interessante e ci sarebbe tanto altro da dire. Quello che recentemente ho letto al riguardo e che penso valga la pena riportare è lo studio che le neuroscienze stanno effettuando per capire se le nuove tecnologie stiano modificando il nostro cervello. Sebbene non si sia ancora giunti ad una conclusione definitiva, è opinione condivisa tra gli scienziati che le varie tecnologie esistenti stiano effettivamente modificando il cervello, ma certamente non sarà possibile vederne i cambiamenti nell’immediato, bensì dopo un certo periodo di tempo. Si pensa inoltre che tutti gli eventuali cambiamenti saranno diversi in base alle diverse fasi della vita (infanzia, adolescenza, età adulta) in cui la tecnologia è utilizzata. Ci saranno vantaggi così come certamente svantaggi. Tuttavia la ricerca non si ferma, insieme alla speranza di poter sapere di più sui vari disturbi della memoria.
Spesso i miei ricordi sono talmente vivi e meravigliosi che mi è sufficiente ritornare a quel preciso momento per rivivere tutte le emozioni di allora; da ciò mi viene spontanea una domanda: cosa ricorda Dio della creazione con cui ha chiamato all’esistenza ogni cosa dal nulla? Faccio presto a rispondere, certamente non ha problemi di memoria, non ha zone cerebrali impegnate incessantemente a registrare quante più informazioni possibili, e non deve temere di dimenticarsi qualcosa, dato che la sua essenza è somma perfezione. Non deve perciò ricordare o dimenticare nulla, conoscendo tutte le cose da sempre, anche quelle che ancora non esistono.
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