Appunti di scrittura creativa (n. 12)

Questo è l’ultimo appuntamento, ringrazio coloro che mi hanno seguito e coloro che mi hanno scritto inviandomi il proprio parere, qualche consiglio e perfino qualche lavoro. Grazie di cuore.

In quest’ultimo appuntamento tratterò di errori comuni da non fare, errori in cui ognuno di noi, aspirante scrittore, può cadere per ingenuità o ego troppo sviluppato.

Di solito si fa leva proprio sul nostro ego smisurato che ci fa credere tutti grandi scrittori incompresi. Questo è proprio il primo punto: avere un’opinione troppo alta di se stessi. Di solito si pensa di essere “troppo avanti”, geni incompresi del proprio tempo, come scrive Pat Walsh parlando di “scrittori incompresi”: il mio libro non è brutto (dicono questi sedicenti geni) è solo che tu sei troppo stupido per coglierne la sottile filigrana di sapore joyceiano/pynchoniano/proustiano.

Il problema è che quando si scrive non si può avere la pretesa di essere capiti solo da se stessi, il libro deve essere compreso da tutti, fruibile, “accogliente” nella lettura. Di solito questi autori non trovano nessun editore tanto folle da investire sul loro dattiloscritto, allora accade l’inevitabile: si cade nelle grinfie degli editori a pagamento.

Ora, senza scrivere un articolo lunghissimo su questa piaga dell’editoria che sono gli editori a pagamento, vi spiego in due parole cosa accade e come funziona, poi ognuno dispone secondo coscienza.


L’editoria a pagamento

L’editore vi scrive che siete bravissimi e che, dopo un’attenta analisi, ha deciso di pubblicare la vostra opera, ma come si sa l’editoria è un mondo difficile, c’è crisi ovunque, tra l’altro anche Proust, Moravia, Gadda hanno iniziato come Aps (“Autori a Proprie Spese” acronimo inventato da Umberto Eco ne “Il pendolo di Foucault”), Gesù Bambino è nato in una capanna e i folletti di Babbo Natale stanno già lavorando lì al Polo Nord per fare i regali ai bambini poveri, e quindi il vostro romanzo sarà sì pubblicato, ma voi dovete metterci un po’ del vostro… denaro.

Quindi vi viene fatta quella che in gergo è chiamata “proposta editoriale” che consiste generalmente in una di queste due soluzioni, ma si può presentare anche ibrida:

  • Vi vengono chiesti mille o duemila euro
  • Siete obbligati a comprare un certo numero di copie (esempio: 200×10 euro)

Cosa sono mille o duemila euro a fronte del vostro immenso successo editoriale?

Bene, questa è la storia, ora comprendiamo il nocciolo della questione. Voi pagate, in un modo o nell’altro, il prezzo di stampa del libro, è come andare in tipografia e chiedere la stampa di 1000 copie del vostro dattiloscritto; con la sola differenza che in tipografia avreste risparmiato e di molto.

Con le nuove tecnologie un libro da 200 pagine, stampato in 1000 copie, costa tra 1,50 e 3 euro. Ora immaginiamo che il vostro editore stampi 200 copie e spenda, perché è sfigato quanto voi, 3 euro a copia.

Prendiamo il pallottoliere: 200 x 3 = 600 euro.

A voi chiede di comprare al prezzo scontato di 10 euro le “prime” 200 copie del romanzo; di nuovo col pallottoliere 200×10=2000, sempre col pallottoliere: 2000-600 = 1400 per l’editore. Ma non finisce qui. Questi “stampatori mascherati”, che non faranno alcuna distribuzione e promozione del vostro libro, per non parlare dell’editing inesistente, vi ricontattano dopo qualche mese o un anno e vi dicono che considerato questo e quello, che a causa dell’euro, del calo del Dow Jones, della mucca pazza e del gol di Del Piero, molte copie del vostro magnifico romanzo sono rimaste invendute e andranno al macero! Al macero? Il vostro capolavoro?! Già avete le lacrime agli occhi, ma leggete che se proprio la cosa vi preme, quelle altre 200 copie le potete avere con lo sconto del 40% sul prezzo di copertina! Correte a prendere il pallottoliere e, con gli occhi lucidi, calcolate: 12 euro – 40% = 7,2 che andate a moltiplicare per 200 e ottenete 1440 euro.

E che sono € 1440 a fronte del vostro capolavoro costretto al macero?!

Anche l’editore prende il pallottoliere e ridacchiando calcola: 1440-(200×3)= 840 euro di guadagno, che si aggiungono ai 1400 della prima tornata e che in totale fanno 2240.

Morale della favola, l’aspirante scrittore ha speso 3440 euro, il suo libro è stato stampato in massimo 400/500 copie mai distribuite in libreria (tranne per quelle online che hanno solo il titolo, ma che se lo richiedete spesso non vi arriverà mai), risultato: ha solo buttato tempo e denaro.

Concludo l’argomento “editori a pagamento” (di solito fanno pubblicità in televisione) riprendendo nuovamente in mano il pallottoliere e fornendovi una cifra che per difetto si avvicina a quella reale e (spero) vi faccia comprendere l’entità del business. Una casa editrice seria, pubblica il 5% dei manoscritti che arrivano. Ecco una statistica redatta da Giulio Mozzi (che lavora proprio come “selezionatore di libri” per note case editrici), egli scrive: «Su mille dattiloscritti, non più di cento sono leggibili; non più di dieci sono davvero interessanti; uno o due sono pubblicabili)». Questo per quanto concerne le case editrici vere, quelle che poi devono investire di tasca propria sulla stampa, pubblicazione e promozione del romanzo. Una casa editrice a pagamento pubblica invece praticamente tutto ciò che le arriva. Perché? Come perché?! Riprendendo i numeri di cui sopra, immaginate che questo sedicente editore “pubblichi” 300 libri all’anno: 300 x 2240 = 672.000 euro. Avete ancora domande? Che ne dite di aprire una casa editrice a pagamento insieme? Io ci sto!


Essere scrittori ha un costo che non si paga in termini economici, ma in termini molto più alti, si paga in qualità, studio, concentrazione, grammatica, stile, fascino, intelligenza, divulgazione, passione, spontaneità, onestà, pazienza, tenacia, elasticità mentale, serietà, e queste cose non si comprano con la carta di credito.


Come preparare il dattiloscritto da spedire

Per prima cosa il vostro deve essere un buon romanzo, un po’ potete giudicarlo voi, il resto lo giudica l’editore. Per essere giudicato, il dattiloscritto deve essere presentato nel modo più corretto. Evitate qualsiasi stampa fantasiosa, rilegatura particolare e cose simili.

Usate un semplice carattere (font) Times new roman oppure Garamond di corpo 11 oppure 12. Mettete un margine di 4 cm per lato, in modo che l’editor possa segnare un appunto. Impostate un’interlinea normale o al massimo 1,5, il rientro del primo capoverso deve essere di 0,25 cm.

Sul dattiloscritto scrivete sempre il nome, il cognome, l’indirizzo, il numero di telefono e l’email. Spesso le lettere di presentazione vanno da un lato e i dattiloscritti dall’altro e buonanotte al secchio! Non spedite solo una parte del dattiloscritto, a meno che non sia richiesto espressamente, mandatelo completo. Per quanto riguarda la rilegatura, usate una normale spirale, in questo modo se c’è necessità di una fotocopia interna, l’addetto potrà farla in modo molto semplice sfilando la spirale.

Non spedite il romanzo per posta elettronica, non si fa. Non fate l’errore di spedire il vostro lavoro e chiedere un parere o un giudizio, chi legge i manoscritti è pagato per selezionare libri da pubblicare e non per fare il critico letterario.

Allegate una lettera di presentazione in cui indicate chi siete, che cosa fate, di che campate. Per quanto riguarda gli eventuali premi vinti, Giulio Mozzi nel suo “[Non] Un corso di scrittura e narrazione” scrive: «Se avete vinto premi letterari per racconti e romanzi inediti, non scrivetelo. Se il vostro professore d’italiano del liceo diceva che scrivevate benissimo, non scrivetelo. Se siete laureati, non fatevi fare una lettera di raccomandazione del professore con cui avete fatto la tesi. Se avete pubblicato un libro a vostre spese, allegàtelo al dattiloscritto; ma non allegate gli articoli che sono usciti sui giornali locali. Insomma, ricordatevi questo: il lettore professionista che legge il vostro testo, è interessato solo al testo».


La scelta della casa editrice

È chiaro che eviterete quelle a pagamento. Non spedite a casaccio, ma cercate di capire l’editore in questione cosa stampa, che genere, se si può sposare bene con il contenuto del vostro romanzo. Tenete presente che non tutti i tipi di narrativa sono uguali: Einaudi, Garzanti, Mondadori pubblicano narrativa, ma non esattamente lo stesso tipo di narrativa. Potete vedere l’elenco delle case editrici, facendo clic su questo link: Elenco delle case editrici. Scegliete di spedire il vostro lavoro a quelle che non chiedono contributi economici di alcun tipo.

Una nota di Erri De Luca: «Non spedire opere tue a scrittori. Non si mandano scarpe fatte da sé ai calzolai perché provino a calzarle. Non si spedisce al pasticciere un dolce fatto in casa perché lo assaggi. Diventare scrittori, darselo per compito, non passa dal contatto e dalla sponda con un altro scrittore. Quello è vicolo cieco, non smistamento. Le case editrici sono la buca su misura della biglia lanciata. Se respinta, andata perduta, ignorata con garbo, non ricorrere alla lusinga di chi ti pubblica sì, ma a spese tue. Non farà niente di promesso, ufficio stampa e distribuzione, in più dopo un annetto si rivolgerà a te per chiederti se intendi acquistare l’invenduto che altrimenti manderà al macero. Piuttosto procurati una tipografia, fanne tirare qualche centinaio di copie e distribuiscile in proprio tra conoscenti».

In bocca al lupo a tutti!

I prossimi incontri verteranno su “Appunti di retorica”.

Piccola bibliografia

  • Pat Walsh, 78 ragioni per cui il vostro libro non sarà mai pubblicato, TEA
  • Giulio Mozzi, (non) Un corso di scrittura e narrazione, TERRE DI MEZZO Editore
  • Raymond Carver, Il mestiere di scrivere, Einaudi – Stile Libero
  • Roberto Cotroneo, Manuale di scrittura creativa, Castelvecchi
  • Erri De Luca, Tentativi di scoraggiamento (a darsi alla scrittura), Libreria Dante&Descartes
  • Stephen King, On writing, Sperling Paperback – Saggi
  • Umberto Eco, Sulla letteratura, Tascabili Bompiani
  • Raymond Queneau, Esercizi di stile, Einaudi
  • Stefano Brugnolo – Guido Mozzi, Ricettario di scrittura creativa, Zanichelli
Massimo Petrucci
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8 Replies to “Appunti di scrittura creativa (n. 12)”

  1. Sono dieci anni e più che mi sento fare "proposte editoriali" del medesimo tenore! Sempre rifiutate, per un sacrosanto rispetto del denaro guadagnato col sudore della fronte (la mia!).
    Una nota, anzi, la più nota e importante casa editrice del Sud, mi chiese di trovare uno sponsor per piazzare 300 copie al prezzo di copertina pari a circa 12 euro (più sì meno no). Usando il pallottoliere veniva fuori 3600 euro tondi tondi. "Il suo romanzo è un "vero piccolo capolavoro", perché rinunciare? Si faccia lei sponsor di se stesso, le compri lei queste 300 copie! "
    Poiché l'acume non mi fa difetto, "sgamai" subito la presa per i fondelli . Ho ringraziato seduta stante e l'ho invitato a rivolgersi ad altro…benefattore!
    L'anno scorso ho fatto stampare il romanzo da un tipografo-piccolo editore che mi ha procurato anche l'Isbn: complessivamente ( tra richiesta dell'isbn, scelta di carta avoriata, rilegatura in filo di refle, inserimento di due pagine a colori, progetto grafico d'autore per la copertina) ho speso poco più di sei euro a copia. Poi ho fatto il giro delle librerie della mia città e ho lasciato al libraio una copia, con la cortesia, a tempo perso, di leggerla.
    Quando ho avuto il parere favorevole del libraio, ho offerto un tè con pasticcini semplici ai suoi frequentatori abituali e il libraio e io abbiamo parlato del mio libro. Chi è stato invogliato ha comprato la copia. Sono riuscita a vendere quasi tutte le copie, lasciando qui e là dalle 5 alle 10 copie: il compenso del libraio, sommato alla differenza venuta me dal prezzo di copertina stabilito da me (circa 10 euro), mi ha permesso di recuperare la somma spesa. La soddisfazione è stata immensa: ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c'è la babbeocard!!!

    1. Ciao Elisanne,
      la tua testimonianza conferma l'argomento dell'articolo e ti ringrazio.
      La tua storia è un buon modo di fare se proprio si tiene a pubblicare il proprio lavoro.
      Le strade che possono portare ad un successo editoriale sono talvolta inaspettate.
      Ad esempio, se non la conosci, cerca la storia che c'è dietro al successo (inaspettato) del romanzo Firmino di Sam Savage. 🙂

      Grazie,
      Massimo P.

  2. Condivido totalmente le argomentazioni trattate nell'articolo, l'unica cosa riguarda la spedizione dei manoscritti. Ci sono case editrici (ovviamente non a pagamento) che richiedono l'invio dell'opera via mail… lei, invece, nell'articolo scrive che è una cosa da non fare.
    In cosa consiste la differenza fra la sua visione e quella di certi editori? Solo un risparmio di tempo?

    1. Dani,
      di solito non si spedisce per posta elettronica perché è una piccola mancanza di rispetto nei confronti della casa editrice che deve provvedere da sé a stampare il tuo dattiloscritto.
      Generalmente il dattiloscritto finisce su una pila di altri testi che poi vengono smistati agli editor.
      E' improbabile che un testo venga visionato dal monitor del computer.

      E' chiaro che se è una richiesta espressamente formulata dalla casa editrice, allora puoi sicuramente utilizzare la posta elettronica per consegnare il tuo lavoro.

      La motivazione di tale richiesta, potrebbe essere che a volte basta leggere poche righe di un testo per valutarne la qualità e liberarsi di un messaggio di posta elettronica è molto più veloce e semplice che cestinare un mucchio di fogli.

      Grazie per il tuo commento.

      1. Alcune case editrici invece del manoscritto chiedono l'invio di una sinossi del testo e l'incipit.
        Anche questa prassi è motivata da ragioni di praticità.
        Ho frequentato alcuni editor e so bene come lavorano.

    1. A volte è colpa dell'ego sfrenato di ogni aspirante scrittore.
      Altre volte è a causa dell'ingenuità di chi si affaccia sul mondo spietato dell'editoria.
      Bisogna avere pazienza, scrivere, migliorarsi, riprovare.

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