Il peso nettare

 

di Emiliano Gambelli

 

muro

 

Razzismo, razziale, razzia, razzo, razza. Di pesce, d’idiota, d’idioma. Come ci definiamo meglio? Ci definiamo o ci definiscono?

“De finirla”, come dicono a Roma, non se ne parla proprio.

“Finiscimi” disse il piatto di zuppa dell’uomo saltato giù dalla finestra.

Il salto ultimo, spesso di un egoista, sicuramente non di un affamato.

Il salto dall’altra parte del muro invece?

Muro, muretto, muraglia, muratore, murato. Vivo, morto: cosa cambia?

Ne abbiamo abbattuti alcuni e creati alti. Muri di “visori”: notturni e diurni.

Ci osservano giorno dopo giorno e non ci fermano.

Cossi per cossi uguale dolore.

Odio, odi, chiodi. Chi odi?

Con chi ce l’hai?

Chiami?

Chi ami?

Odi il tuo vicino a cui invidi l’erba?

Odi lo straniero che ti fa sentire normale?

Ami il prossimo tuo o chi ti precede?

Crea un rapporto. Scrivimi dieci paginette. Non pagilorde o pagitare. Paginette.

Il netto del tuo saperne di te, dunque il nettare di ciò che conosci e di cosa sai. Il netto di tutto quello che si dice e che non è: vissuto, provato o respirato da te.

In foglie infuse e da racconti altrui.

Così sai cosa ne rimarrà?

Un insieme di paginiente.

 

Calvino e i muri

 

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