I martiri di un’integrazione che non c’è

Maria Antonietta andò in sposa a Luigi XVI ad appena 14 anni, ma gli era stata promessa quando non ne aveva che 10. Questa era la sorte di quasi tutti i regnanti europei: nessun matrimonio d’amore ma sposalizi decisi in nome della corona e degli interessi “di Stato”.

Oggi, per fortuna, le cose sono cambiate e stanno ancora cambiando: chiunque può sposare chi vuole, ci si può perfino non sposare, cosa fino a poco tempo fa riprovevole, soprattutto per una donna. C’è via libera (ancora non legalmente, ma almeno socialmente) alla convivenza e si cominciano a vedere con occhi più indulgenti anche le relazioni tra persone dello stesso sesso. In questo quadro hanno fatto scalpore le storie di Kaur e Hina, accomunate da un feroce destino.

Kaur, era indiana, aveva 31 anni e viveva a Modena con suo marito e i suoi 2 figli. Quando il marito morì, la sua famiglia iniziò a fare pressioni affinché Kaur sposasse il cognato settantenne. Per sottrarsi a un destino comunque difficile la donna si uccise buttandosi sotto un treno, proprio come Anna Karenina. Con la sola differenza che il personaggio di Tolstoj viveva forti sensi di colpa per aver abbandonato il figlio e tradito il marito per inseguire un sogno d’amore che l’aveva poi per giunta delusa, mentre Kaur è morta nello stesso modo per non tradire la memoria di suo marito, dei suoi figli e soprattutto SE STESSA.

Il caso di Hina è, ammesso sia possibile, ancora più agghiacciante, visto che la ventunenne pakistana è stata uccisa dal padre perché voleva sposare il suo fidanzato italiano e vivere come vivono tutte le ragazze occidenatali.

Il primo interrogativo che mi sorge nell’animo è come possa un padre trovare il coraggio di armare la propria mano contro un figlio e per motivi così futili. Nel libro della Genesi (cap 22 per chi fosse interessato) Dio chiede ad Abramo, patriarca delle tre religioni monoteiste, di sacrificare il suo unico figlio Isacco. Abramo, addolorato, obbedisce e si reca col figlio sul monte del sacrificio. Commovente il momento in cui Isacco fa notare al padre che è tutto pronto ma manca l’animale da sacrificare e il padre gli risponde: “Dio provvederà”.

Infatti, proprio mentre Abramo sta per uccidere il figlio, Dio blocca la sua mano e gli fa trovare un ariete da sacrificare. Il fatto che Abramo sia il patriarca dei Cristiani, degli Ebrei e dei Musulmani, mi fa pensare una sola cosa: Dio, a qualunque Dio ci si riferisca, è AMORE. Per questo fa RIBREZZO pensare che si uccida “in nome di Dio” o che alcuni musulmani bresciani abbiano giustificato il gesto del padre di Hina dicendo che lei “Non era una buona musulmana”.

Il padre di Hina è stato un buon musulmano? Chi si immola come Kamikaze è un buon musulmano? Agli occhi dei fratelli di fede esaltati forse sì, dubito però che sia così agli occhi di Allah.

Kaur e Hina, sono martiri di un’integrazione che non c’è.

L’integrazione è un problema molto serio. In Italia fa fatica a trovare lavoro un laureato, figuriamoci dei poveri extra-comunitari che finiscono per delinquere e riempire le patrie galere (salvo uscire grazie al magico indulto). Ma, come dicevo, il problema è più profondo: ci sono tanti musulmani di buona volontà, ma ce ne sono altri (minoranze, fortunatamente) che, anche per via delle condizioni di cui sopra (lavoro precario o inesistente, assenza di spazi culturali, luoghi di culto etc.), perdono la già scarsa voglia di integrarsi, e si rinchiudono in quartieri ai margini delle città covando solo risentimento e formando una sorta di comunità chiusa, ottusa e, a quel punto, PRONTA A TUTTO. Da qui nasce il forte richiamo all’Islam più radicale che per questa gente disperata e isolata, è l’unico riferimento alla propria terra, alla propria cultura e diventa una luce accecante, per cuore e mente.

Non ci sono ricette da suggerire perché quando si devono integrare due culture è necessario che ognuna voglia prendere il meglio dell’altra, ma pare che in questo caso nessuna ne abbia intenzione, gli uni per disinteresse e forse per convenienza, gli altri per paura.

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Inviai questo articolo qualche anno fa a un quotidiano e lo pubblicarono nelle “Lettere al Direttore”. Il giorno successivo, tra i vari commenti al mio pezzo, mi colpì quello lasciato da una ragazza. Diceva più o meno questo: “Islam = Corano. Per il Corano, Donna = Oggetto. Il resto è semplice”.

Ebbene, io il Corano l’ho letto tutto. M’è costato tempo e fatica, ma finalmente posso affermare alcune cose.

  • Infibulazione

    Da nessuna parte nel Corano, c’è scritto che una donna per essere tale debba subire questa orrenda pratica. L’infibulazione non è assolutamente una pratica Coranica. Anzi, il Corano proibisce ogni azione volta a danneggiare il corpo o a compromettere la salute. Non solo. Attribuisce una grande importanza al rapporto intimo tra coniugi che deve essere «soddisfacente per entrambi». Lo stesso Maometto (figura discutibile, sicuramente) istruiva gli uomini ad «accostarsi alle proprie mogli con dolcezza inviando messaggeri d’amore baci e parole affettuose».

    Dov’è allora l’inghippo? Eccolo.

    È innegabile che pur non essendoci traccia di tutto ciò nel Corano, in molti paesi musulmani (per quanto ne so anche in alcune popolazioni di religione cristiana o ebrea) si crede che le donne non infibulate siano impure. La verità è che l’infibulazione è una pratica del tutto sconosciuta in Medio Oriente. È praticata soltanto in alcune regioni dell’Africa in paesi sia musulmani che cristiani (p. es Eritrea). Pertanto, l’infubilazione non è correlata all’Islam ma a “pure” tradizioni locali.

    Qualcuno sicuramente obietterà: “di sicuro l’infibulazione non è praticata in occidente”. A costoro replicherò dicendo che “lo so”. Io, però, volevo solo sottolineare che non c’è legame tra infibulazione e Islam ma solo tra infibulazione e tradizioni locali.

  • Il Matrimonio Islamico

    Si parla spesso dell’obbligo di matrimonio, del matrimonio IMPOSTO. Ne ho parlato tantissimo anch’io, sicuro di parlare di “Islam”. La realtà è che anche in questo caso si parla sì di una cultura maschilista, ma anche questa radicata nelle tradizioni locali che non hanno nulla a che vedere col Corano, con l’Islam vero. Il matrimonio nell’Islam è un contratto civile e, come tale, ha responsabilità civile e penale le cui clausole sono stabilite praticamente in egual misura dai futuri sposi (con mio grande stupore, divorzio compreso).

    Quanti di voi sapevano che la donna può ripudiare l’uomo?

    Quanti di voi conoscono il “Mahr” (la dote)? Un dono fatto dal marito alla sposa che resta sempre e comunque di proprietà della donna.

    Purtroppo però, molti uomini musulmani considerano le loro donne come “oggetti” di loro proprietà, soprammobili. L’oppressione sessuale, sottolineo sessuale, della donna, insomma, con mia grande sorpresa non è stata mai richiesta da Maometto che, anzi, se fosse seguito alla lettera, porterebbe le donne islamiche a essere privilegiate (sul piano puramente sessuale) rispetto alle occidentali.

    Cito dal Corano: «Non lasciarla mai andare finché lei non sarà soddisfatta». O anche: «Il corpo della donna è un gioiello, trattalo come merita. È un dono di Dio; accarezzalo senza fermarti».

Altro che Benedetto XVI.

Donne velate, segregate, violentate e uccise non possono addebitarsi all’Islam.

La mia conclusione è che di Musulmani (come di Cristiani) ce ne sono davvero pochi. In realtà esistono:


  1. Alcuni pazzi furiosi (ma scaltri e infidi) che usano il Corano per loro tornaconto, lo interpretano e scatenano Guerre Sante e Kamikaze. L’Islam lì non c’entra nulla, sono solo delinquenti che si nascondono dietro la religione;
  2. La grande massa del mondo arabo, profondamente ignorante che beve le stronzate di cui al punto 1;
  3. Una esigua minoranza che viene in occidente per cercare condizioni materiali e spirituali migliori e si integra con il nuovo paese.


A questi si contrappongono:

  1. I politicanti che cercano di tirare dalla loro parte tanti extracomunitari per avere i loro voti – e per farlo prevaricano i diritti degli altri – e per tenersi buoni i paesi “OPEC“, anche se ci trattano come merda;
  2. I finti libertari della domenica, quelli che “avanti che c’è posto” (poi abitano nelle zone in delle città dove non si vede un arabo e se si vede chiamano la polizia). Insomma: “i musulmani sì, ma a casa degli altri, per favore”;
  3. Le donne amanti dell’esotico. L’arabo fa molto politically correct e bandiera arcobaleno, salvo poi fondare l’ennesima associazione per il recupero dei figli rapiti e portati in Irak e lamentarsi che il marito tocca il culo alle amiche.

I musulmani veri non sono gli Imam, che istigano alla violenza, ma quei pochi che hanno la possibilità di studiare le scritture e viverle nella loro interezza.

Concludendo: la depravazione è un prodotto occidentale. Anche se l’oppressione subita dalla donna occidentale ha una natura più economica e forse, se vogliamo, più schifosa, perché è in gioco non la morale, ma il denaro, cui noi teniamo molto di più.

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Oggi, 1 Marzo 2010 “Una giornata senza di noi”, dove “noi” sono i 5 milioni di immigrati presenti in Italia.

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Tengo a precisare di non essere né cattolico né musulmano. Sono solo uno che ama leggere e cercare di capire. Se qualuno mi offre una lettura diversa, ben venga. Il mio intento è offrire spunti.

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