di Flavia Chiarolanza
Nel panorama teatrale partenopeo, già di per sé ricchissimo di talenti, sta emergendo una realtà che nasce come amatoriale, ma sa ugualmente imporsi grazie alla bravura dei suoi attori. Passione, complicità e abnegazione ne sono gli ingredienti principali. Si tratta della compagnia Istrione2001, splendido collettivo guidato da Fulvio Tarantino. Una vera e propria famiglia artistica che, per la sua coesione, ha recentemente conquistato il pubblico vomerese con lo spettacolo Le quattro giornate di Napoli. L’opera, suddivisa in due atti e liberamente tratta da Morso di luna nuova di Erri De Luca, è stata ideata, diretta e drammaturgicamente plasmata dallo stesso Tarantino, con l’aiuto alla regia di Erminia Wirz.
I fatti storici narrati sono ben noti ai partenopei, dato che la loro città è stata la prima, in Europa, a scacciare l’invasore tedesco: tutti i suoi abitanti, impugnando armi di fortuna, si sono battuti fino all’ultimo sangue, consegnando alle truppe anglo-americane una Napoli già libera, integra e perfettamente guarita dal bubbone nazista. Una Napoli tornata ai suoi mille colori, per dirla con i versi di Pino Daniele, dopo la parentesi in bianco e nero dell’occupazione.
Ebbene, questo gruppo di attori affiatati, sia pure con età diverse, ha dato vita ai personaggi del racconto scritto da Erri De Luca, il cui stile, essenziale ma intenso, è stato mirabilmente trasfuso nell’adattamento teatrale.
Ognuno degli interpreti, pur mantenendo la propria identità artistica, ha lavorato in perfetta sintonia con gli altri, creando un sodalizio scenico che, siamo certi, durerà nel tempo. Un’esperienza corale, inaugurata dalla presentazione di Emma Franchini, che ha ricordato l’eroico sacrificio dei cittadini napoletani, e di chiunque sia pronto a morire nel nome della libertà.
Il racconto portato sulla scena non solo ripercorre le quattro giornate, una tra le pagine più commoventi della Resistenza napoletana, ma esplora a fondo le emozioni di coloro che vi hanno preso parte. La potenza dei temi trattati si delinea pian piano senza alcuna enfasi, onorando la memoria storica. Com’è, del resto, nelle corde letterarie di Erri De Luca.
Gli attori, diversi per formazione e background, hanno offerto paritariamente il loro contributo, senza nessun individualismo. Tutti bravi, alcuni addirittura alle prime esperienze. Tra questi, la giovane Ilaria Fiorbianco, qui al suo secondo debutto come attrice di palcoscenico. Ilaria cattura l’attenzione fin dal suo ingresso in scena, avvenuto un po’ in sordina. Inizialmente rimane in silenzio, lasciando che – a parlare – sia lo smarrimento sul volto di una fanciulla costretta a languire dentro un rifugio, pur desiderando ardentemente il sole, l’aria e l’acqua del mare. Poi, gradualmente, il suo ruolo cresce fino a esplodere, svelando la potente personalità che si celava dietro il silenzio. Elvira, questo il nome del personaggio, è smaniosa di vivere pienamente la sua gioventù, relegata tra i muri di un freddo ricovero. Accanto a lei, nello struggente ruolo di innamorato, il giovanissimo e bravissimo Nicola Esposito, che inizia con un’interpretazione comica, per poi virare verso una più matura prova attoriale.
Anche gli altri meritano un plauso e una menzione. Simona Cappiello e Giusy Galioto danno il volto a due simpatiche quanto improbabili suore, aprendo un siparietto comico che rilassa e, mai, scade nella volgarità; Giuseppe Scaglione ha il piglio austero e i modi raffinati tipici di un militare d’altri tempi; Armando Costagliola domina abilmente la scena, come un attore consumato, e conquista con la sua travolgente simpatia; Maria Matania, Emilia Thomas, Silvana Iovine e Monica Vitolo sono affiatatissime, si scambiamo battute con impressionante rapidità e disinvoltura, senza lasciare tempi morti, il che è difficilissimo se non si praticano quotidianamente le tavole del palcoscenico; Maurizio Riccardi è un simpatico mattatore, anche se il suo personaggio cela una profondità che affiora pian piano; Fulvio Tarantino svolge il ruolo di leader anche sul palco, interpretando colui che si erge a ispiratore della Resistenza. Completano il cast gli ottimi Domenico Russo e Emma Franchini (quest’ultima anche presentatrice), impegnati entrambi nella lettura delle poesie che si alternano alle vicende narrate in scena.
La regia tecnica è affidata a Nicola Salvo, le riprese sono opera di Fabio Starita.
Insomma, un ensemble ben coordinato, con scambi dinamici tra i personaggi e una buona intesa anche dietro le quinte. In aggiunta, quel pizzico di sana e intelligente ironia che alleggerisce la tensione di una vicenda profondamente drammatica. Si ride e si riflette, come nella migliore tradizione del teatro napoletano.
Non ci resta che attendere le future messinscene di questa variopinta compagnia, e la crescita artistica dei suoi (giovani e meno giovani) componenti. Quando c’è la passione, il pubblico raramente rimane deluso e raramente si annoia. E l’arte tutta ne beneficia.
Ad maiora, ragazzi!
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