di Domenico Letizia
La cultura e la ricerca culturale ci hanno spesso regalato opere e percorsi di studio originali al punto da rimanere scolpiti nella storia, e nonostante questo rapidamente accantonati.
L’Italia ha visto nascere e morire tantissime riviste, anche quelle maggiormente distintesi per contributo.
Alcune di queste riviste, ora cadute nell’oblio, meritano qualche considerazione per il coraggio editoriale che ne ha segnato il percorso. Una per tutte, Claustrofobia, espressione di una ricca e fervida ricerca culturale soprattutto in ambito politico, e ora ricordata da pochi, ma ben selezionati, come la rivista che “rompe il cerchio”.
Il libertarismo e l’anarco-capitalismo in Italia fanno il proprio ingresso grazie al lavoro coraggioso di un “matto della libertà”, Riccardo La Conca che verso la fine degli anni 70 lanciò “Claustrøføbia. La rivista che rompe il cerchio”, cinque numeri usciti tra il 1978 e il 1979. Rivista politica, di cultura libertaria e libertarian anglosassone, comparve nel periodo in cui di libertarian in Italia non si aveva la benché minima idea. La particolarità e il coraggio della presenza culturale di una simile rivista vanno ricercati nel periodo storico in cui comparve, un’Italia divisa tra il pensiero totalitario di sinistra, marxista e neomarxista e le posizioni avanguardiste di destra, terrorismi di vario colore e crisi dei partiti tradizionali.
In un simile contesto la rivista discuteva contemporaneamente di antiproibizionismo e privatizzazione totale della società, di Gold standard, di antimilitarismo, di privatizzazione della sanità e di antipsichiatria, una particolare miscela politica che provocò interesse soprattutto in area anarchica, radicale e repubblicana. A ciò si aggiunse il nome che comparve, come vicedirettore, nella redazione della rivista accanto a Riccardo La Conca, quello di Marcello Beraghini, esponente di Stampa Alternativa e direttore responsabile di giornali di sinistra.
La rivista fece conoscere in Italia le attività del Partito Libertarian americano – partito a quell’epoca, ma ancora oggi, sconosciuto agli Italiani – fondato nel 1971, con il quale La Conca intratteneva forti legami culturali e politici.
Nel mondo anarchico la comparsa di Claustrøføbia creò fermento.
Nel 1978, in “A Rivista Anarchica”, Franco Melandri ebbe così ad esprimersi: <<La prima cosa che balza all’occhio sfogliando i tre numeri di Claustrofobia fin’ora usciti è la dovizia di foto dedicate ai patriarchi americani del neonato “movimento libertario”, cui si aggiunge quella del direttore di Claustrofobia, nonché deus ex machina del “libertarismo” italico, Riccardo La Conca. Ma è leggendo Claustrofobia che vengon fuori le cosucce più graziose. Innanzitutto apprendiamo che questo sedicente “movimento libertario” vuole rifarsi, per quanto riguarda le idee politiche, agli anarchici individualisti (in particolar modo a quelli americani) mentre per quanto riguarda le idee economiche ripropone quelle di Adam Smith e di Milton Friedman. Il tutto strapazzato, condito, fritto, irrorato e servito da Murray Rothbard, definito il più grande anarchico contemporaneo>>.
Al di là del pensiero culturale espresso dalla rivista non si può non sottolineare la particolarità di questo lavoro editoriale in un clima culturale, quello italiano, ancorato a valori stagnanti della politica e non aperto allora a nessuna innovazione.
L’opera di La Conca va ricordata per coraggio, fascino e curiosità.
* Ringrazio Luciano Lanza, direttore di Libertaria, per aver fornito la copertina della rivista
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