Gabbie mentali (in cui ci rinchiudiamo)

Tu sei il carceriere e allo stesso tempo il carcerato

uomo in una stanza stretta

Tu sei ciò che credi di essere. Avrai ciò che credi di avere.

Attenzione, ho scritto “credi” e non “pretendi”. Sono concetti diversi. Credere come atto di fede, e non sto parlando di religione, ma di fede come convinzione personale.

Il fatto è che ognuno di noi ha un’immagine di sé che poche volte coincide con ciò che siamo veramente. Chiudete gli occhi e immaginate voi stessi, come vi vedete? Belli? Brutti? Vestiti bene? Trasandati? Come vi vedete tra un mese? E tra un anno? E tra dieci? Ecco, questo è ciò che credete di essere, la notizia è che non necessariamente corrisponde alla realtà dei fatti.

Vi è mai capitato d’incontrare un’amica sicuramente non brutta che continuava a credersi tale? E voi lì a ripeterle che non è vero, che ha degli occhi bellissimi, un viso sottile, ma niente da fare, lei continuava a insistere di essere brutta. Perché? E poi, ripensandoci, com’è che pur essendo così carina ancora non ha trovato la sua anima gemella?

Conoscete storie del genere? Penso di sì.

Probabilmente tutto risiede nel fatto che il nostro comportamento difficilmente si discosterà da ciò che noi crediamo di essere, dalla nostra mappa interiore.

Avete mai sentito parlare della profezia che si auto avvera? La cosa funziona più o meno così, vi porto un esempio semplice: a me piace Daniela, ma penso che sia impossibile riuscire a conquistarla, sono convinto che non mi filerebbe nemmeno di striscio, che è troppo per me. Quali e come saranno le mie azioni se pensassi d’invitarla a cena? Come sarò io, come mi mostrerò? Probabilmente sarò goffo, senza convinzione, magari mi avvicinerei senza riuscire ad articolare una frase… risultato? Nessun invito a cena.

Pensavo che fosse impossibile e si è dimostrato tale: la mia profezia si è avverata. Ma corrisponde alla realtà? Se fossi stato più audace, se avessi giocato meglio le mie carte, il risultato sarebbe stato lo stesso? Forse sì, ma chi può dirlo? Magari se non una cena, avrei potuto invitarla a prendere un caffè e scambiare due chiacchiere; sarebbe stato un buon inizio o no?

Pur di nascondere l’idea negativa che abbiamo di noi stessi, sprechiamo tempo ed energie che potremmo concentrare sulla realizzazione di ciò che desideriamo. Ovvero cercando di segregare l’immagine che temiamo di essere, quella maledetta immagine negativa che abbiamo di noi stessi, finiamo di perdere di vista la vita stessa.

Il modo con cui vediamo noi stessi influenza anche il modo con il quale gli altri si relazionano con noi. Tremenda verità…

Gran parte della comunicazione non è verbale: state dicendo cose positive, ma i vostri occhi, il vostro corpo, la postura, stanno dicendo tutt’altro ed è proprio ciò che alla fine passa. In altre parole siamo noi a creare la realtà in cui viviamo e poi ne diventiamo schiavi.

Comprendere che siamo noi a creare la nostra realtà è entusiasmante, ma nello stesso tempo è preoccupante. In un certo qual modo dire che la colpa di ciò che non siamo o che siamo, non dipende da noi, ma da tizio o dalla crisi o dal destino, ci mette in una zona di confort che però ci rilega all’immobilismo. Così ci capita di adottare le idee altrui su cosa sia meglio per noi, invece di cercare di scoprirlo da soli.

Il problema sopraggiunge quando la nostra vita ci appare insostenibile e ci convinciamo di non avere alcuno strumento per sovvertire il fato. È in questo momento in cui ci chiudiamo in gabbia e gettiamo via la chiave. È qui che diventiamo i carcerieri di noi stessi, imprigionandoci nelle nostre convinzioni negative, limitanti, che finiscono per immobilizzarci.

La buona notizia è che questa gabbia ha sì sbarre doppie, ma non ha un soffitto: se guardate in alto potete vedere le stelle!

Ne “L’ultima riga delle favole”, Massimo Gramellini scrive: “Tu vivi rinchiuso in una scatola trasparente, costruita dalle tue paure. Rompila e scoprirai di essere molto più di ciò che credi. Le pareti della scatola le ha partorite la tua mente e il loro nome comincia sempre per non: non posso. Non ce la farò mai. Non dipende da me, la più estesa di tutte. Ma se guardi in alto, troverai la quarta, che si chiama NON CI CREDERE.

Il motivo per il quale ancora non avete ottenuto ciò che volevate è che siete bloccati da voi stessi, da una vibrazione negativa che non vi mette in sintonia con ciò che siete davvero e con ciò che potreste essere. Ecco quindi che alla fine ottenete, per la legge dell’attrazione, o se volete, per la profezia che si auto realizza, proprio ciò che vi aspettavate di ottenere.

Iniziamo a liberarci delle nostre paure: che cosa fareste se foste sicuri di avere successo? Scrivereste un libro? Invitereste quella persona a cena? Aprireste un bar? Ecco, provate a realizzare i vostri sogni perché ognuno di noi vale molto di più di ciò che crede.

Vi lascio con un testo di Marianne Williamson che reputo molto illuminante:

La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda, è di essere potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più. Ci domandiamo: «Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?» In realtà chi sei tu per NON esserlo? Siamo figli di Dio. Il nostro giocare in piccolo, non serve al mondo. Non c’è nulla d’illuminato nello sminuire se stessi cosicché gli altri non si sentano insicuri intorno a noi. Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini. Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi. Non solo in alcuni di noi: è in ognuno di noi. E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso. E quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri. E tu, dimmi, che cosa stai pensando di fare? Quale sarà la tua prossima azione concreta per realizzare il tuo sogno?


foto di Jean Francois Fourtou – Untitled (série Marrakech) 

 

Massimo Petrucci
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