Il mio amato Gabriel Garcia Marquez ha scritto una volta che per un romanzo sono determinanti le prime pagine.
Se riesci a scrivere l’inizio e questo inizio fila bene e leggendolo e rileggendolo sei soddisfatto di quello che hai scritto, la tua opera, con tutta probabilità arriverà alla fine.
Sono del tutto d’accordo, se ti arriva quel senso di pienezza, indizio di un opera motivata, il parto avverrà, anche se magari ci metterai più di nove mesi.
E sì, finora tutte le mie opere sono abbastanza leggere di peso se le prendete tra le mani e le valutate, ma io ci metto tanto tempo a scriverle.
Leggo quello che ho scritto il giorno prima e che avevo già riletto prima di chiudere il file, trovo sempre qualcosa da migliorare, magari torno pure indietro di parecchie pagine perché la sera prima mentre bevevo il mio Montgomery o giocavo con uno di miei gatti mi è venuta una idea su una variazione da fare. Poi quando inizio a scrivere la parte nuova non mi sorprende il fatto di essere capace di meditare dieci minuti su un aggettivo. Così se alla fine del mio lavoro durato quattro ore – di più non posso, le mie cellule cerebrali sono piuttosto pigre e si stancano facilmente – ho prodotto una sola pagina con carattere 14 o poco meno, magari tre quarti di pagina, mi ritengo soddisfatto. Secondo me il lavoro di sottrazione che si fa su testo è ancora più importante di quello di addizione.
Vale per il mio metodo di lavoro quello che Cicerone scrisse a un amico alla fine di una lettera molto lunga, frase che io cito spesso: “Scusami per la lunghezza di questa lettera, ma non avevo abbastanza tempo per scriverne una breve.”
Niente invece vi posso dire su come mi viene l’idea per un romanzo. Proprio non lo so come una idea nasca e poi magari prevalga su un’altra. Succede e basta. A volte medito per un mese su come iniziare una nuova opera, prendo appunti, preparo una scaletta e poi arriva una nuova idea prepotente, sopravanza la povera opera in incubazione e prende subito il via.
Così è successo per la nuova opera che sto lentamente scrivendo da più di un mese (a riprova di quello che ho detto prima sono ancora a pagina 13, ma è normale, io la mattina inizio a scrivere un ora dopo essermi svegliato, rigorosamente ancora in pigiama e se le dure necessità della vita mi costringono a vestirmi per andare a comprare i peperoni, la mia giornata da scrittore è ormai andata. Quindi se sono ancora a pagina 13 vuol dire che in questi giorni ho comprato molti peperoni. Scherzi a parte, sono stato parecchio in giro per promuovere il mio nuovo libro IL RITORNO DEL DIAVOLO, di cui potete trovare la recensione su questo stesso sito, recensione pubblicata in tempi non sospetti, quando non avevo nessuna idea di riprendere a scrivere per i giornali on line e quindi collaborare a LetterMagazine).
Altra mia stranezza. Sono tanto lento quando scrivo un romanzo quanto sono veloce quando scrivo un articolo. Appena avuta l’idea, qualunque sia l’ora del giorno o della notte (in questo caso non vale la regola del pigiama), comincio a scrivere e arrivo velocemente alla fine.
Ritornando ai miei romanzi una regola che ho sempre osservata finora è non fare mai leggere la mia opera a nessuno prima che sia finita. Invece appena finisco la faccio leggere ai miei lettori abituali, alle mie cavie prima di mettere mano alla seconda stesura (ce ne è sempre almeno una terza).
Ecco questa regola io ora voglio violarla, vi presento la versione chiaramente provvisoria, ma tutto è provvisorio… delle prime righe del mio nuovo romanzo.
Il titolo è SENZA NOME.
E’ la storia di un killer a pagamento, divisa in due parti tra di loro differenti come stile di scrittura e praticamente autonome.
Questo è l’inizio della mia opera.
SENZA NOME
PARTE PRIMA
Non dirò il mio nome.
Non lo dirò comunque, anche se tutto quello che sto scrivendo non è destinato a essere mai letto. Io sto scrivendo per provare a me stesso che alla mia età sono ancora capace di ricordare.
E scrivo… sicuramente piuttosto male… perché anche di un’altra cosa voglio provare a me stesso di essere capace.
Negli anni che ho vissuto… ne mancano pochi per i settanta… fino a poco di più di dieci anni fa non avevo mai letto un libro.
Poi un giorno sono entrato in una libreria. Sono entrato per la prima volta in una libreria e non c’ero mai entrato perché nelle librerie si entra per comprare i libri e fino ad allora i libri non avevano nessuna parte nella mia vita. Ma quella volta ci sono entrato e ci sono entrato per poter dire di essere stato almeno una volta in una libreria. Ho scelto cinque libri a caso, forse mi son piaciute le copertine… adesso non ricordo… li ho pagati e me ne sono andato. Non ero sicuro che li avrei letti. Anzi era probabile che rimanessero sul tavolo dove li avevo posati. E invece li ho letti. Dapprima faticosamente e lentamente, poi pagina dopo pagina, era sempre più facile. E dopo di quelli ne ho letto tanti altri.
Il vuoto delle mie giornate, adesso che da più di cinque anni mi sono ritirato da quello che era il mio lavoro (c’è una precisa ragione perchè io scriva lavoro in corsivo), si è riempito di libri e dei personaggi che quei libri abitano.
Ecco, l’altra ragione di queste pagine è che dopo aver imparato a leggere dei libri, voglio dimostrare a me stesso che sono capace di scrivere.
Scrivere… naturalmente niente di paragonabile agli scrittori che più ammiro… ormai i miei gusti sono precisi… cercherò di scrivere come se questa mia storia la raccontassi a qualcuno… io, che della mia vita ho sempre fatto in modo di far conoscere il meno possibile agli altri… e se pensassi a una sola possibilità che qualcuno possa leggere quello che sto scrivendo certamente non scriverei… l’idea che questa mia intimità con me stesso, conservata per tanti anni, possa essere violata mi è intollerabile… ma con gli anni ho imparato a usare il computer e quello che sto scrivendo è protetto da tante passsword e programmato per cancellarsi se qualcuno cercherà di entrare…
Allora è chiaro che questa mia vita la sto raccontando a me stesso.
Ma non dirò il mio nome.
Non lo dirò per rispettare le mie regole. Da quasi quaranta anni nessuna persona ha mai conosciuto il mio vero nome e l’ultima persona che lo conosceva, l’unico e solo vero amico di tutta la mia vita, è morta insieme a quel nome. Da allora di nomi ne ho avuti tanti, ma la mia vera identità è rimasto un segreto e tutti mi hanno accettato con le identità fittizie che ero così bravo a crearmi, senza dubitare che fossero false.
Del resto il mio vero nome, dovrebbe essere un nome unito a un cognome. Il cognome di mio padre. Ma io non ho mai saputo chi fosse mio padre. Mia madre è morta quando avevo cinque anni e non ha avuto il tempo di dirmi chi era mio padre.
Di mia madre ho pochi ricordi, di giorno era troppo impegnata a lavorare nelle campagne e mi lasciava dalla moglie di suo fratello che faceva il falegname. Tornando dal lavoro mi riprendeva, mangiavamo quel poco che c’era e poi subito nel nostro piccolo letto, rannicchiati vicini anche d’estate. La mattina la sveglia all’alba per portarmi da mia zia, prima di intraprendere la strada per i campi dove andava a lavorare.
Così il ricordo più vivido che ho di mia madre è quello del suo corpo morto steso sul letto prima dei suoi funerali. Il primo dei miei tanti incontri con la morte.
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Si conferma ciò che ho sempre pensato: il “sacro fuoco” dell’arte non esiste. Esistono le idee, le parole, la fatica, il sudore e, come nel teatro, la sottrazione.
Più togli e più il lettore ritrova dentro di sè i luoghi, i tratti dei personaggi, gli eventi e diventa co-autore dell’opera.
Simenon è il massimo artefice di quest’arte, a mio modesto parere.
Come metodo di lavoro il tuo è molto simile al mio…
Ho tempi “lunghi”, sottraggo tantissimo ed anche io scrivo la mattina, in pigiama, dopo aver preso il caffè.
Poi mi accade che in corso d’opera un personaggio che doveva essere marginale mi prende la mano e vuole diventare il protagonista…
E’ accaduto con la Tana del Salmone e con Canapa (che uscirà a fine anno)
Quello che sto scrivendo da sei mesi è in fase di stallo, ma sono certo si sbloccherà ad agosto quando andrò al mare…
Quel mese è molto fruttuoso, sarà lo iodio, sarà che non mi va di stare al sole… scrivo molto di più delle solite ore del mattino…
La terrazza del lido è molto ventilata, all’ombra e c’è la presa di corrente per il portatile e il gestore del lido, anche se gli consumo un po’ di corrente, non dice nulla… con tutto quello che pago per l’ombrellone ed i lettini vorrei vedere se ha il coraggio di caricare il sovraprezzo Enel!
PS
mi piace “senza nome”