TRA SOGNO E BUROCRAZIA: Italia Vs Germania – Ultima parte

Qualche giorno fa ho rivisto il caro Devid di ritorno dall’Uganda. Il poveretto, nonostante la buona accoglienza dei suoi amici laggiù, si sentiva comunque troppo segregato e limitato in un paese come l’Uganda dove ancora oggi essere omosessuali è un reato! Addirittura qualche settimana fa alcuni estremisti politici e fondamentalisti religiosi del luogo volevano discutere in Parlamento l’introduzione di una legge che prevedesse la pena di morte per ‘casi recidivi di atti omosessuali’! Per fortuna grazie all’intervento di varie associazioni per la tutela dei diritti umani e all’azione della comunità internazionale, tale agghiacciante possibilità è stata impedita:

(http://www.wallstreetitalia.com/article/1131071/uganda-nessun-dibattito-in-parlamento-sulla-legge-contro-i-gay.aspx)

L’amico Devid ha comunque deciso di non fare ritorno in un paese in cui i più elementari diritti umani vengono calpestati, ma nonostante tutto, pare non volersi fermare in Italia. Mi ha detto ‘Sono giovane ho voglia di nuove esperienze – non fraintendermi – di nuove possibilità che il nostro bel paese purtroppo non può offrire…’

E come dargli torto? Effettivamente il nostro paese offre poco e niente a giovani che hanno voglia di fare. Dopotutto Devid non vuole nemmeno pensare a ricominciare la lunga tiritera per riuscire ad aprire un nuovo salone di parrucchiere, senza poi contare tutte le problematiche e gabelle che negli anni ti si riversano addosso.

Come ho già detto nell’articolo precedente su questo stesso tema, Devid l’anno scorso ha venduto la sua attività sia per ragioni di cuore ma anche per i tanti troppi obblighi e oppressione fiscale che il nostro ordinamento fa gravare indistintamente sulle imprese da quelle piccole (o piccolissime) a quelle più grandi. Per cui il nostro amico, dopo una breve vacanza nel bel paese, partirà per nuovi lidi. Pare indeciso se andare ad aprire un Salone di coiffeur a Londra o a Berlino. Sia il Regno Unito che la Germania garantiscono a chi vuole avviare un’attività, una maggiore semplificazione dell’iter burocratico (quasi inesistente rispetto all’Italia) sia in avvio dell’azienda che successivamente durante lo svolgimento dell’esercizio imprenditoriale.

Il successivo video, tratto dalla trasmissione Report (Rai 3), evidenzia assai bene le abissali differenze che esistono fra Germania e Italia, sta volta in ambito edilizio, soltanto per abbattere un esile muro nel proprio salotto di casa.

Le pratiche edilizie in Germania

http://www.youtube.com/watch?v=TycsFTQG4h4

 

Come già esaminato in conclusione della prima parte di quest’articolo, sempre in Germania, per l’avvio di un’attività l’iter si conclude nel giro massimo di 1-2 settimane, avendo speso appena qualche decina di euro. Questo è possibile perché l’amministrazione pubblica in questo paese (ancora di più nel Regno Unito) è molto snella e veloce. In Germania non capita che ti ‘sbattino’ da un ufficio all’altro per un giro in giostra che pare non finire mai. Tu vai nell’ufficio indicato e il tutto si conclude in quello stesso ufficio che comunica tutto quanto è necessario a tutti gli enti coinvolti nel tipo di attività che intendi aprire.

Già alcuni anni fa ancora la trasmissione Report della terza rete Rai si è occupata di tale questione rivelando che in Germania al fine di ottenere il permesso per iniziare un’attività – contratto d’affitto alla mano – ci vuole al massimo un quarto d’ora! Difatti è sufficiente andare nell’ufficio preposto fornire il contratto di locazione all’impiegato che ti chiede i dati personali, l’indirizzo dove verrà aperto il locale, poi l’addetto ti manda giù alla cassa, paghi 30 euro, e alla cassa stessa arriva direttamente dall’ufficio sopra l’autorizzazione cioè il permesso ufficiale con cui puoi avviare il tuo nuovo negozio.

Quindi qualche minuto e pochi euro sono sufficienti per aprire un qualsiasi negozio, di vestiti come di profumi o di articoli per la casa. Ma funziona similarmente anche per i prodotti alimentari! Sempre dall’intervista di Report il gestore di un negozio in Germania afferma di aver aperto una bottega di prodotti biologici (dove vende frutta, formaggi, salumi, ecc.) e che per farlo è stato sufficiente andare al Comune, compilare l’elenco dei prodotti che aveva intenzione di vendere e passare alla cassa dove per 30 euro gli hanno dato la licenza.

Come già descritto nell’articolo precedente in Italia per aprire un’attività del genere non funziona certo allo stesso modo, né per quanto riguarda l’iter burocratico (esasperatamente più lungo) né per quanto riguarda i costi che possono – a seconda del tipo di attività che si desidera intraprendere – essere 20 o 30 volte più elevati… e solo per ottenere la licenza!

Da noi, infatti, devi andare in Comune – sempre che l’ufficio preposto non sia in qualche sede distaccata – ritirare il modulo per far richiesta della licenza, ma a differenza di quanto accade in Germania non è sufficiente riempirlo, riconsegnarlo pagare in cassa per ricevere l’autorizzazione. No, qui in Italia questo formulario deve essere compilato in tutte le sue parti e per poterlo fare sono necessarie molteplici cose: firme, timbri, abilitazioni (scolastiche o lavorative), partita I.V.A., ecc.

Dunque prima di tutto bisogna assicurarsi di avere tutti i requisiti e relative documentazioni che ti permettono di inoltrare la richiesta al fine di ottenere (forse) la licenza. Per procurarsi una partita I.V.A. è necessario prima di tutto rivolgersi all’Agenzia delle Entrate e avere anche l’iscrizione al registro delle imprese presso la Camera di Commercio. Il tutto si traduce in ulteriori perdite di tempo vagando fra diversi uffici e soprattutto nei primi esborsi tra marche da bollo, costi d’iscrizione al registro delle imprese e diritti annuali (dai 100 euro in su) per la Camera di Commercio! Somme che vanno direttamente nelle casse della Camera di Commercio, a quale scopo?

A quanto pare è una tassa a cui corrispondono dei servizi forniti alle imprese, come eventuali promozioni che vengono organizzate, mostre e fiere per promuovere prodotti della provincia di appartenenza, o in alcune province permettono di accedere al portale Internet della Camera di Commercio tramite il quale un’impresa può addirittura farsi conoscere da tutto il popolo dei naviganti! Ma cosa se ne fa di una vetrina su Internet o di una fiera promozionale uno che per esempio vende patate e zucchine nel proprio paesello? Ad ogni modo dopo tutti questi giri non abbiamo in mano che la metà dei permessi che ci servono per aprire l’attività avendo però speso già 4 volte di più di quel che costa l’intera procedura in Germania, per non parlare del tempo perso.

Anche in Germania prima di poter iniziare un’attività commerciale devi avere la partita IVA, ma a differenza che in Italia per ottenerla non devi fare assolutamente nulla! Quando compili la richiesta per aprire la tua attività, tutti gli uffici interessati vengono informati automaticamente, e quindi anche l’ufficio del fisco. Sono loro poi a spedirti a casa quello che ti serve, non devi far altro che aspettare che ti spediscano tutto al tuo domicilio!

Ma come detto l’iter (italiano) è ancora lontano da essere concluso. Infatti se vuoi avviare un’attività in cui si ha a che fare con gli alimenti, è necessario rivolgersi anche all’Asl di competenza, la quale dovrebbe elencare tutti i requisiti necessari per ottenere anche la loro autorizzazione. Nel caso in cui si voglia aprire ad esempio una frutta e verdura – attività questa già più ‘semplice’, in quanto non prevede la manipolazione e trasformazione dell’alimento, rispetto alla gelateria già trattata nell’articolo precedente – si deve valutare l’areazione dei locali in cui si vuole aprire questo genere di esercizio, in quanto è molto importante dare modo alle verdure di respirare.

Invero le caratteristiche igieniche richieste sono più o meno le stesse di quelle che devono essere rispettate anche in Germania, a questo punto teoricamente dovrebbe bastare fare i lavori richiesti dall’Asl nel negozio per essere a posto, invece non è così… almeno in Italia. Infatti molto spesso nel bel paese ti vengono richiesti vari certificati, planimetrie curate da geometri, naturalmente a costi non indifferenti. E tutto questo per indicare semplicemente l’altezza delle pareti, la superficie del negozio, ecc.

Anche in Germania per essere in regola l’ufficio d’igiene ti richiede questi certificati? La risposta appare ormai ovvia, assolutamente no; perché in Deutschland durante l’ispezione sanitaria guardano in tutti i buchi, verificano che tutto sia a norma, e sono anche molto severi ma non chiedono né planimetrie del negozio né altri documenti inutili che in realtà hanno solo lo scopo di permettere all’Asl di lavarsene le mani.

A questo punto penserete che sia finita qui? No perché se non hai già lavorato per un certo periodo nel settore alimentare specifico o non hai un titolo di studio pertinente o almeno una laurea (chissà poi perché una laurea dovrebbe renderti più competente nel vendere cetrioli?!) ti manca uno dei requisiti per ottenere la licenza dal Comune. Dunque non ti resta che frequentare un bel corso di almeno 40 ore che ti prepari alla vendita e manipolazione di patate e zucchine! E quel che più importa a sborsare altre diverse centinaia di euro per pagarlo.

Quindi per ottenere la licenza per una frutta e verdura (o altra nel settore alimentare) spendi migliaia di euro e qualche mese di tempo, mentre in Germania fai tutto con qualche decina di euro e alcuni minuti di fila! Assolutamente assurdo eppure funziona proprio così se non peggio.

Conosco una persona che si è messa in testa di aprire un tabacchino… vi risparmio il noioso e lungo cammino amministrativo, vi basti sapere che in Italia, siccome c’è il regime di monopolio, bisogna chiedere al monopolio stesso se c’è la possibilità di aprire un nuovo tabacchino; naturalmente i costi lievitano vertiginosamente (minimo 30 mila euro) per riuscire a ottenere dopo mesi di tribolazioni la tanto agognata concessione. Le cose non vanno meglio se si intende rilevare un tabacchino già avviato, perché oltre ai costi di acquisto devi versare al monopolio il 50% dei soldi che il vecchio tabaccaio ha guadagnato nell’ultimo anno di attività. Che ci faranno poi con tutti questi soldi? Mah… io l’ho sempre detto che fumare fa male!!

E in Germania come funziona? Qui per aprire una tabaccheria, ci vuol la stessa procedura come aprire un negozio d’abbigliamento, di scarpe o che sia, vale a dire: si pagano alcune decine di euro in Comune e in pochi minuti ti rilasciano l’autorizzazione e puoi iniziare a vendere tabacchi.

Ma dopo tutta questa fatica e stress per intraprendere una qualsiasi attività imprenditoriale, lo Stato ti verrà incontro no? Nemmeno per sogno, basta leggere i quotidiani o articoli online per scoprire che:

“Con la stessa pressione tributaria della Germania, gli italiani risparmierebbero 1.400 € l’anno di tasse. In termini di gettito complessivo, sempre a parità di condizioni fiscali tra i due Paesi, l’Erario italiano riceverebbe 82 mld di € in meno”.

A fare questa dichiarazione è il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi che inoltre ha affermato:
“[…] Sempre secondo una nostra elaborazione […] l’Italia presenta il record europeo di importo totale delle tasse sugli utili di impresa (68,6%). Le imprese tedesche […] registrano un carico fiscale del 48,2% sugli utili […]”.

Quindi le imprese (in particolare piccole e medie) oltre a venir ‘tartassate’ prima di avviare l’attività vengono tartassate dopo dal fisco. E come se non bastasse, nel rispetto dell’italica consuetudine, si adattano i regolamenti comunitari con lo scopo di creare nuove possibilità lucrose per alcuni… ma sempre a scapito delle aziende e del cittadino.

Ne sono un esempio i vari corsi imposti alle imprese durante lo svolgimento del proprio esercizio. Si parte da quello per l’HACCP e relativo libretto, sostitutivo del libretto sanitario (soppresso per semplificare la vita alle Asl non certo alle aziende), a cui da poco si è aggiunto l’essenziale valutazione dello stress nell’ambiente di lavoro, anche se hai un solo dipendente. Ovviamente ti viene più l’orticaria per il corso che a causa del lavoro! E qui partono già dai 400 agli 800 euro.

Poi, sempre anche con un solo dipendente, devi fare un corso di pronto soccorso perfino se hai una frutta e verdura, così se il tuo commesso scivola su una buccia di banana e batte il capo sai come mettergli una busta di ghiaccio in testa o nei casi più gravi fargli una respirazione bocca a bocca… ma poi invero ti dicono che se non sei sicuro di quello che fai, per evitare di aggravare la situazione, non devi fare altro che chiamare il 118… e per forza! Solo che per spiegarti queste semplici regole sei obbligato a frequentare varie lezioni e sborsare altre centinaia di euro (con aggiornamenti ogni 4 anni).

Ma mica è finita qua, infatti in una frutta e verdura che si rispetti (o anche in una gelateria con 4 tavolini e 1 dipendente) è obbligatorio fare il corso ‘antincendio’ – fosse mai che la scarola prenda fuoco – con relativa nomina del ‘responsabile antincendio’, che per fortuna può essere lo stesso titolare. Il costo? Beh 300 euro e oltre… ma che vuoi che sia? Finora per corsi vari siamo giunti ad appena a mille e duecento euro… si fa per dire…

Avremmo pur concluso con il dover aprire il portafoglio? Macché! Perché oltre a fare il corso antincendio è necessario munirsi di un congruo numero di estintori conformemente alle dimensioni del locale, sempre per evitare che zucchine o gelato (in base all’attività svolta) vadano in fumo. In verità ad andare in fumo sono i già magri guadagni delle piccole aziende, precisamente un estintore costa minimo 200 euro a cui bisogna aggiungere la manutenzione annuale (se non semestrale) cioè ulteriori 80-100 euro.

Questo è solo un quadro generale, non esaustivo, della realtà in cui sono costrette purtroppo a lottare per sopravvivere tante piccole e medie ditte italiane. Non ci si meravigli poi se molte aziende falliscono o preferiscono trasferirsi all’estero per svolgere con più libertà – sebbene con il dovuto rigore – la propria attività. Non ci si sorprenda se qualcuno fa il furbo… del resto la sensazione è quella di essere fregati seppur legalmente da chi invece dovrebbe tutelarti.

Forse meglio concludere qui la mia testimonianza, un po’ amara, sul mondo imprenditoriale. Nonostante quanto scritto, non volevo scoraggiare i futuri imprenditori, ma proporre solo un piccolo corso preparatorio… e forse è anche uno sfogo nella speranza che qualche sordo finalmente senta e provi a cambiare alcune cose per evitare di soffocare definitivamente una ricca risorsa – quella delle piccole e medie  imprese – tutta italiana.

Auguro infine a Devid tanta fortuna per la sua nuova avventura, forse in Gran Bretagna, dove pare abbia tutte le intenzioni di diventare principe… non ho capito bene come, ma mi parlava di un certo bel ragazzo, ancora celibe, dalla chioma rossa…


Si ringrazia per la correzione del testo Micaela Lazzari

3 Replies to “TRA SOGNO E BUROCRAZIA: Italia Vs Germania – Ultima parte”

  1. aggiungo che grazie agli studi di settore in Italia paghi le tasse in base a come si SUPPONE hai guadagnato….ovvero se loro dicono che dovevi guadagnare 50000 euro, ed hai guadaganto 0, tu paghi le tasse per 50000 euro.

    In Germania non c’è nemmeno l’obbligo dell’emissione dello scontrino….una cassa costa 1000 o 1500 euro…e dopo pochi anni devi avere una stanza intera per mantenere tutti i documenti che sei costretto a conservare onde evitare multe, che tanto poi alla fine ti fanno ugualmente perchè è impossibile essere in regola con le migliaia di leggi e leggine imposte.

    E poi la gente pensa che gli evasori siano quelli che non fanno lo scontrino al bar per un caffè…e nessuno pensa che gli evasori siano i nostri politici…

  2. Già, purtroppo cara Beatrice.
    Per quel che riguarda la tabaccheria non conosco bene il settore, ma ti posso dire solo che il mio amico ha dovuto superare molte difficoltà per aprire… e se poi non hai un grosso giro, i guadagni non sono nemmeno così esaltanti… se poi ci aggiungi i vari balzelli tipicamente italiani il cerchio di ‘fumo’ si chiude.

  3. Tutto verissimo, purtroppo. A me sarebbe tanto piaciuto aprire una tabaccheria, ma ho dovuto rinunciare

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