La vita è tutta un Tir

 
di Elisa Scaringi

 
tir

 

Il Marc’Aurelio d’Oro 2013 è stato assegnato all’italiano “Tir”, “una prospettiva calata nella realtà di tutti i giorni”, ha spiegato il regista Alberto Fasulo, “attraversando un’Europa in crisi economica (anche se forse sarebbe più corretto parlare di crisi di modello economico) in una società che sembra spaventata, anzi terrorizzata, alla sola idea di dover rinunciare a qualcosa”. Ha continuato il regista: “il camionista Branko è parente del rappresentante in cravatta, del manager in camicia, dello scienziato, dello scrittore, dello studente universitario fuori sede, dell’operaio a tempo determinato che cambia lavoro di continuo, assunto dalle agenzie interinali. M’interessava raccontare questa solitudine e esplorare i limiti di resistenza di una persona che ha compiuto una scelta lavorativa più o meno consapevole e adesso ne paga le conseguenze, vivendola fino in fondo. Nei miei cinque anni di ricerca per le strade, dentro le cabine dei camion, nelle aziende di trasporto, ho visto e incrociato molte storie e molte esperienze diverse.”

alberto fasulo

Dopo il Leone d’Oro a “Sacro GRA” di Gianfranco Rosi, il cinema italiano di strada continua ad affascinare i festival internazionali. L’affermato documentarista friulano Alberto Fasulo, il regista, ha convinto l’attore protagonista, lo sloveno Branko Završan, a prendere la patente di guida e a vivere in simbiosi con lui, e la sua telecamera, per tre mesi nella cabina di un tir. Supportato da un autista di una ditta italiana, assunto a tempo determinato, Branko guida sul grande schermo le gioie (lo stipendio tre volte più alto di quello da insegnante a Rijeka) e i dolori dei camionisti.

“Lavorare con gli attori è stata inizialmente una forte responsabilità”, ha spiegato Alberto Fasulo, “definita la sfida, le motivazioni e il metodo ci siamo chiusi in cabina, Branko faceva il camionista mentre io lo filmavo facendo succedere degli accadimenti anche a sua insaputa. In quattro mesi abbiamo fatto tir red carpetpiù di 30.000 Km, mi sono accorto che abbiamo tracciato una X sull’Europa, dalla Svezia a Roma da Budapest a Siviglia, il confine tra reale e finzione si è sfuocato molte volte. Abbiamo discusso sulla differenza tra l’essere stanchi e recitare ad esserlo, ma alla fine siamo diventati amici, anche se molte volte gli negavo di lavarsi, di radersi o gli chiedevo di cucinare ancora accanto alle ruote del TIR. Quando siamo usciti da questa intensa avventura siamo entrambi cambiati nella percezione delle nostre vite quotidiane.”

 

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