La saga di Hashimoto 10: Li Pecure

Hashimoto in uno dei suoi viaggi intorno al mondo si è trovato a passare nella terra dei pastori silenti sulla Maiella ed anche lì ha lasciato il segno.

Un certo Motilinsegnije fu profondamente attratto dallo spirito poetico nippo-napoletano della scuola Hashimotiana e gli si convertì.

Di lui parla il noto scrittore roccascalegnano–kiotano Nduccio Tashiuko Pomponio nella sua opera “Nun è che sule Gabriele è lu poeta de la Maiella isse e li tamerici salmastre e le coccole aulente ovvero Biografia di Motilinsegneje”.

È d’uopo qualche notazione biografica su questo oscuro, ma non per questo meno sublime poeta pastore che assomma in sé, in un mix originalissimo, sia l’ispirazione hashimotiana degli haiku e del samurai che nun se scorda ‘a mamma, sia quella napoletana del Cacace del “o piscatore ro mare ‘e Okinava”, sia, infine, la poesia ovino-dannunziana “piove su nostri corpi e ‘a prossima volta portete ‘o mbrelle”.

Motilinsegnije è un alto pastore della Maiella (alto nel senso che si è istruito presso l’università “Ma sei tu o no?” facoltà di psicologia degli ovini), ma in realtà non supera il metro e cinquanta per due di circonferenza e trascorre molto del suo tempo nei pascoli ove oltre, come è giusto che sia, accudisce il suo gregge di pecore, si diletta a tradurre il linguaggio umano in quello ovino e viceversa.

Eccone un frammento significativo della sua produzione poetica dal titolo:

LI PECURE E L’AKASHA

Dopamina

Agente fisiologico

Chiave chimica

Illusoria

Accesso ai segreti

dell’akasha.

NOTE AL FRAMMENTO

E adesso entriamo nel significato profondo della squisita poesia e che estrinseca la intensità dell’animo di Motilinsegnije.

Un giorno il Poeta si accorse che le pecore non brucavano più volentieri quella verde, tenera e rorida erbetta, tanto declamata dal suo antenato, il famoso poeta “Agabbriè”: “Mmmm… mi sa tante ca ci manche nu poche de concime, mo li vaje a’ ccattà”.

Si recò così allo spaccio, ma tuzzulea tuzzulea, nessuno gli apriva.

– Mò li vu vedè ca Silvie ma ha fatte ‘na frigature e si n’è iute a scià mezza a la neve?-

Infatti il negoziante, che amava praticare lo sci di fondo, ma soprattutto amava le sciatrici e che soffriva, a cagione degli stravizi sessuali, di smemorataggine, aveva lasciato la chiave dello spaccio infilata nella toppa.

Il furbo pastore: “Ah! Li si lassate aecche la chiave? E mò ti freghi jè”.

Motilinsegnijè cauto cauto aprì la porta e cercò il concime.

Ed infatti: “Cerche tu ca cerchi jè… ti so truvate! Li vu vedà ca sta dentre all’akasha?”

Infatti così fu: quatto quatto aprì l’akasha, prese il concime a base di sterco di pecora della Maiella e di un ingrediente segreto del negoziante che tutti chiamavano: “Doppetelaccongiijè come si deve”.

Il poeta tornò sui verdi pascoli e lo versò sulla tenera erbetta.

Il giorno dopo tutte le pecorelle rincorrevano il montone e il suo gregge in breve tempo divenne numeroso e lui ricco.

Intanto il negoziante Doppetelaccongiijè come si deve, considerato che il merito della ricchezza del pastore poeta era merito anche dell’ingrediente segreto, gli chiese una percentuale.

Motilinsegnije taccagno più taccagno dei taccagni giapponesi rifiuta di pagare, sfodera la sua fida katana ricordo di Hashimoto (se non metto la katana lo sponsor non mi paga) ed infilza il povero Doppetelaccongiijè come si deve.

E pure stavolta “Ci simme fatte male cu sta cazze e katana”

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