SULLA STRADA – di Jack Kerouac

sulla strada

«Dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo».
«Per andare dove, amico?»
«Non lo so, ma dobbiamo andare».

Prima di addentrarci nel perché leggere questo splendido libro, inizierei con una curiosità: questo romanzo è lungo… 36 metri! Non preoccupatevi di fittare un tir, questa strana misura si riferisce all’unico rotolo per telex utilizzato per la dattiloscrittura del suo testo. Quest’unico e lungo foglio è stato battuto all’asta nel 2001 per la bella cifra di 2 milioni di dollari! E pensare che diverse case editrici avevano rifiutato la pubblicazione del romanzo, fino a quando Malcom Cowley, della Viking Press, decise di accettarne la stampa.

Fin qui la genesi, ma di cosa tratta “Sulla strada”? Racconta principalmente la storia di Sal Paradise, uno studente che “da grande” vuole fare lo scrittore e quella di Dean Moriarty, una specie di Lucignolo che lo convincerà a intraprendere lunghi viaggi per il Nord America.

Non è solo la storia di un viaggio, è anche quella dell’incontro tra Sal e Dean, quest’ultimo è l’eroe in nero, il personaggio di rottura che induce Sal a lasciare la sua vita borghese, fatta di valori come il lavoro, una fissa dimora e la responsabilità, per intraprendere un viaggio dove la meta è il viaggio stesso, visto l’unico strumento per rendere la propria vita pregna di esperienze, situazioni che spesso porteranno all’estremo limite i protagonisti della storia.

La cosa interessante è che Dean Moriarty è in realtà Neal Cassady che fu, anch’egli, scrittore statunitense ed esponente della Beat generation di cui parlerò più avanti. Neal Cassady non riuscì a emergere praticamente in niente, ma fu senz’altro un personaggio affascinante. Tanto per cominciare è curiosa la sua nascita che avvenne, guarda il caso, durante un viaggio dei suoi genitori! Il personaggio di Dean è molto simile a quello reale al quale s’ispira, Jack Kerouac ce lo dipinge come un folle alla ricerca del padre alcolista scomparso anni prima, sempre in viaggio non solo sulla strada, ma anche attraverso esperienze forti come donne e droga, alcolismo e auto rubate, proprio come il vero Neal Cassady, che morì assiderato lungo i binari della linea ferroviaria del Messico. Prima di morire, Cassady raccontò le sue lunghe esperienze di vita nel romanzo autobiografico “I vagabondi” (pubblicato in Italia da Mondadori, 1998).

Come ho detto, questo romanzo divenne un’opera di riferimento della cosiddetta beat generation, vediamo di cosa si tratta. Questo movimento, sviluppatosi negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, coinvolse diversi settori come la poesia, la letteratura romanzesca e l’arte. La beat generation vuole rompere col passato, infatti il poeta statunitense Gregory Corso scrisse: «Beat è il viaggio dantesco, il beat è Cristo, il beat è Ivan, il beat è qualunque uomo, qualunque uomo che rompa il sentiero stabilito per seguire il sentiero destinato». Tutti gli esponenti di questo movimento culturale avevano la caratteristica di essere giramondo, lo è stato lo stesso Kerouak, come pure Ginsberg, Burroughs, Neal Cassady, tanto per citarne qualcuno.

Questi scrittori e poeti erano la cosa più lontana possibile dalla figura del poeta solitario, rinchiuso in una buia stanza alla ricerca di se stessi. Molti di loro entrano ed escono da riformatori e galere, rubano auto, vivono per strada. Ecco quindi che “Sulla strada” non è semplicemente un romanzo di fantasia, ma un manifesto di questa nuova filosofia di vita: la Beat generation.

Il termine beat fu coniato nel 1947 proprio da Jack Kerouac (nella foto), ma il battesimo formale si ebbe solo nel 1952 quando sul New York Times Magazine venne pubblicato l’articolo This is the Beat Generation. Che cosa s’intende per “beat”? Il significato non è facile da trovare in una traduzione, cito direttamente da Wikipedia: Beat è un termine che assume molteplici significati già in inglese, e in italiano è tradotto e spiegato in varie accezioni. Beat come beatitudine (Beatitude), la salvezza ascetica ed estatica dello spiritualismo Zen, ma anche il misticismo indotto dalle droghe più svariate, dall’alcol, dall’incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente, sviscerando tutto ciò che la mente racchiude. Beat come battuto, sconfitto in partenza. La sconfitta inevitabile che viene dalla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi imposti e inattaccabili. Beat come richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell’istante. Beat come ribellione. Beat come battito. Beat come ritmo. Quello della musica jazz, che si ascolta in quegli anni, quello del be bop, quello della cadenza dei versi nelle poesie.

Tornando al romanzo, esso si compone essenzialmente da una serie di episodi tutti avvenuti alla fine degli anni 40 del Novecento, i suoi protagonisti sono visti sempre in viaggio attraverso le strade degli Stati Uniti.

Nella foto qui a sinistra è possibile seguire gli itinerari descritti nel libro. In rosso quello del 1947, in blu quello del 1949 e in verde quello del 1950.

Nel romanzo si hanno diversi riferimenti a personaggi realmente esistiti come Allen Ginsberg, poeta statunitense 1926-1997, (nel romanzo è Carlo Marx) oppure William Burroughs (nel romanzo Old Bull Lee) uno scrittore e saggista statunitense (1914-1997). La verità è che il romanzo “Sulla strada” è pregno di personaggi davvero esistiti e che Kerouac ha conosciuto di persona e con i quali ha viaggiato in giro per gli Stati Uniti. Nella prima versione del romanzo questi nominativi erano in chiaro, ma l’editore obbligò a usare degli pseudonimi, se ne possono contare oltre cinquanta tra i quali lo stesso Jack Kerouac (Sal Paradise), Ed White (Tim Gray), Herbert Huncke (Elmer Hassel), Gregory La Cava (“The famous director”), John Holmes (Ian MacArthur) e così via.

Ecco una citazione direttamente tratta da romanzo “Sulla strada” che la dice lunga sulla mentalità di questi uomini della beat generation:

«Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh!»

In tutto il romanzo si ha questa idea del viaggio come esperienza più che come mezzo per raggiungere una meta, ma per quanto lontano si arrivi, alla fine si torna sempre a casa ed è quello che fa Sal quando una volta torna dalla madre e un’altra volta dalla sorella, sempre in luoghi isolati, tranquilli, nella pace a volte piatta della vita familiare. C’è molto di Kerouac nel romanzo, c’è la sua filosofia, la sua vita, le sue debolezze, come quella per l’alcool che lo porterà a una morte prematura. Nel romanzo c’è la scoperta della droga, come la marijuana che Sal e Dean scoprono nel loro terzo viaggio verso Sud, tuttavia nella beat generation non c’è la voglia di sperimentare viaggi mentali, ciò che spesso viene chiamato trip o psichedelia, e nemmeno in “Sulla strada” si avverte questa voglia che invece diviene una moda nell’evoluzione della stessa beat generation verso movimenti più distruttivi che caratterizzarono gli anni 60 del Novecento.

Quello che invece si nota in “Sulla strada” è questo continuo senso d’insoluto, di una vita sempre irrisolta, di un allontanamento verso la scoperta e poi il ritorno verso ciò che si conosce. La seduzione di questo romanzo e del suo autore è che non hanno alcuna pretesa d’insegnare o di farsi maestri di vita, tutto al più si pongono come qualcuno che vuole imparare, che sperimenta la vita, ma anche di qualcuno che comprende che non si è mai veramente liberi. Ecco perché Sal, al contrario di Dean, ha momenti di malinconia, è sul punto di mollare, capisce che c’è qualcosa che resta sempre e comunque inafferrabile.

In definitiva “On the road” è un romanzo da sperimentare, lanciandosi in questi lunghi viaggi ascoltando la musica di Billie Holiday o di Charlie Parker. D’altro canto se questo libro è diventato quello che oggi viene chiamato Long Seller un motivo ci deve pur essere; a voi l’onere di scoprirlo o di stroncarlo.

Massimo Petrucci
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