999 L’ultimo custode – Analisi

999 L'ultimo custode - Carlo MartigliQualcuno, recensendo il romanzo “999 L’ultimo custode” di Carlo Martigli, lo ha associato al “Codice da Vinci” di Dan Brown, Il Giornale lo ha definito «Un Codice da Vinci all’italiana, ma scritto meglio» lo si può leggere nella quarta di copertina del romanzo stesso. Personalmente credo che l’accostamento sia solo superficiale e serva per lo più al marketing del libro. Questo thriller storico non ha lo stile “fiato sul collo” che caratterizza la scrittura di Dan Brown, ha un respiro più ampio e più tradizionale al romanzo nostrano.

Di sicuro anche qui c’è una Chiesa che tenta di occultare tesi e prove della sua fragilità, l’autore ci porta nel cuore storico della faccenda portando in luce personaggi che per la maggior parte dei lettori, sono solo conosciuti “per nome”.

Conoscevo Pico della Mirandola, reminiscenze di scuola superiore, se avessi però dovuto dire nel particolare chi fosse e che cosa avesse fatto, confesso, arrossendo, che mi sarei trovato in grave difficoltà.

Al di là della storia e dell’intreccio, ho apprezzato la cura dei dettagli, perfino le frivolezze del tempo, che mi hanno permesso di “osservare” costumi e usi di un periodo lontano che ancora oggi riesce ad affascinarci. Bello il colpo di teatro sulla vera identità di Cristoforo Cybo ovvero Cristoforo Colombo, chi di voi (io di sicuro no) sapeva che il padre del famoso scopritore del nuovo mondo fosse papa Innocenzo VIII? In realtà è solo una tesi, anche se fondata su riferimenti storici. Anche qui c’è comunque del mistero, infatti esistono ben quattro teche contenenti le (presunte) ceneri di Colombo: una si trova alla Biblioteca Universitaria di Pavia, la seconda presso il comune di Genova e le altre due in luoghi segreti di cui non se ne può dichiarare apertamente l’indirizzo; addirittura degli studiosi hanno chiesto l’analisi del DNA.

È interessante, tornando al romanzo in questione, l’intreccio tra personaggi sconosciuti e inventati e personaggi storici veritieri come Lorenzo il Magnifico, Savonarola, nonché il perverso inquisitore Tomàs de Torquemada e il famoso libro sulla stregoneria, il famigerato: Malleus Maleficiarum, di cui avevo già letto in altri testi.

Man mano che si avanza nella lettura, si mettono insieme i pezzi e si comprendono meglio anche aspetti trasversali alla storia, come l’accanimento contro gli ebrei, partito sempre da interessi economici e sempre a opera della Chiesa, ma anche l’attacco al sesso femminile sfociato nelle migliaia di roghi in tutt’Europa.

Ciò che dovrebbe essere chiaro, al di là del romanzo e delle sue fantasie – non dimentichiamo che si tratta di un’opera che non vuole essere un saggio storico né ha la pretesa di esserlo – è il fatto che la Chiesa e la sua religione sono in realtà un’accozzaglia di tradizioni e culti già esistenti prima di Cristo, messi insieme per “accontentare un po’ tutti”, una scelta politica prima ancora che filosofica. Per millenni la Chiesa è stata principalmente concentrata sul mantenimento dello status quo e del rafforzamento del suo potere, soprattutto politico ed economico.

Con il passare dei secoli, essa ha perso il potere “occulto”, grazie al fatto che mediamente la popolazione è cresciuta dal punto di vista culturale, e si è “riscoperta” religione e filosofia di vita, nascondendosi dietro al “mistero della vita”, pur mantenendo comunque la sua connotazione terrena avendo uno Stato, una banca centrale e centinaia d’intrecci politici-economici in giro per il mondo.

Il nocciolo di tutto il romanzo è il concetto di un Dio che per millenni è stato descritto come un essere potente e vendicativo, al quale bisogna sottomettersi umilmente, che non va compreso, ma assecondato, ascoltato, servito. Da ciò ne deriva che la nostra vita è esclusivamente al suo servizio e – passatemi il termine – di chi ne fa le veci terrene, viene aggiunto a tutto ciò un Peccato Originale che ci segna a fuoco ancor prima di venire al mondo, siamo peccatori già prima di avere la capacità di pensare, parlare o agire! Non c’è scampo.

Diversamente, assimilare l’uomo a Dio, accettare che ognuno di noi può tendere al divino, diventa pericoloso e destabilizzante non solo per la Chiesa Cattolica, ma per tutte le grandi religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo, Islam). Addirittura immaginare un creatore non più maschile, ma femminile è totalmente inaccettabile da coloro che dichiarano il sovrano una volontà divina, l’uomo in quanto maschio padrone di tutte le cose terrene. Eppure, ove mai una potenza creatrice esista, non può che essere femmina, come il buon senso suggerisce, come normalmente accade in natura. Qui si cade nel filosofico più spinto che ci allontana pericolosamente dallo scopo di quest’articolo.

Tornando a “999 L’ultimo custode”, il suo autore immagina (oppure è vero?) che oltre alle 900 tesi, Pico Conte di Mirandola ne abbia scritte altre 99, e sono queste a cui Hitler anela, credendo che possano in confermare l’autenticità divina del popolo ariano. Il romanzo racconta infatti di due storie storicamente separate eppure intrecciate: una che si svolge tra il 1400 e il 1500 e l’altra a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Personalmente ho amato e apprezzato di più ciò che è accaduto nel lontano 1400, anche e soprattutto per un aspetto importante, che poi credo sia il nocciolo del romanzo, mi riferisco al fatto di riportare nuovamente all’attenzione uno dei più grandi geni e filosofi del Rinascimento italiano, chiaramente sto di nuovo parlando del conte Pico della Mirandola.

L’insegnamento filosofico di Pico viene dalla sua voglia di unificare piuttosto che dividere, dalla volontà di trovare terreno comune, piuttosto che alzare mura di cinta. Questo è un duro attacco al potere costituito, alla cieca sete di essere l’unica verità sostenibile, sete che è alla base delle potenti religioni monoteiste tuttora vigenti e tutt’ora fomentatrici di violenza e guerre [vedi Religioni e se ne facessimo a meno? <clicca qui>].

Le 900 tesi di Pico racchiudono proprio questo suo desiderio di concordia filosofica, in esse rigetta la nozione agostiniana di “peccato originale”, riscrivendo la naturale propensione mistica dell’uomo, destinata a mutare sempre la realtà delle cose terrene; incalza quindi la riunione delle tre grandi religioni monoteiste dell’epoca sotto un’unica dottrina teologico-spirituale, plasmata in base alle intuizioni profonde dell’intelletto umano.

Nella realtà, come nel romanzo, Pico sperava in una discussione tra “grandi saggi” aperta cioè ai grandi studiosi cristiani, musulmani ed ebrei. Chiaramente questa cosa non era accettabile dalla Chiesa il cui unico scopo era (ed è) conservare il suo potere che si basa principalmente sul mantenere ottusi coloro che popolarmente la sostengono. In virtù di questo, quando nel 1492 Pico pubblicò le sue tesi, esse vennero immediatamente messe al bando da Papa Innocenzo VIII e portò alla carcerazione di Pico.

Il romanzo racconta molto bene tutto ciò, arricchendo la lettura di personaggi illustri, eroici, romantici, che la rendono piacevole e mai pesante o noiosa.

Ultima nota, Pico della Mirandola morì nel 1494, recentemente l’Università di Bologna ha confermato, dopo un’interessante ricerca, i sospetti di morte per avvelenamento. Non è chiaro chi possa essere stato il mandante, in prima analisi c’è sicuramente la Curia romana, ma si aggiunge anche la stessa famiglia Medici che, pur essendo sempre stata sua sostenitrice e protettrice, non gli ha forse perdonato l’appoggio alla causa di Savonarola, che come qualcuno ricorda era, tra l’altro, proprio contro la ricchezza (e comunque non solo contro i Medici, ma anche contro la Chiesa e i suoi lustri).

Ancora una volta la libertà di pensiero viene pagata a caro prezzo, ma è stata anche fonte ispiratrice per coloro che sono venuti dopo e, tanto per citare qualche nome, scriverei Bernardino Telesio, Tommaso Campanella, Giordano Bruno… un altro finito al rogo perché “pensava troppo”.

 


Si ringrazia per l’editing Maryann Mazzella


Massimo Petrucci
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