La comunità dei viventi


di Flavia Chiarolanza

La filosofia non è solo una disciplina, ma un’arte. Coltivarne il dono è prerogativa di pochi, poiché essa rappresenta l’esaltazione del pensiero e – dunque – della parola. Porgerla nuda e cruda, in epoca di filtri ed escamotage linguistici, richiede abilità fuori dal comune.

Idolo Hoxhvogli può definirsi un autentico filosofo, forte di studi in tale ambito nonché presente, con i suoi lavori, in riviste quali “Gradiva” e “Cuadernos de Filologia italiana”.

Nel suo La comunità dei viventi, ci propone una lunga e attenta riflessione sul male che pervade la natura umana, la scelta della violenza e il riscatto da essa, fino alla ricerca perenne della libertà.

Non è una lettura semplice, vi avverto. E, tuttavia, vi esorto a immergervi tra le pagine di questo pamphlet, incerta io stessa se tale definizione si adatti a un simile lavoro o se occorra, piuttosto, un termine quale opuscolo o saggio. Confesso, in primis, la mia ignoranza e chiedo scusa all’autore se, pur senza volerlo, ho offeso la sua opera attraverso una nomenclatura sbagliata. Ma una cosa è certa: si tratta di una lettura affascinante, insolita. Una lettura che invita alla scoperta di concetti quali la catabasi, ossia la discesa negli inferi, metafora superba del vivere attuale.

Se il termine saggio, che sa tanto di accademico, è inviso, possiamo provare con il più semplice ma sempre efficace ‘libro’, quale insieme di pagine che ci conducono al recupero del tanto bistrattato pensiero. Un confronto intenso e impegnativo tra noi lettori e l’autore, che ci propone tematiche non di facile digestione ma di indubbio coinvolgimento, almeno per quanti nutrono il desiderio di non fermarsi all’apparenza, all’odiata superficie dei tempi moderni.

E vediamole, tali tematiche, abbandonate da chi, come l’uomo attuale, ricerca solo svago e spensieratezza, pur essendo l’epoca corrente tutt’altro che spensierata. Teologia e anarchia, per esempio; tecnica e trascendenza, quale binomio tra spiritualità e immanenza. L’esistenza dominata dalla automatizzazione, la speranza che si dissolve in città ricoperte “da materiali morti” (cito una delle frasi che mi ha maggiormente colpito). È sotto i nostri occhi: schiavi della tecnologia, che oggi si traduce anche nell’uso smodato dei social e della ormai onnipresente intelligenza artificiale, ci dimentichiamo di vivere. O forse non ne abbiamo più voglia, perché ci costa una fatica immane. Di qui l’inevitabile conseguenza: la solitudine, quella che – in tempi meno sospetti – aveva già individuato il grande Chaplin, e noi ritroviamo nelle nostre esistenze votate al consumo indefesso della tecnologia. Meglio questo che il pensiero critico, con la sua pletora di risposte inevase.

L’anelito? Preservare la comunità dei viventi contro la maledizione di quei materiali morti che rivestono le nostre città e le nostre vite.  

Ripeto, non una lettura semplice, ma un’autentica sfida, che vi invito a cogliere per ricavarne la migliore tra le ricompense: l’arricchimento interiore, l’ampliamento dell’universo ‘conoscenza’, l’ingresso timido e in punta di piedi in una dimensione concettuale sicuramente inedita per chi non è uso a quella che, nel mio incipit, ho voluto definire “l’arte della filosofia”.

 

Idolo Hoxhvogli, La comunità dei viventi, Editrice Clinamen, 2023

 

 

 

 

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