Arthur, io vorrei che tu Paul ed io…

Racconto e illustrazioni di Mauro Cristofani

 

La sirena annuncia la partenza. Il ragazzo s’accascia sul selciato, le membra scosse dai singhiozzi. Mi avvicino e lo sfioro, dico qualcosa ma non sente, è fortemente agitato. Un foglietto gli scivola via dalla tasca. Esito, poi lo raccolgo. Una frase sottolineata da un fregio che la vuol rafforzare ma che invece pare cancellarla mi colpisce…

scrivevo silenzi e notti, annotavo l’inesprimibile, fissavo vertigini

 

Garçon désespéré sei un poeta! Parole intense che nessuno avrebbe scritto e che mi resteranno sempre dentro, nella parte migliore.

Rinviene, vede il foglietto e me lo strappa dalle mani con un “merde!” ringhioso. S’alza di scatto, muove alcuni passi barcollando. Lo raggiungo afferrandogli un braccio, mi dà un pugno e cado a terra.

Quando riapro gli occhi è chino su di me, soccorrevole cerca di tamponare il sangue che m’esce dal naso. I nostri visi sono vicini, vedo bene i suoi occhi…

azzurro pallido squarciato da un fuoco blu notte, di profonda e inquietante tenerezza

come scriverà Delahaye, compagno di scorribande a Charleville. Ma per Verlaine

occhi d’un blu che lascia senza fiato

 

M’aiuta a rialzarmi. Lasciamo il molo di St. Katherine e andiamo al bar dei marinai. Puzzo tremendo e ombre che s’agitano nella luce fioca, facce feroci, visi segnati da lotte inutili e battaglie perse. Il ragazzo siede indifferente, chiuso nella sua egoistica passione. Non vede niente, non sente nessuno.

Io sono ancora dolorante ma ho voglia di parlare, sapere tutto di lui. E dirgli di me, del mio sogno d’essere poeta.

Chiede assenzio ma servono cattivo whisky. Beve tutto d’un fiato, ne chiede un altro e un altro, dando fondo ai miei spiccioli.

Come un’eruzione improvvisa d’un vulcano scoppia di nuovo a piangere. A piangere a piangere, con la testa china sul tavolo implorando fra i singhiozzi “Torna torna mio caro amico… mio solo amico torna!… Ti giuro sarò buono con te, tutto sarà dimenticato… E se non vuoi tornare qui verrò io a trovarti dove sei…”.

 

Lo lascio sfogare, le domande mi bruciano.

Si calma, usciamo. È ubriaco e malfermo, provo a sorreggerlo ma orgoglioso si ritrae. Vaghiamo per Londra in silenzio e a caso, di sottecchi lo scruto. Allampanato e magrissimo, ha i capelli scomposti e gli abiti lisi, ragazzo di strada altezzoso e solenne.

Mi dice il suo nome: Arthur Rimbaud. Paul Verlaine è il suo amante e il suo amico. L’eco di quella passione proibita era giunta anche a me, ne avevo sentito parlare con derisione e sarcasmo nei ghetti del demi-monde e mai con generosità negli eleganti salotti d’Europa.

Mi sento partecipe d’una grande storia.

 

Il giorno seguente sono ansioso di rivedere Arthur. Non ha un penny e s’affida a me per mangiare, così mi guadagno la sua fiducia e le sue confidenze.

“Ci siamo offerti d’insegnare francese ma in pochi ci hanno richiesto. Per un po’ ci siamo mantenuti coi soldi che mandava la madre di Paul, poi mi sono stancato di sesso di fame e di sbronze. Ero intenzionato a impormi rigore e serietà, ma Paul rimaneva il pigro di sempre”.

“Aveva già composto le grandi poesie di Feste galanti, elogiate perfino da Victor Hugo”.

“Il grande poeta! Lo sai qual era il suo passatempo preferito? Quello di arrotolare degli asciugamani intorno a lunghe lame di coltello lasciando scoperta solo la punta e poi colpirmi finché usciva del sangue. Un giochetto che aveva insegnato anche a me, e pretendeva che gli tenessi testa!”.

Un gioco terribile e pericoloso”.

“Infatti cominciava a mettere seriamente a dura prova i miei nervi, anche perché era dannatamente suscettibile. Guai ad accennare alla moglie e al figlio che aveva abbandonato, i suoi sensi di colpa lo facevano diventare una furia”.

“Immagino che ieri tutto sia degenerato…”.

“Sì è così. Ero alla finestra e l’ho visto tornare con una bottiglia d’olio sottobraccio e un’aringa rossa in mano. L’ho preso un po’ in giro, ma senza cattiveria! Però l’ha presa male, se n’è andato senza neanche fare le valigie e lasciandomi senza soldi”.

“Tornerà, vedrai”.

Arthur mi guarda smarrito, i suoi occhi d’opale sono velati da cupi riflessi.

“Dunque abbiamo vissuto insieme due anni per arrivare a questo punto?”.

Ha il viso pallidissimo, è attonito e smarrito.

“Non può dimenticarmi, io l’ho sempre qui. Se non lo rivedrò, mi arruolerò nella marina o nell’esercito”.

 

Verlaine gli ha scritto dalla nave, corre a farmi leggere la lettera:

Sono dovuto partire, non ne posso più di scenate. Scusa se ti ho lasciato al verde, ma coi soldi che mi sono rimasti voglio comprarmi una pistola. Se mia moglie non mi riprenderà con sé entro tre giorni mi sparerò in testa. Il mio ultimo pensiero amico mio sarà per te.

Arthur si dibatte fra affetto e irritazione.

“Qui non c’è nulla di positivo! Sua moglie non verrà e quanto a crepare, conosco bene la sua vigliaccheria. È solo un isterico che si sfogherà annoiando tutti quelli che incontrerà e che saranno disposti a sentirlo”.

“Non rispondergli così, non farlo Arthur. Sembra davvero un uomo disperato”.

 

Disperazione contro disperazione, Arthur usa l’arma del ricatto e gli scrive.

Dal Belgio arrivano poche frasi drammatiche pensate per procurare effetto e un invito che non ammetteva repliche:

Volontario Spagna vieni qui Hotel Liegeois biancheria manoscritti se possibile.

 

Quella stessa sera accompagno Arthur a Victoria Station. Ci abbracciamo augurandoci l’un l’altro buona fortuna, poi il treno s’avvia verso la Manica.

Non lo rivedrò mai più, ma gli echi di sue vicissitudini saranno così rumorosi che deflagreranno ovunque.

Da vecchio, ripercorro i passi di quel breve tempo londinese passato con Rimbaud. Le sue poesie caotiche e perfette e i suoi poemi in prosa destinati a rivoluzionare l’arte poetica sono oggi i miei “libri dell’anima”.

Cammino per i vicoli di Londra, torno nel bar dove bevemmo insieme. M’assale una stretta al cuore lancinante, i sogni infranti sono perle che rotolano coi miei giorni sulla china del passato. Piango sul tempo vissuto come spettatore, sotto un palcoscenico dove la vita passava con la sua bellezza e con le sue passioni. E mai, mai una volta su quel palco io fui protagonista.

Quello che invece Arthur Rimbaud era destinato, e forse suo malgrado, ad essere per sempre.

Elle est retrouvée./Quoi?- L’Eternité

 

 


Si ringrazia per l’editing Micaela Lazzari

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2 Replies to “Arthur, io vorrei che tu Paul ed io…”

  1. E’ magica la suggestione dell’atmosfera irreale nella quale ci sentiamo piacevolmente trasferiti dalle parole e dagli straordinari disegni di Mauro Cristofani.
    Ne aspettiamo ancora.

  2. Questo racconto di Cristofani cattura fin dall’inizio per come e’ scritto e per come riesce a ricreare l’atmosfera dell’epoca e della situazione particolare. Vorrei poterne leggere altri……Grazie

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