Dicembre è il più crudele dei mesi

NataleDicono che aprile è il più crudele dei mesi perché genera lillà dalla terra morta. Balle. Dicembre è il più crudele dei mesi perché il tempo fa schifo e tutti ci prendono per il culo. Comprate, comprate un sacco di oggetti inutili da regalare a gente di cui non ve ne può fregare di meno, e che il giorno dopo finiranno nel pattume. Mangiate, mangiate come maiali e poi passate tutto gennaio a dieta, a saltare su una pedana in palestra. Fate il giro dei parenti per augurare buon Natale e sperare che muoiano al più presto, scambiate bacetti coi colleghi che impalereste volentieri e soprattutto aspettate svegli la mezzanotte del 31, ansiosi di accogliere un altro, ennesimo, anno di merda. Questo dicembre in particolare è la madre di tutti i dicembri crudeli, perché oltre al tempo grigio, freddo e nebbioso, ai soldi da buttare per regali a gente che vorreste vedere morta o gravemente invalida, alle cene dai genitori che non vi lasciano mai in eredità quella casetta che adesso vale un pacco di soldi, è arrivata anche la Grande Manovra da Fine di Mondo.

Ce l’hanno fatta, alla fine, a distruggermi la vita. Con un tratto di penna hanno cancellato gli anni di contributi devotamente versati a mamma INPS e mi hanno condannato a un ergastolo dentro al Palazzaccio, seguito dalla miseria, perché coi nuovi calcoli, dopo decenni di pianto e stridor di denti, avrò diritto a un’elemosina con cui non riuscirò nemmeno a mangiare. Dopo aver passato la notte su internet ho capito di avere solo due alternative: rimanere nel Palazzaccio a soffrire fino alla consunzione e uscirne sulla sedia a rotelle con una pensione che mi permetterà di mangiare il cibo trovato nei bidoni della spazzatura, oppure andarmene subito e dormire sotto al ponte. In entrambi i casi non passerei l’inverno, questo o uno dei prossimi fa lo stesso, così ho deciso che oggi deve essere una giornata importante. Sono uscita di casa con la chiave della cassetta di sicurezza in cui ho nascosto i risparmi di tutta la mia vita e un foglietto stampato dal computer, con un indirizzo in Svizzera. La Casa del Sorriso, la chiamano.

vecchio pelucheLungo la strada verso il Palazzaccio non mi trattengo, oggi lo posso fare, un graffito gotico sull’Audi TT con cui la parrucchiera porta in giro il bellissimo ragazzo albanese che ha la metà dei suoi anni. La signora non ha mai versato un euro di tasse e adesso è inferocita perché le tocca pagare l’ICI sulla sua deliziosa villetta a schiera. E vai, allora, farai un obolo al carrozziere, tanto le tasse non le paga neppure lui. Quando scorgo il portone del Palazzaccio in mezzo alla nebbia ho il solito conato di vomito, ma mi faccio coraggio, oggi è un altro giorno. Faccio pipì in ascensore e sputo sullo specchio. Siccome è ancora presto ho il tempo di fare la cacca sulla poltrona del nostro nuovo capufficio, l’ennesimo giovane di belle speranze che ogni mattina entra saltellando, allegro, pimpante e bramoso di sodomizzare i vecchi rottami come me. Dalla mia scrivania raccolgo i peluches, un vecchio cagnolino senza un occhio, una Hello Kitty senza speranza, e tiro fuori dal cassetto il libro di storia che mi ha fatto compagnia in questi anni bui. Il Secolo Breve. Già, è stato breve ed è finito. Peccato che dopo è arrivato questo, il Secolo di Merda.

morire con dignitàInnesto un virus nel sistema informatico, seguendo le istruzioni di un caro amico che ha appena perso il posto, vomito davanti alla macchinetta del caffè e poi esco da una porta secondaria. Il tempo di vuotare la mia cassetta di sicurezza e sono già in treno, direzione Svizzera. Ho cercato in rete per tutta la notte, ma l’ho trovata, la mia prossima e ultima casa. In Svizzera sono dei signori, basta pagare. Non ho molti soldi, ma loro si accontentano, e poi questa clinica mi è piaciuta subito, dalle foto ho visto che è piena di gatti. So che mi faranno molte domande, che insisteranno per farmi cambiare idea, ma alla fine la vincerò io, l’ultima battaglia della mia vita. So di avere il diritto di scegliere come morire e non voglio che sia per un tumore causato dai rospi che ingoio ogni giorno, o per la fame e il freddo. Voglio morire con dolcezza e dignità, al caldo, senza soffrire, ascoltando le canzoni di quando ero giovane, e sono sicura che La Casa del Sorriso è il posto giusto. Mi è bastato guardare la foto del gatto che sorride sulla home page, sembra dire “Non ti preoccupare, ci sono qua io, scialla!

Ritrovare gli amiciIl viaggio in treno fino a Zurigo è lungo, e non è finita lì, devo prendere un bel po’ di coincidenze locali per arrivare fino a un paesino minuscolo, che sembra uscito dai cartoni di Heidi. Come esco dalla stazioncina stile costruzioni Lego, vedo un guizzo di coda e lo seguo. Un gatto, è la corretta accoglienza per La Casa del Sorriso. UN gatto? No, mi sbaglio, non è un gatto qualsiasi… è Lui, Merlino, il mio gatto, il Samurai senza padrone, il Guerriero Errante. “Ma… Merlino… Che cosa ci fai qui? Non eri m….”. Il suo sguardo scherzoso e strabico mi fulmina. “Ops, scusa, mago volevo dire, mago, naturalmente!”. “Certo che sono un mago, lo sai benissimo, per questo sono venuto a prenderti. Alla Casa del Sorriso ti aspettiamo da ieri sera, è tutto pronto per te”.

Avec mon chatQuando si tratta di Merlino bisogna lasciar perdere le domande e fidarsi. Lo seguo lungo i vicoli di un delizioso paesino di montagna, un po’ stucchevole per i miei gusti, molto Disneyland, ma siamo in Svizzera, si vede che da queste parti va così. Camminiamo a lungo per una campagna incantevole, con le classiche mucche svizzere che producono il latte già aromatizzato al cioccolato, e arriviamo a una casetta uguale a quella che avevo visto in internet. Un po’ pacchiana, se volete, ma consolante. Per quello che un umano infelice viene a cercare quassù, molto consolante. Azzurra, coperta di rampicanti, circondata da un bel giardino pieno di ortensie… Complimenti al management, la scenografia è perfetta. Quando entro sono molto ansiosa, mi aspetto una segretaria arcigna che mi manda via perché non ho neppure uno straccio di appuntamento, invece trovo Lei. Il mio Angelo. Beatrice, Amor ch’al cor gentil gatto s’apprende, colei che venne sulla terra per portarmi un soffio di felicità. La mia splendida gattona mi aspetta su un divano soffice e caldo e con un  cenno della sua zampina morbidissima mi fa sdraiare accanto a lei. Tra di noi non c’è bisogno di parole, lei ha sempre capito tutto al volo. Mi prende fra le sue braccia e mi accorgo che è diventata grande, molto grande, il doppio di me, o forse sono io che sono tornata piccola e mi raggomitolo fra le sue braccia come tra quelle della madre che non mi ha mai abbracciato.

AmiciBeatrice ronfa dolcemente e sa tutto. Non ha bisogno di chiedermi perché sono qui, se sono sicura, se non voglio fare un altro tentativo. Lei è troppo intelligente per queste banalità. Lo sa e basta. Sa che per me la vita non è un dono, la vita è mia, e dopo tanti anni passati a soffrire, se vedo sfumare anche la mia ultima speranza di rifarmi un’esistenza degna di questo nome ho il diritto di scegliere. Non mi troveranno impiccata in un bagno del palazzaccio e nemmeno morta di fame o di freddo sotto a un bidone della spazzatura. A un suo dolcissimo cenno un turbine di codine arriva di corsa, e ci sono tutti. Kaminski, Scipione, il Conte Vronskij, Beauregard, Lagardère, Smeagol, tutti gli amici con cui ci si faceva compagnia ai vecchi tempi della Gatteria di Piazza delle Erbe. Vogliono sapere cosa è successo dopo la loro morte… Io non so come dire che il mercato non esiste più, è stato spodestato da uno di quei centri commerciali che adesso vanno tanto di moda tra gli umani, e anche i vecchi tigli sono spariti, segati per far posto a nuove boutiques. Ma non c’è bisogno di dirlo, Beatrice lo sa, e glielo spiega. Tutti annuiscono con tristezza e mi si avvolgono intorno con le loro morbide pelliccette profumate, finché non vedo arrivare Lucrezia, la gatta rubacuori, con una ciotola in mano. Me la porge con la sua grazia sinuosa. Bevo il latte caldo e dolce, fino all’ultima goccia, e mi addormento in mezzo ai miei soli, veri amici, che stanno per prendermi per mano e condurmi con loro al di là del Ponte dell’Arcobaleno.

 

mucche svizzereNatale è passato e Hans va a controllare le sue mucche. Non gli rendono più niente, il latte viene tutto dalla Cina, ma l’Ente Turismo lo paga per mantenerle belle, grasse e lustre sul prato che il Comune fa tosare ogni settimana. A quegli stupidi di stranieri non sembra Svizzera se non vedono le mucche, pensa Hans, e chissà che diavolo gliene frega, tanto vengono qui solo per l’evasione fiscale. Boh, facciano loro, conclude, finché mi pagano va tutto bene. Oggi Hans fa una strada diversa, quella del vecchio rudere. In paese ha sentito che ci sono dei gatti in giro e vuole provare a catturarli per venderli alla fabbrica di pellicce. Però c’è una gran puzza, in questa casa diroccata, forse il gatto c’è ma è morto. La cosa su cui inciampa Hans è più grossa di un gatto, è un cadavere di essere umano, una donna di una certa età, morta da alcune settimane, sembra. Chissà come ha fatto ad arrivare fin qui, si chiede Hans, è lunga a piedi dalla stazione, magari era una di quelle sciroccate che vengono a vedere le rovine della vecchia clinica, si perdono e poi muoiono di freddo. Boh, in ogni modo è un guaio, bisogna chiamare la polizia. Però, prima di tirare fuori il cellulare dalla tasca, Hans vede qualcosa luccicare tra gli stracci. Una chiave. Vincendo la ripugnanza, con un bastoncino e un cleenex la avvicina a sé e la esamina per bene. Sembra la chiave di una cassetta di sicurezza. Con un po’ di fortuna e qualche consiglio dagli amici bancari, a Zurigo potrà cercare qualcosa di interessante.

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2 Replies to “Dicembre è il più crudele dei mesi”

  1. Ad un certo punto avrei voluto smettere. Ho vinto quella battaglia e mi ha fatto un certo effetto arrivare alla fine. Comunque, un gran bello scritto.

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