Piccolo elogio della risata

ridere

Non so se avete un animale domestico: un cane, un gatto, un pesciolino rosso, un cardellino giallo.

Per quanto sia sicuro che i vostri amici a quattro zampe, con le pinne o le ali vi dimostrino ogni giorno il loro amore incondizionato, sono altrettanto sicuro che mai vi è capitato di vederli ridere.

Non intendo un atteggiamento che possa essere assimilato a un sorriso, quello che dico è proprio una risata a crepapelle, di quelle che fanno sobbalzare, di quelle che fanno lacrimare gli occhi.

 

Considerato che nessun belva, grande o piccola che sia, è in grado di farsi una bella risata, risulta evidente che ridere è il sintomo di essere uomini e di vivere in un mondo non solo fatto di materia ma di virate verso la fantasia, verso la creazione di mondi paralleli, obliqui o perpendicolari che alla fine ci stupiscono e ci alleggeriscono dal peso di vivere.

 

La risata, quando schietta, quando improvvisa, è anche un macigno capace di scardinare ogni sicurezza, ogni convenzione, qualsiasi celebrazione solenne si dissolve dinanzi al potere di una risata vera, scoppiettante, spontanea.

 

I bambini sono quelli che hanno la capacità innata di ridere, senza crearsi problemi, senza farsi imbrigliare dalle morali, capacità che perdiamo crescendo poiché diventando adulti pensiamo che farsi una bella risata sia un momento di debolezza. Forse questo è il motivo per il quale la risata appartiene ai fanciulli, quelli davvero in grado di mettere a nudo il re invece di continuare, come spesso facciamo noi “grandi”, a raccontarci la storia di un re dal vestito meraviglioso.   

Massimo Petrucci
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