“Bevendo assenzio mi capita di provare un senso di lucida follia” – Intervista ad Alex Panigada

Salve Alex.

Iniziamo con una domanda da semplice curioso. Perché un libro sulla Storia dell’Assenzio? Qual era il tuo obiettivo come autore di un saggio dal tema così particolare?

Ciao carissimo,
devi sapere che sin da piccolissimo sono sempre stato attratto da tutto ciò che è misterioso, proibito, e l’argomento assenzio ha sempre suscitato in me tantissima curiosità.
Ho deciso di scrivere il libro quando mi sono accorto che in Italia non esisteva un solo testo sull’assenzio e le poche notizie in circolazione davano assolutamente una visione distorta su questa bevanda.

Com’è stato il procedimento di documentazione e ricerca? Esiste una copiosa letteratura sull’argomento oppure hai dovuto fare un duro lavoro?

La ricerca è stata molto dura, perché prima del mio lavoro esistevano solo testi in lingua inglese e francese.
Sembrerà assurdo ma nessun autore italiano ha mai scritto un libro sull’assenzio.
Questo ha scatenato in me la voglia di mettermi seriamente al lavoro.
L’incontro poi con Paolo Castellano, uno dei più grossi esperti in materia, è stato determinante e mi ha permesso di realizzare in modo più esaustivo il mio testo.

Spesso la gente comune ha una visione distorta di questa bevanda? Qualcuno la considera anche una “droga” partendo da prese di posizione dettate dall’ignoranza o da pregiudizio.
Facciamo un po’ di chiarezza…

Non è semplice in poche righe.
Diciamo innanzitutto che la nascita dell’absinthe sembra risalire al 1792, quando un medico francese esiliato in Svizzera, Pierre Ordinaire, preparò una ricetta composta da svariate erbe in soluzione alcolica, che si supponeva curasse un po’ tutti i malanni.
Grazie al suo profumo e al gusto piacevole, l’elisir attirò l’attenzione non solo degli ammalati, ma anche quella di un numero sempre crescente di ammiratori.
Fu così che alcuni anni dopo i signori Pernod aprirono una distilleria a Pontarlier, in Francia, producendo assenzio in larga scala.
Il successo ottenuto da questa nuova bevanda fu immediato e indusse molte altre distillerie a produrre il proprio assenzio, alternando risultati di gran pregio a scadenti e pessimi risultati.
Con la guerra in Algeria la storia cambiò radicalmente.
Si narra che i soldati erano soliti curare e prevenire la dissenteria diluendo una dose di assenzio nelle acque, credendo inoltre che in questo modo si potessero addirittura disinfettare le acque malsane.
Forse è proprio da qui che iniziò l’abitudine di bere assenzio allungandolo con acqua.
Una volta tornati in patria, i soldati francesi iniziarono a chiedere sempre più spesso l’absinthe nei loro café di ritrovo, facendolo conoscere ad amici e parenti.


La sua diffusione si allargò a macchia d’olio e verso la fine del 1870 l’assenzio era ormai divenuto un fenomeno nazionale.
Questo nuovo aperitivo regnava ormai un po’ in tutta Europa.
Ma tutto questo non durò in eterno, ed a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, iniziò il declino dell’assenzio.
In quegli anni il governo francese stava diramando una propaganda anti-alcolismo per porre rimedio al grave danno sociale che l’alcool aveva ormai causato in tutti i ceti sociali.
L’assenzio, poiché era l’alcolico più diffuso, fu naturalmente il primo ad essere demonizzato.
Mettere al bando tutti gli alcolici non sarebbe stato possibile (come avvenne in seguito in America) perché troppe aziende di altri alcolici avevano molto potere politico ed economico (spesso l’absinthe era arrivato a costare addirittura meno del vino).

Il 28 agosto 1905 si aggiunse a tutte queste cause un fatto di cronaca che suscitò grande scalpore.
In un cantone svizzero, un contadino di 31 anni dopo aver abusato di alcol in gran quantità, tra cui due bicchieri di assenzio, tornò a casa ed uccise a colpi di fucile la moglie e le due bambine.
Gran risalto fu dato naturalmente ai due bicchieri di assenzio.
Fu così che questa truce follia diffuse il terrore tra la gente che considerò l’assenzio non più come una fata verde, ma come un tremendo e spaventoso veleno verde.
L’assenzio divenne quindi presto il capro espiatorio di tutta la propaganda anti-alcolismo.

Mi sono sempre chiesto i particolari più minuti che legano questa bevanda agli scrittori e ai poeti maledetti. Il rapporto intimo filosofico fra questo dischiudente Terzo Occhio e le visioni del Sub-Conscio dettate dalla Fata Verde! Qual è secondo la tua opinione?

L’assenzio fu l’ispirazione del modo di vivere bohemiènne ed è stato il compagno preferito di artisti famosi come Vincent Van Gogh, Toulouse Lautrec, Ernest Hemingway e molti altri.
A partire dal ventesimo secolo il suo abuso, e l’assuefazione che dava ai suoi consumatori, iniziò a far sospettare che fosse una sorta di droga allucinogena.
D’altra parte, i suoi effetti sono del tutto particolari: mentre il moderato bevitore di vino tende all’allegria e alla socializzazione e il bevitore di birra ha un’ubriacatura più profonda, il bevitore di assenzio è invece perso nelle sue fantasticherie, si dice che la sua creatività aumenti ed anche per questo motivo la “fata” divenne musa ispiratrice di moltissimi artisti.
Questo non significa che possa essere bevuto tranquillamente: è pur sempre un superalcolico e come tale, è da bersi con moderazione.
Io bevo assenzio da un po’ di tempo e sinceramente non sono mai stato preda d’allucinazioni, deliri o sbronze colossali.

 

La prefazione del libro è del grande scrittore Pinketts, che ispirato dall’assenzio scrisse anche un libro (“L’assenza dell’assenzio”). C’è stata una comunione di intenti?

È risaputo che Pinketts ha sempre avuto una passione sfrenata per le cattive compagnie, la letteratura, i bar equivoci, i sigari e le donne. Non necessariamente in questo ordine. Ho pensato ad una sua prefazione ancora prima di concludere il mio libro.  Ricordo ancora quando dissi a Baraghini (editore di Stampa Alternativa) “o lui o nessun altro!”. Ho avuto modo di conoscere Andrea, prima come fan, poi come amico. Ogni nostro colloquio è stato un motivo in più per apprezzare sempre meglio il Pinketts “uomo” che ha sostituito presto il Pinketts “scrittore”. Dietro il personaggio che sembra essere appena uscito da un romanzo hard boiled, in realtà si nasconde un uomo dall’animo nobile, di immensa generosità, dal cuore grande, che più che appartenere alla “scuola dei duri” dovrebbe appartenere alla “scuola dei Puri”.

 

Oggi finalmente l’assenzio sta ritornando nei caffè e bar internazionali. Non pensi che mercificandolo come ogni altro liquore perderà quell’alone di fascino e mistero che ha conservato nel tempo? Sei d’accordo con la legalizzazione dell’assenzio?

Se devo dirti la verità, sono pochissimi i locali che oggi vendono “vero assenzio”.
Se posso dare un consiglio, diffidate di tutti quei prodotti dove in etichetta riportano la dicitura “absinth” e non “absinthe”.
Il termine senza “e” non è sinonimo di “contraffazione” o truffa, ma semplicemente la dicitura in paesi come Germania, ex Cecoslovacchia, Austria e di tutti i paesi dell’est Europa.
In questi stati è molto difficile trovare assenzio moderno o originale che sia, al contrario sono diffusissimi quei prodotti derivati dall’Hills che non hanno niente in comune con l’absinthe storico.
Devi sapere che verso la fine degli anni ’80 Radomill Hills, un imprenditore di Praga, ebbe occasione di assaggiare l’assenzio, prodotto ancora come si produceva nell’800.
Poco e niente sapeva di questa bevanda, se non che il suo fascino e le leggende ad esso legate erano certamente la migliore pubblicità per proporlo al grande pubblico.
Decise quindi, una volta tornato a Praga, di produrre absinthe per rilanciare la ditta di famiglia che stava passando brutti momenti.
Nonostante nulla sapesse riguardo la ricetta e il metodo di preparazione dell’assenzio, non si scoraggiò e inventò completamente il suo prodotto certo che in pochi avrebbero potuto affermare se questo fosse autentico o meno.
Agli inizi degli anni ’90 tutti i locali di Praga proponevano a turisti e giovani artisti la “bevanda proibita”, la “droga degli artisti”…
Purtroppo ancora pochissimo si sapeva dell’assenzio e la gente beveva l’absinth “Hills” affascinata dalle leggende che poco alla volta ritornavano alla luce, ma soprattutto ancor di più affascinata dal rituale inventato dai baristi di Praga: versare una dose di assenzio nel bicchiere, versarvi dello zucchero e dopo averlo raccolto con un cucchiaio, darvi fuoco e lasciarlo caramellare riversandolo ancora in fiamme nel bicchiere, spegnendo poi il tutto con acqua.

 

Questo rituale nasceva dalle pochissime conoscenze che in quegli anni si aveva sull’absinthe: in fondo si sapeva soltanto che serviva zucchero, si usava un cucchiaio e l’acqua… nient’altro.
Poco importava ai baristi quindi se il rituale flambée non fosse autentico: l’azione di scaldare lo zucchero nel cucchiaio richiamava il rituale dell’eroinomane che si prepara una dose, e tutto questo serviva a rendere ancora più misterioso e proibito il nuovo prodotto di Hills.
Il prodotto di Radomill non aveva assolutamente nulla in comune né con l’assenzio che aveva assaggiato né tanto meno con gli absinthe del diciannovesimo secolo, ma il suo successo portò diverse ditte ceche e dell’est Europa a produrre “absinth” simili all’Hills immettendo così sul mercato un quantitativo enorme di etichette.
Riguardo invece la legalizzazione è naturale che io sia d’accordo.
Ormai è risaputo che l’assenzio è legale dal punto di vista delle normative europee.

Un’altra curiosità: hai mai provato l’assenzio? Nella preparazione della documentazione del libro era previsto anche un’esperienza diretta con la Fata Verde?

Certo!!!
Ti dirò di più, ho dovuto bere assenzi “reali” e brodaglie più simili a “collutori alcolici” spacciati per assenzi.
Come fai a scrivere di cose che non hai mai provato?
Ma stai tranquillo… non sono un alcolizzato!
Dal canto mio, se proprio devo essere sincero, bevendo assenzio a volte mi capita soltanto di provare uno strano senso di lucidità, di “lucida follia”, di strana concentrazione che mi rende più vigile, ma sicuramente la suggestione ed il classico effetto placebo in tutto ciò potrebbe avere un peso rilevante.
Un’altra cosa che ho riscontrato è una leggera dipendenza, se proprio così la vogliamo chiamare.
È una sensazione particolare, non facile da descrivere, che provo ad esempio mentre lavoro davanti al mio PC portatile (come in questo momento) oppure davanti ad un bel film o leggendo un buon libro.
Contrariamente a qualsiasi altro alcolico o bevanda, sento proprio la voglia di gustarmi il mio bicchiere d’assenzio. Forse è proprio questa la magia della fata verde…

 

Potresti consigliare ai lettori del Mondo di Edu alcuni titoli di libri legati a doppio filo con il liquore verde?

Sono parecchi i libri sull’assenzio, ma purtroppo tutti scritti da autori francesi ed inglesi.
Esiste un solo testo tradotto nella nostra lingua che mi va di consigliarvi: ASSENZIO – Un mito sempreverde – del Professor Benoit Noel.

 

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Intervista di Eduardo Vitolo (“IL MONDO DI EDU”) ad Alex Panigada

 

Testo integrale (pubblicato il 3 gennaio 2010):

http://ilmondodiedu.blogspot.com/2010/01/bevendo-assenzio-mi-capita-di-provare.html

 

Alex Panigada, LA FATA VERDE. Storia dell’assenzio, prefazione di Andrea G. Pinketts, Stampa Alternativa, 2008

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3 Replies to ““Bevendo assenzio mi capita di provare un senso di lucida follia” – Intervista ad Alex Panigada”

  1. Caro Monsignor Rebini,
    La ringrazio per il Suo commento!
    Purtroppo nella nostra società le “scuse” per avere dieci minuti di felicità sono sempre più frequenti…e questo non è un bene.
    Sono lieto che sia riuscito finalmente a far capire che dietro la bevanda “Assenzio” non ci sia nulla di illegale ne assolutamente di malvagio.
    Senz’ombra di dubbio, era uno degli intenti che mi ha spinto a scrivere questo saggio.
    Purtroppo, come Lei ben sa, la malvagità vive nella quotidianità!

    Un grosso abbraccio

    Alex Panigada

    P.s Anche a me piacciono gli anagrammi ^___^

  2. Molto interessanti le dichiarazioni di Panigada Alex; devo dire che si è ben documentato. E’ bello leggerlo anche nelle sue divagazioni, che rendono il prodotto Assenzio una scusa o poco più per dieci minuti di felicità.
    L’idea del malvagio legata a questa bevanda è chiaramente ridicola. Da uomo di Chiesa ne possa parlare con cognizione di causa. La malvagità è un’altra cosa, il Demonio vero non si annuncia.
    Sono un patito degli anagrammi.

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