Vi ricordate la sera in cui il Sommo ci lasciò per altri scranni?
Questo il resoconto versiprosiforme della nostra inviata in loco (Okus-loculis), vezzosamente nota come Occhio che uccide se nun te impicca, in arte DdP.
Le allegre comari di Arcuore
Guardandosi con finta cortesia, come d’obbligo in lutto rossonero, le due mogli del sommo presidente si incrociarono al buffet preparato in suo onore.
Dopo i calici amari per lo scambio dei convenevoli di rito, Very e Carlà si appartarono nella stanzetta ovale della villa, luogo di ogni estrema decisione.
“Ce la giochiamo a dama?” esordì Carlà, riferendosi alla tenuta.
“No, a scopa. Chi vince fa asso piglia tutto”.
“Dov’è la Vittoria, che porga la chioma” urlava intanto la Gelmy all’indirizzo di Bramby… “abbiamo il summit e io c’ho in testa mille cose… prima di tutto, dove far l’uovo?”
“Non ti agitare, Stefy e Maruccia ancor non si son viste” predicava fiammeggiante la Vittoria, “secondo me son passate al Monastero”
“Ministero vorrai dire”
“No, proprio al Monastero… la brunetta s’è decisa, ha scoperto la sua vocazione, il velo… si iscrivon tutt’e due alla danza sacrilega del ventre… gioverebbe anche a te Stellina cara, esser meno Maria…”
“Dici?”
“Innanzitutto via quegli occhialoni che ti fanno tanto saputella… poi, tira fuori le robette, le si devono tastare santiddio…”
“Santaché? No, quelle cose non le faccio, io…”
“… ma soprattutto niente pelo sulle cosce… (e le mostra le calze autoreggenti). Toccame tiè!”
“Toccate te!… ouh, belle però!”
“Per gli accessori ti fai dare na mano da Stefania, lei sì che se ne’n’tende, specie se a pagà so’ li contribuenti…”
“Ma com’è che parli in romanesco?”
“È la puttanesca, m’è rimasta impressa… Se ce mannano via dalla lupa so dove tornare…”
“A Lecco?”
“No, anche quello andrebbe bene… C’ho ‘na strada davanti… conduce nelle Marche. Là ce metto su na bella fabbrichetta, de calze de chiffon… c’è na richiesta sai, nun c’è mai crisi… dai tarantini in su…”.
Chiuse nelle lor magioni, ma-donne addolorate, Noemi e D’Addy, collegate in videoconferenza, si consolavan coi cartigli dei Baci Perugina, prima di affilar gli artigli sul lettone di Puttan.
“Non habemus più Papam!”
Tra un urlo di dolor e una fumata d’hashish si scambiavano opinioni sul da farsi, e la grande dava man forte alla bambina.
“Nun te dannà, ormai a Roma so’ de casa… te tiro su io, e insieme ce ne annamo a lavorà… intanto c’ho na sfilza de avvocati da sentì e clienti da pagà… m’hanno passato i video co Sirvietto… come venimo bbene io tu e papà!…”.
Tra velette e veline non potevan mancare le sbarbine.
Sant’Agostino girava per le stanze inorgoglito, portando a spasso le sue smarrite pecorelle.
State tranquille, conosco il mio mestiere,
tiratevi a lucido i begli occhi,
prima dell’alba, o al massimo al tramonto, è una promessa,
finite tutte nel paese degli allocchi!
La notte porta Consilvio
Com’era ovvio, il Very presidente si accaparrò tenuta e farisei.
Carlà non battè ciglio, si oscurò in volto, ma solo per la bile.
“Sicché ti prendi tutto, signorina…” sibilò come una serpe.
“Chiamami Contessa d’ora in poi, me ne prendo un altro titolato”
“Mo’ che frequenti, le Alte Sfere?”
“So affari mia, nun te impiccià…”
“L’accento romano non ti dona…”
“Te ce dovrai abituà… se voglio, mi metto pure con Corona”
“Minchia, bell’affare che ci fai…”
“Mi credi scema, così non mi ricatta se lo “becco”… mo’ mi darò alla pazza gioia, chi cojo cojo, e poi mi sollazzo alla Certosa…”
“Villa schifosa diventerà”
“Stai certa che lo era già…”
“E mo’ tagliamo corto che notte si fa… Sogni di “piombo” carina…”
“A te sogni d’argento, vista l’età”
“Non mi rifaccio la ‘paranza’, io…”
“Non te la poi rifà, sei già scaduta… E mo’ vedi de annà, che sto abbattuta!…”.
Tutta la notte Stefy, Maruccia, Vit e Stellina se la spassarono a Cavallina.
Patty e Pattina si scervellaron su chi abbordare, poi si decise per Medusa… troppo sforzo un esordio letterario… meglio un semplice provino “che je mette in moto il languorino…”.
“Se va male?” si struggeva la gattina
“Je diamo giusto en mano a fiction Le dame e il cavaliere, o si volete Le donne del padrino… parliamo, pardon lo palpeggiamo, ad Agostino, stai certa nun ce posson rifiutà…”.
Nuvole nere turbarono i sogni delle consorelle, si azzannavan come cagne intorno a un osso.
E giù a strapparsi gli abiti di dosso, fino a rimanere in tanga.
Oddio che sconcio veder Noemi accanto alle tardone… chi coi veli, chi senza…
Rosse, bionde, more o castane, e il Don che non poteva fare lenza…
Gli occhi del Padrino rotearon nelle orbite, non sapeva più dove guardare, “vi voglio tutte” pareva biascicare… così a reti unificate apparve loro in sogno nel suo splendor di nuovo eletto:
“Non vi fate la guerra, ho già pensato a tutte! Vi raccomando ormai col Padreterno, nulla qua mi può fermare… armi alla mano, cosce scoperte, salite in sella sul vostro destriero, che se vi date come sapete ve lo do io il mondo intero!”.
“Santi numi”, disse il Supremo svegliandosi in Letizia, abbarbicata a un tappo, col quale ormai si intratteneva.
“Non me l’hai data in vita ed or ti prendo di spalle e alla sprovvista… Non laverai calzini, non curerai mai l’orto… papi si prende cura di te anche da morto…”.
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(S.C.O.P. Società Cooperativa Organizzatori Panzane)
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